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Il Sud segua l’esempio della Regione Piemonte e acquisisca le azioni per gestire i porti per dirigere lo sviluppo degli hub strategici

È passato quasi un anno e mezzo dall’insediamento del nuovo Governo, un anno e mezzo dalla apertura di una nuova Legislatura con una presenza parlamentare che trova nel centro destra una dominanza consistente. Sin dall’inizio, quindi, ero convinto che sarebbe potuta partire, praticamente dopo trenta anni, la riforma della nostra offerta “portuale ed interportuale” (ricordo che l’ultima riforma è della Legge 84 del 1994); invece sono partiti tanti convegni, tanti seminari, tante interviste in cui si ribadiva il grande impegno riformatore. Ho cercato di analizzare tutte queste attività ed escluso il seminario organizzato dalla Società S.I.Po.Tra, non ho trovato itinerari procedurali necessari per dare avvio ad una riforma.

C’è stata anche una interpretazione inesatta del Vice Premier Antonio Tajani sulla privatizzazione della nostra offerta portuale. Una interpretazione che lo stesso Tajani ha subito chiarito ribadendo che non si vuole assolutamente fare uscire il pubblico dalla gestione di una delle attività chiave della crescita del Paese ma è impensabile che capitali privati non possano partecipare, senza dubbio con quote minoritarie, alla gestione di un HUB logistico.

Ma mentre siamo fermi o almeno mentre siamo in attesa che qualcosa accada la Regione Piemonte ha chiesto di entrare nella gestione del porto di Genova. Riporto di seguito la dichiarazione del Presidente della Regione Alberto Cirio: “Abbiamo dato la nostra disponibilità, se l’autorità portuale, il Governo, la Regione Liguria ed il Ministero saranno favorevoli, ad entrare nell’azionariato del porto di Genova per condividere gli investimenti e le strategie. Attendiamo di sapere ma sono certo che tale disponibilità ci sarà perché i rapporti tra noi e la Regione Liguria sono forti. D’altra parte il retroporto di Genova è il Piemonte, quindi considerato che porto ed interporto vivono di investimenti comuni credo sia naturale che la Regione possa andare a partecipare alla compagine sociale mettendo la propria parte di risorse ma anche, ripeto, condividendo le politiche strategiche”.

Chi legge le mie note e chi si sofferma sulle mie varie proposte ricorderà almeno quattro punti fermi che inseguo da sempre, quattro punti obbligati per ogni ipotesi riformatrice:

  • Un numero limitato di sistemi portuali
  • Una obbligata funzione congiunta tra impianto portuale ed impianto interportuale
  • L’autonomia finanziaria di chi è preposto alla gestione dei sistemi portuali
  • Un trasferimento sostanziale dei proventi da IVA generati dalla movimentazione portuale ai vari HUB portuali ed interportuali

Ma a questi quattro riferimenti base, di una possibile riforma, ho sempre aggiunto la opportunità che una singola realtà regionale potesse, per distinte motivazioni, gestire congiuntamente alcune realtà portuali ed interportuali ubicate in altre realtà regionali. La proposta della Regione Piemonte, anche se non sono ancora chiare fattibilità, modalità e tempi dell’eventuale operazione, sembra esaudire le mie aspettative.
Io, però vorrei approfittare di questa iniziativa per lanciare una provocazione; sì una vera provocazione che se analizzata in modo oggettivo forse non è poi tanto provocatoria.

Ebbene ho più volte elencato le omogeneità che legano tutte e otto le Regioni del Mezzogiorno, tra tali omogeneità, senza dubbio la più importante ed al tempo stesso la più incisiva è quella relativa alla presenza di tali realtà regionali nell’Obiettivo Uno, cioè sono tutte realtà in cui il PIL pro capite è inferiore al 75% della media europea, ma accanto a tale omogeneità non possiamo sottovalutare anche la forte distanza tra il reddito pro capite di queste aree (appena 18.000 euro) e quelle del Nord (di oltre 36.000 euro) ed il rilevante costo annuale della logistica in tutto il Mezzogiorno a causa dell’assenza di una adeguata offerta infrastrutturale; un danno stimato da primarie società di ricerca superiore a 55 miliardi di euro.

Ed allora ogni singola Regione del Sud seguendo quanto fatto dalla Regione Piemonte dovrebbe chiedere di entrare nella gestione delle altre portuali ed interportuali ubicate nelle altre sette, in realtà in tal modo le otto Regioni gestirebbero congiuntamente la macro offerta territoriale, la macro offerta logistica.
Ogni tanto sarebbe davvero utile che le Regioni del Sud imitassero i comportamenti delle Regioni del Nord.
Sicuramente sarò accusato di estensore di proposte inutili, infantili ed irrealizzabili, forse sarà vero ma aspetto le risposte che la Regione Liguria, che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti daranno al Presidente della Regione Piemonte e dopo tale risposta forse avrà inizio, anche se con ritardo, il processo di riforma della portualità e della interportualità nel nostro Paese.

Ormai mi sto ripetendo quasi in ogni mia nota ma penso sia opportuno che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ricordi che fra soli tre mesi bisognerà presentare al Parlamento il Documento di Economia e Finanza (DEF) e ritengo che all’interno di tale strumento sia necessario fornire un chiaro e misurabile itinerario riformatore nella offerta portuale ed interportuale. Sicuramente questa determinante tematica sarà oggetto di confronto e di dibattito nel prossimo Festival Euromediterraneo che si svolgerà a Napoli nella prossima primavera; sarebbe davvero un peccato, in tale occasione, discuterne senza una linea strategica del Governo, senza una linea strategica delle otto Regioni del Mezzogiorno.


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