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Il sindaco di Milano Beppe Sala su un convoglio della metropolitana

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Progettano opere senza avere i soldi per usare quelle finite. Perché a Milano progettare pare diventato un lavoro più del realizzare ciò che si ipotizza su carta. E Metropolitana Milanese è una società eccellente in questo sport. L’azienda partecipata del Comune di Milano ha appena annunciato l’avvio di una “metropolitana leggera” che unirà il capolinea della Linea 2 (o Linea verde) con Vimercate, cioè la Brianza profonda. O meglio questi sono i titoli dei giornali, in realtà l’accordo raggiunto tra Comune di Milano, Regione Lombardia, Città metropolitana di Milano, provincia di Monza e Brianza e i Comuni di Cologno Monzese, Brugherio, Carugate, Agrate Brianza, Concorezzo e Vimercate è per il finanziamento dell’approfondimento del progetto di fattibilità tecnica ed economica per il prolungamento della linea metropolitana. Cioè vengono assegnati a MM 174mila euro per capire se si può costruire la nuova ferrovia e nel caso quanto costerebbe.

Poi semmai si cercano i soldi, parola di Marco Granelli, assessore alla Mobilità del Comune di Milano. Ora l’annuncio potrebbe essere positivo per le decine di migliaia di persone costrette a usare l’automobile per raggiungere Milano, ma i milanesi i cui soldi vengono stanziati per “l’approfondimento” potrebbero storcere il naso: da più di un decennio si discute del prolungamento della Linea 1, o rossa, fino a Monza. Ma il progetto continua a essere fermo al palo. Quando si avvicina qualche tornata elettorale arriva l’immancabile annuncio sullo sblocco dei lavori, ma allo stato attuale la metro a Monza non arriva. E forse se ne parla per il 2024. Se si considera che doveva essere l’ennesima opera pronta per Expo 2015, la firma dell’accordo di programma è del 2009, il ritmo di avanzamento è degno delle statistiche di solito associate al Sud Italia. Ma intanto si progetta qui e là, come se tutto andasse bene.

E non è nemmeno l’unico caso. La nuovissima metro 5, o lilla, viaggia con le porte dei treni rotte da anni. E ha un problema di manutenzione alle scale mobili, tanto che spessissimo sono fuori uso quelle dello snodo più importante cioè la stazione Garibaldi. Eppure sono stati affidati a MM anche i progetti per il prolungamento della ferrovia sotterranea fino a Monza. I soldi ci sono, come riporta una nota del 2019 del Comune di Milano in cui si specifica che “Grazie ai finanziamenti già pervenuti nel 2016 MM è al lavoro sul progetto definitivo”. L’idea di quando si farà mica tanto: il sindaco Sala ha provato a riproporre il modello Expo annunciando che la linea sarebbe stata pronta per le Olimpiadi invernali 2026, ma già si parla del 2029. E se fa la fine delle altre metro i milanesi dovranno aspettare gli anni Trenta.

Ma ad apparire ancora più surreale il continuo drenaggio di fondi pubblici per progettare cose e vedere gente, parafrasando Nanni Moretti, è il destino dell’ultima arrivata, cioè la metro 4, o blu. Questa linea dovrebbe unire la città all’aeroporto di Linate e manco a dirlo doveva essere pronta per Expo 2015. Peccato che non sia pronta nemmeno ora.

In un decennio sono state consegnate tre stazioni, ma il Comune non ha i soldi per metterle in funzione. Perché tenere aperte le infrastrutture costa e ci vuole tempo prima che i cittadini si abituino ad usarle, dunque per il momento le tre fermate sono chiuse. Ma intanto si progettano prolungamenti.

Forse perché alla fine Milano ha assorbito i concetti di marketing, cioè raccontare positivamente qualunque realtà. O forse perché senza questo ossessivo progettare opere che poi come minimo arrivano a costare più del previsto e rimangono a metà c’è il problema del bilancio di Metropolitana Milanese.

E c’era ben prima del Sars-Cov-2. Perché l’azienda ha in pancia lo studio di progettazione più grande d’Italia, ma senza approfondimenti e studi mancano i soldi. Tanto è vero che proprio Expo 2015 servì ad arricchirne i bilanci grazie agli appalti multimilionari che potevano essere affidati senza gara come spiega Andrea Mascaretti, capogruppo di Fratelli d’Italia a Palazzo Marino: “MM è una società in house quindi di fatto è come un pezzo dell’Amministrazione pubblica e può ricevere affidamenti diretti, cioè senza gara, come è successo ai tempi dell’esposizione del 2015, ma allo stesso tempo fuori Milano l’azienda si comporta da azienda privata”.

Ma il vero tema oltre alla doppia natura della società è che tutto questo progettare costa molto ai milanesi. Che in cambio però non vedono i servizi. Persino la metro Lilla è stata progettata con una curva troppo stretta che impone una manutenzione ai binari e ai treni più frequente del normale.

La risposta del capo progettista fu “non c’era spazio”. Se fosse stato napoletano sarebbe stato lo zimbello d’Italia per settimana, invece a Milano sembra si perdoni tutto. Intanto si continua a finanziare approfondimenti su questo e quello, senza considerare che troppo portarsi avanti poi rende i progetti vetusti e l’unica soluzione per aggiornarli resta progettare ancora. Una pena in stile dantesco da cui le casse pubbliche milanesi rischiano di non liberarsi mai.


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