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Le ragioni della decrescita: spazio e tempo sono diventati le categorie portanti di ogni programmazione, che al Sud non c’è mai stata

CIRCA sei anni fa io e la dottoressa Ida Tramonti scrivemmo un libro dal titolo “Programmare e/o pianificare. La forza e la inerzia della Legge obiettivo”. Nella vasta serie di proposte utili per supportare il quadro strategico – programmatico contenuto nella legge richiamammo anche una proposta avanzata nel 2014 dalla Struttura Tecnica di Missione del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti; riproponemmo cioè la istituzione di una Conferenza semestrale sul governo del territorio ed elencammo tutte le possibili tematiche che doveva affrontare e dibattere sistematicamente tale Conferenza. Elenco sinteticamente solo i titoli:

  • L’impianto demografico, cioè l’evoluzione e la involuzione del dato demografico.
  • L’impianto economico, cioè l’evoluzione e la involuzione del concetto di “interesse comune”.
  • L’assetto geografico mirato alla interpretazione della fine delle “rendite di posizione”.
  • L’assetto urbanistico finalizzato alla lettura ed alla interpretazione della formazione del “costruito”.
  • L’impianto logistico con l’approfondimento delle categorie dello spazi e del tempo.
  • La interpretazione costituzionale tra governo centrale e locale.
  • L’approccio sociologico basato essenzialmente sul rapporto tra domanda e offerta di servizi.
  • L’approccio storico basata soprattutto nella lettura e nella interpretazione delle fasi del cambiamento nell’uso del territorio.
  • Il ruolo del non costruito e quindi della vasta area rurale.
  • Il ruolo della intelligenza tecnica e la scoperta delle reti immateriali.
  • La categoria dello spazio e del tempo.

Questa proposta fu condivisa dall’allora ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi e, con un atto formale, il ministro ritenne che il gruppo di esperti coordinati dal Professor Franco Karrer impegnato nella redazione di un Disegno di Legge di Riforma Urbanistica lo inserisse nello strumento. Le varie tematiche sono tutte interessanti ma penso che una rivesta un interesse tutto particolare, mi riferisco a quella che affronta l’impianto logistico; in particolare la importanza e la incisività dell’impianto logistico in ogni atto pianificatorio, per questo riporto di seguito alcune parti di un simile approfondimento.

“Nel secolo passato la categoria del tempo è esplosa e si è ridimensionata la categoria dello spazio. Nei collegamenti all’interno della città e all’esterno della città siamo stati aggrediti in modo epidemico di una continua ottimizzazione dei processi logistici intesi sia come velocità nei collegamenti, come frequenza nei collegamenti, sia come adeguata collocazione dei siti residenziali e produttivi. In tal modo la logistica è diventata scienza e ci ha fatto capire che la crescita economica è strettamente legata alla efficienza della logistica. Questo non solo nella organizzazione della movimentazione delle merci ma anche nelle attività legate alla mobilità delle persone. La nuova offerta ferroviaria ad alta velocità ha cambiato integralmente le abitudini residenziali di determinate zone del Paese. Gente vive a Roma e lavora a Napoli, gente vive a Firenze e lavora a Bologna; questa libertà nella scelta della residenza genera fattori di convenienza e rivisita i valori immobiliari. Ed un simile fenomeno non è legato alla velocità del mezzo ma alla sua frequenza che reinventa integralmente i vincoli del tempo. Se entriamo nel comparto del trasporto delle merci possiamo verificare che il danno creato dai tempi dell’ ‘ultimo miglio’ rappresenta una delle peggiori criticità della logistica; una criticità che ha incidenza elevatissima sul costo del prodotto; una incidenza che pesa moltissimo sulla competitività. Questa particolare tematica diventa ancora più interessante se si compara la logistica con la organizzazione, o meglio, con la funzione di ‘nodo urbano’. Le cosiddette reti di trasporto comunitarie definite, Trans European Transport Networks approvate dal Consiglio dei Ministri dei Trasporti e dal Parlamento Europeo nel 2004 contenevano al loro interno solo reti ferroviarie e reti idroviarie. Nella seconda edizione, dopo una lunga istruttoria da parte della Commissione europea e da parte dei singoli Stati, il nuovo Programma delle Reti TEN ha tenuto conto sia delle reti ferroviarie, che di quelle autostradali, sia dei nodi logistici (porti, aeroporti, interporti), sia dei nodi metropolitani, Questo ultimo inserimento ha praticamente riconosciuto alla realtà urbana, alla funzione trasportistica dell’urbano, un ruolo chiave per lo sviluppo e per la crescita dei vari Paesi ella Unione (in Italia l’economia urbana partecipa per oltre il 45% nella formazione del PIL) I nodi urbani diventano in tal modo motore di attività macroeconomiche e microeconomiche. La mobilità urbana, soprattutto per le grandi e medie aree urbane nell’intero assetto comunitario, diventa al tempo stesso occasione di crescita, se supportata da un sistema infrastrutturale organico, o occasione di blocco irreversibile. L’intero assetto comunitario contiene al suo interno un variegato numero di modelli urbani (città lineari, grandi aree metropolitane, sistemi urbani diffusi, ecc.) ma in ognuna di esse la organizzazione della mobilità, la organizzazione degli accessi ha un comune denominatore: la forte incidenza dei costi sia delle famiglie per la mobilità all’interno delle città, sia del mondo della produzione nella distribuzione delle merci Negli ultimi venti anni in Europa è cambiato l’approccio alla infrastrutturazione dell’urbano; ad esempio in Italia solo 20 anni fa vi erano solo 65 Km di reti metropolitane, oggi abbiamo superato i 240 Km. Ma alla convinta infrastrutturazione non ha fatto seguito una cambiamento sostanziale della governance delle nostre città: la gestione di un nucleo urbano di 10.000 abitanti è identica a quella di una realtà urbana di un milione di abitanti. Le città sedi di nodi logistici (porti, aeroporti, piastre logistiche, ecc.) non sono riuscite finora a garantire una adeguata interazione funzionale, anzi nella maggior parte dei casi l’urbano è un vincolo alla fluidità degli scambi”.

In realtà il fattore spazio ed il fattore tempo sono diventati le categorie portanti di ogni processo pianificatorio e queste due categorie sono generate essenzialmente da quella condizione obbligata che impone al pianificatore di fare delle scelte in un determinato ambito territoriale, piccolo o grande, scelte ormai diverse da quelle che avevano caratterizzato per anni la vita all’interno ed all’esterno dell’urbano. Sembra quasi che la logistica sia proprio la ottimizzazione dei rapporti di queste due categorie, due categorie che forse abbiamo capito solo ultimamente e che oltre ad incidere sulle abitudini consolidate della vita e dell’economia di un Paese ne determinano la sua crescita o la sua decrescita (come al Sud).

Nasce spontaneo un dubbio: la prorogata decrescita del Sud, sì di un Mezzogiorno ricco pure di tante potenzialità e di tante consolidate rendite di posizione, forse vada ricercata proprio nella sottovalutazione e in alcuni casi nella completa ignoranza della validità di tali categorie; in realtà portare l’alta velocità ferroviaria dove non c’è mai stata significa infrastrutturare di servizi un intero territorio; significa, attraverso le obbligate compensazioni urbanistiche, regalare al territorio una offerta infrastrutturale organica diffusa e non puntuale. Dobbiamo fare tutti una autocritica: questo lo abbiamo capito tardi e molti forse non lo hanno ancora capito.


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