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Marina Calderone

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Il Governo di Giorgia Meloni ha deciso di liquidare il reddito di Cittadinanza, a partire dal 2024 la misura sarà sostituita con una riforma

IL GOVERNO MELONI ANNUNCIA L’ADDIO AL REDDITO DI CITTADINANZA

È scattato il conto alla rovescia: entro un anno il Reddito di cittadinanza sarà abolito. La scure del governo si è abbattuta inesorabile su una misura di inclusione sociale e contrasto alla povertà fortemente voluta dal Movimento 5 Stelle, la scorsa legislatura, ma che ai partiti del centrodestra non è mai piaciuta.

Nella conferenza stampa di ieri durante la quale ha illustrato i contenuti della manovra approvata lunedì sera dal Cdm, il presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, ha detto che la “misura di politica attiva del lavoro e di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale” non morirà subito, ma attraverserà una  fase di transizione  nel prossimo anno, per poi essere  abolita dal 1° gennaio 2024 e sostituita  con una riforma diversa che aiuti le persone abili al lavoro a trovare un impiego e migliorare la propria condizione.

GIÀ DAL 2023 IL GOVERNO MELONI INIZIERÀ A TAGLIA IL REDDITO DI CITTADINANZA

Ma le maglie si stringeranno già durante il periodo transitorio. “con  maggiori controlli  sul fronte di chi lo percepisce e di chi riceve offerte di lavoro”, spiega il ministero dell’Economia in una nota: dal 1° gennaio 2023 alle persone tra i 18 e i 59 anni che sono abili al lavoro – che non abbiano nel nucleo familiare persone disabili, minori o a carico con almeno 60 anni d’età – è riconosciuto il reddito nel  limite massimo di 8 mensilità  invece delle attuali 18 rinnovabili. Sono previste anche  agevolazioni alle assunzioni  a tempo indeterminato con una soglia di contributi fino a 6mila euro per chi ha già un contratto a tempo determinato e, in particolare, per le  donne sotto i 36  anni d’età, e, appunto, per i  percettori del Rdc.

In alcuni casi, è possibile che venga a  decadere già nel 2023. Il Mef in proposito tiene a precisare che “è previsto un periodo di almeno  sei mesi di partecipazione a un corso di formazione o riqualificazione professionale. In mancanza,  decade il beneficio  del reddito”. Il rifiuto a queste attività comporta dunque la perdita del sussidio, ma non solo: “Si decade anche nel caso in cui si  rifiuti la prima offerta congrua”, conferma il Mef.

CON L’ABOLIZIONE SI RISPARMIERANNO PER IL 2023 CIRA 700MILIONI

L’abolizione della misura porterà a un  risparmio che si stima nel 2023 possa attestarsi a 734 milioni di euro: “I risparmi di spesa confluiranno in un apposito fondo, che  finanzierà la riforma complessiva per il sostegno alla povertà e all’inclusione”.

Dal canto suo, il ministro del lavoro e delle Politiche sociali,  Marina Calderone, ha detto ieri che “i tempi della manovra non ci consentivano di mettere in campo una riforma complessiva di tutti gli interventi a sostegno della povertà e delle azioni per favorire l’inclusione lavorativa” quindi il reddito di cittadinanza  “scadrà il 31 dicembre e nel 2023 verrà disegnato un percorso diverso”.

L’ANALISI DELLA CGIA DI MESTRE SUL COSTO DEL REDDITO DI CITTADINANZA

Secondo uno studio della Cgia di Mestre, dalla prima metà del 2019 – periodo in cui è entrato in vigore il RdC – fino alla fine di quest’anno, l’investimento dello Stato per questa misura è ammontato a 19,6 miliardi: 3,8 nel 2019, 7,2 nel 2020 e 8,6 miliardi per il 2021. Per il 2022 è prevista una spesa di 7,7 miliardi. Ogni posto di lavoro “creato” con il Reddito di cittadinanza è costato allo Stato almeno 52mila euro. Oltre il doppio di quanto spende annualmente un imprenditore privato per un operaio a tempo indeterminato a tempo pieno che, mediamente, costa attorno ai 25mila euro.

La Cgia sottolinea ancora che secondo i dati dell’Inps riferiti ad agosto 2022, le persone che hanno beneficiato del sussidio erano 3,5 milioni, pari a poco meno di 1,5 milioni di nuclei familiari. L’importo medio mensile erogato è di 579 euro. Tra questi 3,5 milioni di percettori del reddito, gli over 18 che hanno sottoscritto il Patto per il Lavoro (ovvero si sono resi disponibili a trovare un’occupazione), sono – secondo l’Anpal – 1,15 milioni, mentre la Corte dei Conti sottolinea che coloro che hanno trovato un’occupazione stabile sono poco più di 152 mila.

Sempre secondo la Cgia, nelle province di Caserta (147.036) e di Napoli (555.646) si concentrano complessivamente quasi 703mila beneficiari del RdC. Se questi ultimi venissero rapportati al numero totale presente in Italia (3,5 milioni), in queste 2 province campane si concentra il 20% circa dei percettori della misura. Come era prevedibile, altrettanto significativo è il numero di RdC erogati dall’Inps nelle grandi aree metropolitane: a Roma sono 240.065, a Palermo 212.544, a Catania 169.250, a Milano 122.873, a Torino 104.638 e a Bari 92.233.


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