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Il ministro Paola De Micheli

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Non hanno senso progetti per 200 miliardi come quelli presentati dalla ministra De Micheli: alla luce dei requisiti Ue se ne vedrebbe approvata solo una piccola parte per 20 miliardi

Un grande affanno, una produzione quasi mensile di disegni di legge, di decreti legge, una continua rincorsa a “fare” pur non facendo nulla, una sistematica disponibilità ad accontentare tutti pur non riuscendo ad accontentare nessuno, una piena collaborazione e sudditanza da coloro che per motivi istituzionali o per meriti di puro leaderismo internazionale sono gli attori chiave della Unione europea, ebbene questa foto dell’attuale compagine di governo ormai sta perdendo di attualità. Stiamo per misurare con il termometro della concretezza cosa sia e cosa sia stata finora questa compagine di governo.

L’ANOMALIA

Senza dubbio la prova sostenuta per combattere la pandemia ha messo in evidenza la sconcertante immagine prodotta dalla grave dicotomia che, purtroppo, ci portiamo addosso come Paese da mezzo secolo, mi riferisco all’anomalo rapporto tra organo centrale e organo locale, tra Governo e Regioni. La pandemia è stata affrontata con la inesperienza tipica di chi vive per la prima volta un imprevedibile fenomeno e, quindi, non ha senso sollevare critiche; invece è emerso nelle modalità e nelle decisioni più delicate questa difficile incomunicabilità, ripeto, tra Stato e Regioni.

Tutto questo, tutte queste criticità presenti nella storia istituzionale e politica di questi due anni di governo Conte sono arrivate al seguente punto critico: produrre un Piano organico coerente a una liturgia i cui contorni sono stati già definiti dalla Commissione europea.

Non hanno più senso, quindi, manifesti alla Colao, non hanno più senso slide accattivanti che, quando eravamo più giovani, chiamavamo “pomata”. La Unione europea, a parte le riforme, vorrà sapere per ogni singola proposta progettuale le seguenti caratteristiche:

  1. Livello attuale della proposta progettuale (studio di fattibilità, progetto di massima, progetto esecutivo, ecc.).
  2. Data entro cui sarà possibile consegnare i lavori
  3. Arco temporale per la disponibilità funzionale dell’opera.
  4. Articolazione della copertura finanziaria.
  5. Il soggetto responsabile. dell’intera proposta.
  6. La interdipendenza funzionale tra la proposta e le altre facenti parte del quadro organico del Recovery Plan.

LE INFRASTRUTTURE

Ho effettuato una attenta analisi di ciò che definisco “interventi invarianti”, cioè di scelte senza dubbio essenziali per il rilancio della offerta infrastrutturale del Paese, scelte tra l’altro già presenti nelle Reti Trans European Network (TEN – T) e quindi già condivise a scala comunitaria e posso dichiarare, senza il rischio di essere sconfessato, che non ha senso presentare, come anticipato dalla ministra delle Infrastrutture e dei Trasporti, un elenco di interventi del valore di circa 200 miliardi di euro. Una simile proposta sottoposta al filtro dei sei punti prima riportati porta automaticamente alla approvazione di interventi non superiore ai 20 – 25 miliardi di euro.

Sicuramente, per evitare un vero fallimento politico e, quindi, per evitare di regalare alla opposizione e ad alcuni membri della stessa maggioranza una forte motivazione per chiedere al presidente della Repubblica quanto meno una rivisitazione della struttura del governo, si chiederà alla Commissione europea di effettuare una approvazione articolata in due fasi: la prima legata alle opere coerenti con il filtro prima riportato, la seconda legata alle opere che potranno essere supportate da stanziamento solo se entro sei mesi disporranno della documentazione che attualmente non è disponibile.

È evidente che questa formulazione o altre possibili formulazioni tipiche, ripeto, per evitare una vergognosa débâcle denunceranno, ancora una volta, la superficialità con cui il governo e il ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti hanno lavorato in questi mesi per produrre proposte coerenti a quanto anticipato in modo formale dalla Unione europea sin dal mese di giugno. D’altra parte in più occasioni avevo ricordato che per cinque anni l’intero comparto delle infrastrutture era praticamente rimasto fermo e le uniche opere, gli unici interventi portati avanti erano quelli già approvati dal Cipe e già formalmente attivati nel 2014.

Questa grave responsabilità ricade su tre distinti schieramenti politici: Partito democratico, Movimento 5 stelle e Lega, sì l’anno in cui la Lega è stata al governo non ha fatto nulla per evitare che il Movimento 5 Stelle bloccasse non solo gli interventi avviati ma anche quelli programmati e non ha fatto nulla per sbloccare i Contratti di programma di Rete Ferroviaria Italiana e di Anas. È solo scandaloso pensare che tali contratti siano stati fermi per oltre tre anni in attesa di un parere delle Commissioni parlamentari competenti.

SUD PENALIZZATO

Ma allora i 209 miliardi del Recovery Fund assegnati il 21 luglio scorso al nostro Paese, i possibili 20 miliardi di euro assegnati come prima fase, il trasferimento addirittura entro il corrente anno di una prima tranche è un racconto simile a quelli in cui si dava per scontato la copertura per circa 130 miliardi del Programma delle infrastrutture. Ancora una volta questa triste fiaba penalizza in modo irreversibile il Mezzogiorno. Per fortuna la Unione europea non crede e non accetta fiabe.


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