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Un progetto di Ponte sullo Stretto di Messina

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LA MEMORIA storica corta non solo ci fa dimenticare praticamente anche eventi importanti che hanno caratterizzato la nostra vita personale, ma annulla, molto spesso, anche il ricordo sistematico di verifiche e di approfondimenti sulle scelte strategiche che hanno caratterizzato l’evoluzione e la crescita economica del Paese.

TORINO-LIONE

Ora cercherò di ricordare i primi dibattiti e le prime decisioni prese dal governo italiano, e in particolare dall’allora ministero dei Trasporti, sull’esigenza di realizzare un nuovo tunnel ferroviario sul collegamento Torino-Lione. La scelta di un nuovo valico trovava una precisa indicazione nel Piano generale dei trasporti approvato con decreto del presidente del Consiglio nel maggio del 1986. Dopo quella data si avviarono approfondimenti sia di natura economica che geognostica e geotecnica. Furono fatti sondaggi e furono analizzati appositamente diversi tracciati, e sul fronte degli approfondimenti di natura economica una delle motivazioni più convincenti e ritengo più forte fu quella delle Regioni Piemonte, Liguria e Lombardia che, attraverso apposite analisi, denunciarono che, senza la realizzazione di un nuovo tunnel ferroviario lungo il collegamento Torino-Lione, il Pil della Regione Piemonte avrebbe perso un importo medio di 4 miliardi l’anno, la Lombardia oltre 7 miliardi l’anno e la Liguria circa 3 miliardi l’anno.

Un danno che, veniva dichiarato apertamente, si accumulava ogni anno in assenza di un tale asse: andava quindi, con la massima urgenza, avviato un apposito progetto, andava con la massima urgenza garantito un apposito impegno finanziario. Questa esigenza fu ribadita, in modo più incisivo, nel 2002 in occasione della redazione delle Reti Trans European Network (Ten-T) e nel 2005 fu approvato il Corridoio comunitario Lisbona-Lione-Torino-Milano-Trieste-Kiev al cui interno il segmento più importante era proprio il tratto Torino-Lione. Devo ammettere che nei lavori di preparazione delle Reti Ten, cui ebbi la fortuna di partecipare, si tenne molto conto della crescita del Pil che, sia per la parte francese che per quella italiana, veniva a prodursi grazie alla fluidità dei collegamenti prodotta da una simile opera.

TAV DAL NORD A NAPOLI

Nel 1991 venne istituita la Società per azioni Treno alta velocità (Tav). La missione di questa società con capitali pubblici e privati era quella di realizzare i nuovi assi ferroviari veloci Torino-Milano-Verona-Venezia e Milano-Bologna-Firenze-Roma-Napoli. Una società privata, sempre nel 1991, chiese di ottenere la concessione per realizzare anche un nuovo asse ferroviario ad alta velocità Genova-Milano. Il progetto si sviluppava complessivamente per 53 Km, di cui 37 Km in galleria. Il governo condivise la proposta perché questo intervento, in modo particolare il valico, rendeva possibile un collegamento diretto tra la portualità ligure e il centro Europa. Infatti questo asse consentiva un’interazione sia con il valico del Sempione che con quello del San Gottardo.

Il Terzo Valico dei Giovi poteva infatti considerarsi un segmento infrastrutturale alla stessa stregua degli altri valichi previsti dal Piano generale dei trasporti e per questo motivo nella redazione delle Reti Ten-T del 2004 l’Unione europea ritenne opportuno identificare un nuovo Corridoio comunitario: il Corridoio Rotterdam- Genova. Anche in questo caso le analisi economiche e gli approfondimenti legati alla motivazione dell’intervento dimostrarono che, per la Regione Liguria e per l’intero Centro Nord del Paese, si incrementava, in modo sostanziale, il Pil.

IL SAN GOTTARDO

Il 4 novembre 1999 furono avviati i lavori della galleria di base del San Gottardo e l’11 dicembre 2016 fu aperto al traffico questo asse lungo 57 Km. Nel tunnel potevano circolare treni con velocità massima di 200 km/h. Dal 2020, con l’ultimazione della galleria di base del Monte Ceneri, Zurigo e Milano sono collegate tramite treno in poco più di tre ore, con una riduzione del tempo di percorrenza di circa un’ora rispetto a quando i due tunnel non esistevano. L’obiettivo era quello di aumentare il trasporto su rotaia di merci tra la Germania meridionale e l’Italia settentrionale, in modo da alleviare il traffico stradale (attraverso il trasporto intermodale delle merci e la cosiddetta autostrada viaggiante, in cui l’intero camion veniva trasportato su rotaia).

Ebbene, anche in questo caso, soprattutto con il completamento del tunnel di base del Monte Ceneri, la Regione Lombardia ribadì, con studi approfonditi, che un simile collegamento ferroviario avrebbe prodotto un incremento del Pil della Regione di oltre 4 miliardi di euro all’anno.

GALLERIA DEL BRENNERO

Sempre nelle indicazioni strategiche del Piano generale dei trasporti compariva l’esigenza di trasferire su ferrovia una quantità rilevante di merci e, in particolare, di dare la massima osmosi ai collegamenti tra l’Europa centrale e l’Italia. Per raggiungere un simile obiettivo si decise, d’intesa con l’Austria e con l’Unione europea, di realizzare la galleria di base del Brennero. Un’opera che, insieme con la già esistente circonvallazione di Innsbruck, raggiungerà una lunghezza pari a 64 km, divenendo la galleria più lunga del mondo (non considerando la circonvallazione di Innsbruck, la galleria tra il portale di Innsbruck e quello di Fortezza avrà una lunghezza di 55 km).

L’opera, avviata nel 2007, dovrebbe essere completata entro il 2032 e fa parte integrante del Corridoio comunitario Helsinki-La Valletta. Gli studi economici propedeutici all’avvio dell’opera ribadirono, in modo inequivocabile, che un simile intervento avrebbe incrementato, in modo rilevante, i benefici reciproci sia dell’Italia che dell’intera Europa centrale e, in modo particolare, avrebbe incrementato il Pil delle Regioni Trentino Alto Adige, Veneto ed Emilia Romagna.

IL SUD RESTA A GUARDARE

Tutti e quattro i casi, cioè tutte e quattro le opere strategiche prima esposte, sono oggi in fase di realizzazione: addirittura, il San Gottardo e la galleria di base del monte Ceneri sono funzionanti dal 2020. Ripeto, tutti e quattro i casi hanno rispettato correttamente e concretamente quanto ampiamente motivato dalle analisi e dagli approfondimenti macro economici. Invece uno studio approfondito fatto dalla Società Prometeia per conto della Regione Sicilia per il Ponte sullo Stretto e finalizzato a individuare proprio “i costi della insularità” non è servito a nulla.

Eppure lo studio aveva ribadito che, in presenza del Ponte, come da me ricordato mesi fa, la Regione Sicilia avrebbe avuto un aumento del Pil complessivo regionale (per il 2018) pari al 6,8 %, quantificabile in circa 6,04 miliardi di euro. Invece due ex ministri della Repubblica, Paola De Micheli ed Enrico Giovannini, a differenza del comportamento del governo adottato per gli altri quattro casi, non hanno creduto in questa analisi, non hanno creduto in questa denuncia ampiamente motivata. Addirittura, l’ex ministro Giovannini ha chiesto che, in un apposito studio di fattibilità, si prendesse in considerazione anche la “ipotesi zero”.

Sempre pochi mesi fa ricordai anche che l’approfondimento fatto dalla Regione Siciliana misurava quale fosse il costo del “non fare” e, nel caso specifico, ribadii che il mancato aumento del Pil di 6 miliardi l’anno aveva prodotto alla Sicilia e al Paese un danno, dal 2011 (data di annullamento dell’opera) a oggi, di circa 54 miliardi di euro. Questo comportamento, oltre ad aver creato un inqualificabile comportamento dello Stato nei confronti delle Regioni Sicilia e Calabria, si configurava, a tutti gli effetti, come un irresponsabile “danno all’erario”.

Il ministro Salvini si è impegnato a realizzare l’opera: lo faccia davvero presto, perché le Regioni Calabria e Sicilia e l’intero Mezzogiorno sono realtà di serie A e la Sicilia non può continuare a perdere un incremento del suo Pil per oltre 6 miliardi ogni anno.


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