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Volevano punire i Benetton e invece li stanno facendo ricchi. I tanti Robespierre che dopo il crollo del Ponte Morandi volevano mozzare se non la testa, almeno le mani alla dinastia di Treviso sono riusciti nell’incredibile risultato di averli fatti arricchire ancora un po’. Il finale di partita sarà lo stesso della fibra ottica: l’azionista pubblico Cdp che si fa carico dei costi legati a una privatizzazione sbagliata. La Borsa se ne lava le mani ed è felice. Non a caso Atlantia (di cui i Benetton posseggono il 30%) corre in Borsa mettendo a segno un rialzo record del 16,4% a 15,6 euro.

APPUNTAMENTO DOPPIO

La giornata è stata segnata da continue interruzioni degli scambi perché c’erano moltissimi compratori e pochi venditori. Piazza Affari è convinta che presto si chiarirà il futuro di Autostrade per l’Italia e la soluzione non sarà penalizzante per gli attuali soci come si era temuto dopo le decisioni del Consiglio dei ministri del 14 luglio.

Per oggi è previsto un doppio appuntamento che chiarirà molte cose: dapprima l’audizione del ministro Gualtieri alla commissione vigilanza Cdp e poi la riunione del consiglio d’amministrazione di Atlantia cui fa capo l’88% di Autostrade per l’Italia. Faranno il punto della trattativa, il cui obiettivo è quello di far uscire la famiglia Benetton dalla governance ma senza far loro troppo male come invece era stato dichiarato dopo il crollo del Ponte Morandi.

Anche ieri i tecnici sono stati al lavoro. In prima fila Fabrizio Palermo, amministratore delegato di Cdp che anche in questa operazione, come già in quella della fibra ottica, è destinata a giocare un ruolo centrale e, se dovesse andare male, prendersi il grosso delle perdite.

Prima di riaprire il dossier della rete stradale Palermo ha voluto chiudere quello della banda larga. Fa sapere che la trattativa procede anche se gli ostacoli non mancano: «Ci stiamo avvicinando. L’auspicio è che vada in porto in tempi stretti» aveva dichiarato in un’intervista.

Dall’altra parte c’è Carlo Benetazzo, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia. I colloqui sono ripresi nelle ultime ore e le posizioni, che sembravano molto distanti dopo il consiglio d’amministrazione di Atlantia del 6 agosto, si sono ravvicinate.

LE IPOTESI

Al momento sul tavolo ci sono più ipotesi di lavoro, ma la più gettonata quella che sta spingendo il titolo in Borsa in previsione del possibile spezzatino. Il valore di Aspi viene fissato a 11 miliardi che rappresenta un livello elevato considerando che si era parlato anche di otto o novemila nella scorse settimane.

Tuttavia, come spiegano fonti vicine al dossier mancano ancora alcuni punti importanti per arrivare alla definizione. Per esempio il rinnovo della Convenzione e il Pef, il Piano economico finanziario con gli investimenti per il rinnovo e la manutenzione della rete autostradale.

In casa Benetton si erano dichiarati pronti a finanziare un piano da 14 miliardi fino al termine del contratto nel 2038. Altre fonti, però, sostengono che la spesa necessaria è di quaranta miliardi. La differenza è molto elevata e senza un’indicazione precisa sarà impossibile stabilire i valori in gioco.

I NOMI IN BALLO

Prendendo per buona la valutazione di undici miliardi per Autostrade per l’Italia il percorso ipotizzato sarebbe il seguente. Atlantia trasferisce in una nuova società il 70% delle azioni Autostrade mantenendo il restante 18%. La nuova società, una volta quotata in Borsa, dovrebbe varare un aumento di capitale da sei miliardi, riservato a Cdp e ad altri investitor graditi. I mezzi freschi in entrata verrebbero usati per quattro miliardi per pagare una parte di debito di Autostrade e il resto per comprare il rimanente 18% che Atlantia ha ancora nella società, post spin off.

Il vantaggio per i soci di Atlantia deriverebbero dal fatto che liberano il gruppo dalla metà circa dei debiti e la società incassa il corrispettivo legato alla vendita dell’ultimo 18%. Resta invece da capire quale sarebbe il beneficio per i soci di minoranza di Aspi che posseggono il 12%. Si tratta di nomi pesanti come i cinesi di Silk Road, i tedeschi di Allianz e i francesi di Edf. L’aumento di capitale sottoscritto da Cdp, infatti, diluirebbe moltissimo la loro partecipazione già fortemente svalutata a seguito del crollo del ponte Morandi.

Per evitare tutti questi problemi c’è sempre la strada alternativa indicata dal consiglio d’amministrazione di Atlantia del 6 agosto. Vale a dire l’apertura di un’asta internazionale per la vendita in blocco di Autostrade. Cdp potrebbe partecipare in competizione con altri investitori internazionali. È la strada che meno piace al governo, anche se ha il vantaggio della trasparenza e della certezza dei prezzi. Ma è troppo semplice e lineare. Una modalità che di questi tempi non ha molto consenso nei palazzi della politica.


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