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Il morale dell’Italia resta alto, nonostante l’inflazione e l’escalation della guerra. Per il terzo mese consecutivo l’indice di fiducia delle imprese aumenta, mentre si rileva un ripiegamento per i consumatori, legato «soprattutto a un’evoluzione negativa delle opinioni sulla situazione personale».

Il dato di gennaio, rilevato dall’Istat, vede salire da 107, 9 a 109,1 la fiducia delle imprese, confermando, dunque, non solo la tenuta, ma anche, nel caso del mondo produttivo, il deciso miglioramento. Le imprese vedono “rosa” praticamente in tutti i settori, con la sola eccezione del commercio al dettaglio. Gli aumenti più marcati – evidenzia l’Istituto di statistica- si registrano nei servizi di mercato e nelle costruzioni, ma cresce anche la manifattura.

I NUMERI DEL RAPPORTO

In ogni caso il livello raggiunto supera la media del periodo gennaio-dicembre 2022. Scomponendo l’andamento nei vari comparti emergono segni più per giudizi sulle scorte (ma non sugli ordini) e sulle attese di produzione per l’industria manifatturiera, rialzi per i giudizi sulle scorte e sulle attese di produzione per quanto riguarda i beni di consumo e stesso trend per quelli intermedi (col dato negativo, però, sugli ordini). Tutti segni più, infine, per i beni strumentali, le costruzioni, trasporto e magazzinaggio, servizi turistici, informazione e comunicazione, servizi alle imprese. Commercio con numeri particolarmente alti per la grande distribuzione (+41,5 i giudizi sulle vendite). In questo comparto sono in calate solo le attese sulle vendite.

Per quanto riguarda i consumatori, si scende da 102,5 a 100,9, ma restano positive le aspettative sulla situazione economica generale e sulla disoccupazione. Se sul clima economico e futuro l’indice sale rispettivamente da 106,3 a 107,6 e da 108,2 a 108,6, la tendenza si inverte se si passa al clima personale e corrente. Si rimane comunque su un livello elevato, sopra quota 100 e superiore a quello che si registra nel resto d’Europa.

LE FAMIGLIE

In particolare preoccupano le possibilità future di risparmio, l’opportunità attuale dell’acquisto di beni durevoli, la situazione economica della famiglia, ma nello stesso tempo l’indice si impenna (+147,8%) sulle opportunità attuali di risparmio.

Quella sui consumatori, insomma, è una fotografia in chiaroscuro che induce a qualche riflessione. A scalfire la tranquillità dei cittadini sembrano essere più le valutazioni dettate dai “gufi” che vedono tutto nero, piuttosto che da dati economici reali.

A pesare c’è sicuramente il caso della “benzina” scatenato dalla cancellazione della riduzione delle accise nella nuova legge di Bilancio. Una scivolata che (forse) il governo Meloni poteva evitare. Ma anche il terrorismo sull’andamento dei tassi, alimentato dalla Bce che evoca i rischi di un’ulteriore impennata dell’inflazione, ha certamente fatto la sua parte, spaventando gli italiani.

ECONOMIA VITALE

Ma è importante la risposta positiva del mondo produttivo. «Le imprese – sottolinea Nomisma – continuano a manifestare la solidità economica del nostro Paese che sembra oltrepassare tutte le incertezze che gravano sul contesto in cui si trovano a operare».

Manifattura ed economia in generale, secondo Nomisma, «mostrano una grande vitalità, non inaspettata se si considerano le straordinarie performance del pil negli ultimi due anni». Con il calo dei prezzi del gas, inoltre, a febbraio ci potrebbe essere un aumento della fiducia anche da parte dei consumatori.

Questa è sicuramente una fase molto delicata in cui sarebbe necessario agevolare la corsa dell’Azienda Italia creando un clima favorevole. Perché basta davvero poco per far saltare il banco. Anche sull’inflazione il gioco è molto pericoloso. Non mettere benzina nell’inflazione è il leitmotiv di questo giornale.

Un esempio tra tutti. L’industria alimentare, uno degli asset del sistema economico, se da un lato perde terreno all’interno per il calo dei consumi, sul fronte estero continua a macinare utili. Ha chiuso il 2022 con un valore delle esportazioni record di 60 miliardi, con un balzo del 17% sull’anno precedente. Un settore, in particolare, quello del vino, ha raggiunto 8 miliardi di spedizioni estere (+12,5%) su un giro di affari totale di 14 miliardi.

E proprio il vino rischia di diventare un caso di scuola. È uno dei pochissimi prodotti alimentari che non ha subito ritocchi dei listini, ma ha dovuto affrontare un caro costi pesante, soprattutto per l’incidenza del vetro, più caro del 50%, dei tappi, +20% di quelli di sughero, il +40% di altri materiali e del +45% per il cartone, oltre, ovviamente, a gas ed energia elettrica.

Ed è stata proprio l’impennata dei costi energetici ad aver portato a valori stellari il vetro. Ora, seguendo le logiche del mercato che hanno determinato il caro materie prime, con l’abbassamento dei prezzi del gas e dell’elettricità anche il vetro dovrebbe tornare a valori (quasi) normali.

L’ALLARME VINO

E invece sembra proprio che non sia così. Secondo quanto ha denunciato la “Consulta vino” della Coldiretti, continuano ad arrivare richieste di aumenti dei prezzi delle bottiglie che vanno dal+45% al 150%. In pratica una bottiglia costa 50 centesimi in più: considerando che si tratta di un fattore produttivo fondamentale, tra i produttori è scattato l’allarme. Da gennaio sono arrivate infatti richieste di ulteriori rialzi.

Sulle etichette, invece, non si può recuperare quasi nulla: i prezzi infatti sono stabiliti con la grande distribuzione a inizio anno e restano invariati fino al successivo contratto. Qualche ritocco è concesso, ma non oltre il +6%, secondo il livello d’inflazione valutato dalla Gdo. Ecco dunque, che un settore dell’agroalimentare che potrebbe riprendere a marciare senza problemi non riesce a farlo. Speculazione? L’inflazione c’è, ma forse a pomparla sono anche elementi “esterni”.

Rincari energetici e dipendenza estera, come dice Coldiretti, hanno inciso sui prezzi al consumo con una spesa aggiuntiva per gli italiani di 13 miliardi nel 2022, al traino di rialzi di beni di prima necessità, come pane, pasta, frutta e verdura. Ma se la logica del vino vale anche per qualche altro prodotto da portare a tavola. Resta il dubbio che forse si possano contenere i listini.

LE ASSOCIAZIONI

Per Confcommercio il miglioramento del sentiment degli imprenditori lascia ben sperare per una ripresa nella tarda primavera, anche se ha ricordato che «prima bisognerà affrontare almeno un trimestre difficile. La possibile fase recessiva sarebbe innescata dalla frenata dei consumi, come confermato dalla riduzione della fiducia delle famiglie, le cui conseguenze già si leggono nel deterioramento della fiducia presso le imprese del commercio al dettaglio».

Anche secondo Confesercenti «inflazione, caro energia e incertezza pesano sui bilanci delle famiglie». L’organizzazione ha anche fatto sapere che la stagione dei saldi ha inciso positivamente sulle imprese del piccolo commercio al dettaglio, ma ha aggiunto che le prospettive per quest’anno restano incerte «e il dato sui consumatori evidenzia ancora una certa resistenza da parte delle famiglie, costrette a bruciare 41,5 miliardi dei propri risparmi per conservare il tenore di vita».

Per il Codacons «la delicata situazione economica del Paese, con benzina e alimentari in continuo rialzo e il perdurare del caro-bollette, ha un effetto diretto sulla fiducia delle famiglie, minando le aspettative sulla situazione personale dei cittadini».


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