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Il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri

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Parte da Catanzaro, con l’ambizione di coinvolgere tutte le province calabresi, la battaglia per una più equa distribuzione delle risorse finanziarie da parte del Governo centrale. Il sindaco del capoluogo di regione, nonché presidente della Provincia di Catanzaro, Sergio Abramo, nei giorni scorsi ha inviato una diffida formale direttamente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendo che entro il termine di 60 giorni, “possa essere garantita una equa e corretta individuazione delle risorse finanziare aggiuntive da trasferire al Comune di Catanzaro, nelle cui casse mancano circa 15milioni di euro a seguito dei minori trasferimenti da parte dello Stato”.

“Dalla Presidenza ci hanno risposto subito, entro due giorni – spiega il sindaco di Catanzaro intenzionato a non mollare la presa e ad allargare la compagine degli amministratori mobilitati per la tutela dei diritti del Mezzogiorno – stanno istruendo la pratica che manderanno ai dipartimenti di competenza. Aspettiamo di avere altre notizie in merito. Una equa e corretta individuazione delle risorse finanziare deve essere una priorità soprattutto in questa fase di crisi economica e sociale determinata dalla pandemia: le nostre comunità hanno bisogno di essere sostenute, di pagare meno tasse e avere più servizi”.

A sostenere la battaglia del sindaco di Catanzaro è accorso il primo di Crotone, Enzo Voce: l’idea condivisa dai due sindaci è di coinvolgere pure gli altri tre Comuni calabresi capoluogo di provincia in una “class action” nei confronti dello Stato. Infatti, Abramo entro lunedì avrà modo di sentire anche i colleghi di Cosenza, Reggio e Vibo Valentia con l’intento di fare una riunione per “allargare la mobilitazione anche per settori come la sanità e le infrastrutture. Infatti le nostre denunce sul contenuto del Decreto Calabria sono rimaste inascoltate.

In particolare voglio ricordare che il sottoscritto e tutti gli altri sindaci calabresi avevamo chiesto al presidente del Consiglio Giuseppe Conte di azzerare il debito della sanità e chiudere, una volta terminata l’emergenza Covid, la fallimentare esperienza commissariale. La possibilità di cancellare questo debito non è stata e non è, ovviamente, una richiesta fatta di punto in bianco. Al contrario, si basa su un dato clamorosamente evidente: la Calabria, rispetto ad altre Regioni, ha ricevuto ogni anno 400 milioni in meno di trasferimenti statali nella sanità. Quattrocento milioni in meno ogni anno per dieci anni: non c’è bisogno di sottolineare di che tipo di cifra si tratti, e che incidenza abbia avuto in una terra che già scontava pesanti ritardi anche sul versante sanitario. Se a questa sperequazione che è il prodotto di politiche ingiuste aggiungiamo la massa debitoria creata dai commissari scelti dal governo nell’ultimo decennio non possiamo che gridare ancora una volta allo scandalo. Ma il nostro appello è caduto nel vuoto”.

“Il punto di partenza non può che essere il trasferimento di risorse aggiuntive – dice ancora il sindaco di Catanzaro –. Facciamo l’esempio del Comune di Catanzaro: nelle nostre casse mancano circa 15milioni di euro a seguito dei minori trasferimenti da parte dello Stato. Quante cose potremmo fare con queste risorse? Come più volte riportato proprio dalle colonne dell’Altra voce dell’Italia del Quotidiano del Sud la riflessione sul finanziamento dei livelli di governo sub-centrali non dovrebbe prescindere da ciò che le risorse debbono finanziare”. Il sindaco Abramo fa riferimento proprio ad un recente articolo in cui si riporta l’allarme emerso a pagina 151 del “Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica”, nel paragrafo dedicato alla “Finanza degli enti territoriali: criticità e prospettive”.

“Il recente Rapporto 2020 sul coordinamento della finanza pubblica delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, certificando quanto anche io ho affermato pubblicamente da diverso tempo, ha fotografato un quadro desolante ed allarmante riguardo al deficit di risorse nelle regioni del Sud e una evidente emarginazione finanziaria della Regione Calabria e dei Comuni calabresi – afferma ancora il sindaco di Catanzaro -. Nell’ultimo decennio si è realizzato un meccanismo perverso che, attraverso il criterio della cosiddetta spesa storica, ha comportato un graduale taglio di 46 miliardi in media all’anno al Sud. Se si analizza la sola spesa pro capite in termini di cure e assistenza, si passa dalle 1.935 euro a cittadino nel Piemonte, alle 1.800 euro per ogni calabrese”.

Uno scarto non tollerabile, rimarca Abramo “che avrebbe consentito di assicurare ai cittadini della Città Capoluogo idonee prestazioni in tema di servizi sociali e welfare locale. A 12 anni dalla legge Calderoli, l’entrata in vigore del federalismo fiscale avrebbe dovuto garantire l’approvvigionamento di risorse finanziarie idonee ad assicurare livelli essenziali di prestazioni, non solo in ambito sanitario. Ma in tutti questi anni, nel mancato rispetto delle disposizioni di legge e costituzionali, la riforma è rimasta inattuata riguardo alla effettiva determinazione di costi e fabbisogni standard dei servizi erogati dalle regioni e dalle Amministrazioni locali, con conseguenti ricadute negative sul territorio e sulle comunità”.

Pensando ai servizi e ai fabbisogni standard dei Comuni. Abramo – richiamando sempre un’inchiesta dell’Altra voce dell’Italia – cita proprio l’esempio degli asili nidi e il fatto che dopo l’ok dell’Anci, la Commissione tecnica per i fabbisogni standard ha riconosciuto un fabbisogno minimo di asili nido anche a quei Comuni che finora non hanno avviato il servizio, sovvertendo così un meccanismo perverso che portava ad avere un fabbisogno pari a zero a quegli enti che magari, per mancanza di risorse, non avevano potuto istituire il nido.

“Ho ribadito più volte – conclude il sindaco Abramo – come il criterio della “spesa storica” abbia rappresentato un’autentica scure per la sostenibilità e l’autonomia finanziaria degli enti locali al Sud, realizzando una discriminazione tra cittadini di serie A e di serie B. La Calabria e i calabresi meritano una risposta, in caso negativo saremo pronti come amministrazione a far valere, anche in via giudiziaria, le nostre ragioni”.


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