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UN AUMENTO più che doppio rispetto al resto del Paese: è il tasso di occupazione nel Mezzogiorno registrato dall’Istat tra il 1° trimestre del 2019 e il 1° trimestre del 2023; in numeri, su 474mila nuovi lavoratori in Italia, più della metà sono quelli che risiedono al Sud (262mila, il 55,3% del totale). Così come il tasso di crescita nell’area è più che doppio rispetto al resto del Paese (4,4%) e continua ad aumentare nell’ultimo anno a un ritmo del 3,1%. Una crescita, quindi, che non solo è stata più sostenuta nella fase di recupero (tra il 2019 e il 2022 l’incremento è stato dell’1,3%), ma che ha continuato anche nei primi mesi di quest’anno.

A dirlo è la recente indagine della Fondazione Studi Consulenti del Lavoro, che ha elaborato ad hoc gli ultimi dati Istat relativi al 1° trimestre 2023, dal titolo “Italiani e lavoro nell’anno della ripartenza”. La buona performance del Sud nell’occupazione, secondo l’approfondimento, è da legarsi a diversi fattori, oltre che alla settorialità della crescita e coinvolge – come nel resto dell’Italia – i due estremi generazionali degli under 35 e degli over 55. A fare da leva, l’effetto traino delle costruzioni prima (+19,1%) e del turismo nell’ultimo anno e dei servizi di informazione e comunicazione (+42,8%), a cui sono legati i processi di trasformazione digitale delle aziende.

SUD E OCCUPAZIONE, SOSTEGNO AL LAVORO E SETTORIALITA’ DELLA CRESCITA

A favorire la ripresa del Mezzogiorno, e dunque la (seppur lieve) riduzione del divario storico di quest’area con le altre regioni, anche l’ampio ricorso agli strumenti di sostegno al lavoro (prima tutto, Decontribuzione Sud), che ha riguardato il 60% circa delle assunzioni effettuate tra il 2021 e il 2022 e che oltre a funzionare da stimolo all’occupazione, ha favorito anche l’emersione di lavoro irregolare. Il trend positivo ha coinvolto sia uomini che donne (i cui livelli occupazionali sono aumentati rispettivamente del 4,5% e del 4,4%), con una evidente e praticamente storica inversione di tendenza del coinvolgimento femminile nel mercato del lavoro, storicamente al Sud per mancanza di servizi legati alla prima infanzia e al welfare.

A risaltare è poi l’interesse del mercato del lavoro per due fasce d’età opposte: i giovani 15-34 anni (5,5%) e i senior 55-64 anni (14,8%). Per quanto riguarda i giovani tra i 15 e 34 anni si tratta di 70mila occupati in più, per un incremento del 5,5% che ha visto però in questo caso protagonista la sola componente maschile, visto che tra gli uomini l’aumento è stato dell’8,6%, mentre tra le donne under 35 l’occupazione è rimasta sostanzialmente stabile. La componente più consistente di occupati si è registrata invece tra i lavoratori senior, dal momento che nella fascia tra i 55 e i 64 anni si sono registrati 181 mila occupati in più, per una crescita del 14,8% negli ultimi quattro anni che ha riguardato soprattutto gli uomini (+17,3% contro +10,6% delle donne). Il primo posto della graduatoria regionale se l’aggiudica la Puglia, che con 100 mila occupati in più e un aumento netto dell’8,6%.

A seguire, tra le regione del Sud, la Sicilia, che ha visto crescere la propria base di occupazione di circa 93 mila unità (+7,2%). Anche la Calabria ha ottenuto un discreto miglioramento (+5%), mentre la Campania (+1,7%) non ha registrato significativi passi avanti. La Puglia è la Regione dove si registra anche l’incremento più alto del tasso di occupazione, passato da 44,6% del 2019 a 49,8% del 2023. Seguono la Sicilia (da 39,5% a 44%) e la Calabria (dal 38,2% al 42,8%).

Lasciando il Sud, tra le Regioni del Centro Nord si segnala l’Umbria, che vede aumentare l’occupazione del 5,3% e passare il tasso di occupazione dal 63,2% al 67,8%, seguita dalla Liguria (+4,4%) e dal Friuli-Venezia Giulia (+4,3%). Dinamiche che, nel loro complesso, hanno fatto sì che nel Mezzogiorno il tasso di occupazione sia passato dal 43,3% al 47% (+3,4 punti percentuali), mentre quello nazionale dal 58,2% al 60,2% (+2,4 punti percentuali). E che se anche sono la spia di miglioramenti apparentemente impercettibili rispetto ad un quadro emergenziale e storicamente depresso come il Sud Italia, non possono non dare atto delle potenzialità e capacità di crescita di un territorio che negli ultimi anni ha sviluppato anche se non organicamente eccellenze formative e produttive di tutto rispetto anche a livello internazionale. Prima fra tutte, proprio la trasformazionale digitale delle aziende e i progetti di sviluppo in tal senso degli Atenei del Sud.

La crescita occupazionale del Mezzogiorno – con l’ottima performance della Puglia a guidare la graduatoria – si inserisce non a caso in un trend positivo che ha riguardato tutta l’occupazione italiana, dal momento che rispetto al 1° trimestre 2022, i primi tre mesi del 2023 hanno registrato un aumento degli occupati nel nostro Paese del 2,3%, con la partecipazione al lavoro salita dell’1,8%. Il confronto con il resto dell’Italia fa emergere, anche per quanto riguarda le regioni del Centro, performance occupazionali particolarmente buone: quest’area geografica ha segnato infatti un aumento complessivo dell’occupazione di 110 mila unità tra il 2019 e il 2023, addirittura superiore al saldo registrato al Nord Italia (25 mila in più al Nord Ovest e 77 mila al Nord Est), per una crescita del 2,3%, contro lo 0,4% del Nord Ovest e l’1,5% del Nord Est. Viceversa, il Nord in generale rappresenta la parte che ha risentito maggiormente dell’impatto con la pandemia. In particolare il Nord Ovest, al primo trimestre del 2022, presentava ancora un importante saldo negativo rispetto allo stesso periodo del 2019, anche se nell’ultimo anno, anche in quest’area l’occupazione è ripartita con una crescita del 2,2%, in media con la tendenza nazionale.

GIOVANI E SENIOR GUIDANO LA RIPRESA OCCUPAZIONALE

Un elemento importante da osservare più da vicino rispetto alla ripresa occupazionale del Mezzogiorno – in linea con la tendenza pressoché identica a livello nazionale – riguarda, come appena visto, le fasce di popolazione coinvolte, dal momento che anche nelle regioni del Sud a essere cresciuta è stata l’occupazione nella fascia 15-34 anni (5,5%) e, in particolare, in quella 55-64 anni (14,8%). In pratica, tra il primo trimestre del 2019 e lo stesso periodo del 2023, a fronte di una crescita complessiva nazionale di 474 mila occupati, l’incremento più significativo si è avuto nella fascia 55-64 anni, con 644 mila occupati in più, e ben 91 mila tra gli over 64. In entrambi i casi l’incremento è stato appunto del 14,8%. Anche tra i giovani con meno di 35 anni si è registrato un saldo occupazionale importante. Il numero dei lavoratori è infatti aumentato di 272 mila unità, con una crescita significativa soprattutto nell’ultimo anno (195 mila). L’incremento complessivo è stato, rispetto al 2019, del 5,4%.

Di contro, tra gli occupati di età intermedia, 35-44 anni, si è avuta una significativa flessione occupazionale, con la perdita complessiva di 476 mila occupati, pari all’8,1% della base lavorativa. Anche la fascia d’età 45-54 anni ha registrato un saldo negativo, ma meno rilevante della precedente (-0,8%). Le cause del fenomeno, secondo l’indagine dei Consulenti del lavoro, vanno ricercate sicuramente nella corrispettiva contrazione occupazionale delle fasce anagrafiche centrali e nel loro calo demografico (-11,7%), che ha dirottato le imprese verso l’offerta più disponibile: giovani e senior, appunto.

Il venire meno di una fascia di lavoratori così ampia e attrattiva per il mercato (relativamente giovane e con esperienza) ha accresciuto la difficoltà di reperimento dei profili professionali da parte delle imprese – studi di settore come ad esempio quelli di Unioncamere-Anpal e Confartigianato registrano la mancanza di manodopera per molti settori produttivi di oltre mezzo milione di lavoratori (504mila), con una difficoltà di reperimento del personale che in un anno ha superato il 45% – ma ha anche avuto come effetto quello di dirottare le aziende verso l’offerta più disponibile: giovani da un lato, senior dall’altro. Un peso però lo ha avuto a sua volta anche l’evoluzione della domanda del mercato, che vede premiare da un lato le nuove competenze, offerte dai giovani, dall’altro esperienza e professionalità. Uno scenario relativamente nuovo che potrebbe accentuarsi nei prossimi anni, vista la direzione intrapresa nel post-pandemia dal lavoro, sempre più attento ai più giovani e alle loro competenze, così come al mantenimento in azienda dei profili più anziani, anche oltre l’età pensionabile. Rispetto al 2019, il tasso di occupazione dei giovani (15-34 anni) è quindi aumentato, passando dal 40,8% al 44,2% con un recupero molto accentuato soprattutto nell’ultimo biennio, quando questo era sceso al 38% (2021).

Andamento simile anche tra i 55-64enni, con una crescita dal 53,4% del 2019 al 56,2% del 2023. Secondo l’indagine, si tratta di tendenze che seppure emerse chiaramente negli ultimi anni, potrebbero verosimilmente rafforzarsi nei prossimi, dal momento che fanno riferimento a variabili di tipo demografico che non possono essere mutate nel breve periodo. Il tutto, con la possibilità di un miglioramento ancora più accentuato della situazione occupazionale giovanile, oltre che dei profili più anziani. Un trend evidenziato pressoché in tutte le aree del Paese, anche se con intensità diverse. Riguardo la fascia di occupati under 35, il maggiore incremento è nel Nord Est, dove si riscontra un 6,6% a fronte del 5,7% del Centro, 5,5% del Sud e Isole e 4,4% del Nord Ovest. Il Nord Ovest detiene a sua volta il primato per la crescita tra gli over 55: 17,2% in più negli ultimi quattro anni.

NORD-SUD: 34-44 ANNI, DONNE E IL DATO EUROSTAT

La componente di lavoro 35-44 anni si riduce un po’ dappertutto, ma in particolare al Nord, dove il calo è dell’11,6% al Nord Ovest e del 10,3% al Nord Est. Al Centro la flessione è più ridotta (-7,2%) mentre al Sud l’occupazione si ridimensiona (-3,1%) anche per effetto delle diverse dinamiche demografiche. Il Nord Ovest è l’unica area dove si riduce di misura anche la fascia di occupazione 45-54 anni (-3,4%). Per quanto riguarda il genere, l’indagine dei Consulenti del lavoro registra attraverso il dato Istat una differente dinamica di crescita tra donne e uomini nella fascia d’età under 35. Tra le prime l’occupazione aumenta del 3,9%, tra gli uomini del 6,6%. Tutto cambia per la fascia d’età 35-44 anni: qui a scendere è soprattutto l’occupazione maschile, con una perdita del 9%, mentre quella femminile cala del 6,9%. Il settore che ha assorbito la quota maggiore dei nuovi lavoratori giovani è quello dei servizi: rispetto al 2019, in quest’ambito si contano circa 283 mila occupati in più, con una crescita del 13,6%.

“Purtroppo, la base dati fornita dall’Istat non consente di approfondire ulteriormente tale dettaglio – si legge – ma è plausibile che tanta occupazione giovanile sia stata trainata dall’incremento di tutta l’area dei servizi e dell’informazione e di quelli all’impresa, dove trovano spazio gran parte delle nuove professionalità legate all’innovazione tecnologica, green e digitale”. Aumenta, ancora di più in termini relativi, anche l’occupazione giovanile nell’edilizia, con 60 mila occupati in più, per una crescita del 23,7%, mentre risulta in contrazione quella nel commercio e nei servizi di ristorazione e alloggio, tradizionale comparto di lavoro giovanile, dove si perdono quasi 100 mila occupati (93 mila) per un decremento del 6,6%. Dato quest’ultimo, legato al crollo della componente straniera in tale fascia d’età e alla riduzione del 9,1% dei lavoratori stranieri, per il blocco delle migrazioni durante la pandemia e che oggi contribuisce ad aumentare la difficoltà di reperimento di molti profili.

Se i dati Istat esaminati nell’approfondimento dell’indagine mettono in evidenza una dinamica senz’altro positiva riguardo un miglioramento della condizione occupazionale dei ragazzi e delle ragazze del nostro Paese, a restare in primo piano l’emergenza della questione giovanile nel nostro Paese. Non a caso nel quadro europeo l’Italia non risale ancora dagli ultimi posti della classifica per livello occupazionale, così come mantiene contestualmente una bassa partecipazione ai percorsi di istruzione e formazione terziaria e viceversa ancora alta la tendenza all’esclusione da qualsiasi impegno lavorativo e formativo delle giovani generazioni. Nella fascia d’età 15-24 anni il tasso di occupazione si collocava, al primo trimestre 2023, a 20, ovvero 16 punti in meno dell’area Euro (36,1), di poco superiore alla sola Grecia. Nella fascia successiva, 25-29 anni, l’Italia detiene il record negativo a livello UE: con un tasso di occupazione del 61,5 è al di sotto non solo della media europea (75,8) ma anche della Grecia, che nel 2023 ha raggiunto quota 65,9.


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