X
<
>

La Conferenza Stato-Regioni

Share
5 minuti per la lettura

Draghi procede spedito in un clima politico ancora abbastanza nebuloso. Nel suo intervento alle Camere il premier non ha usato giri di parole. Come non aveva avuto remore ad usare il termine “condono” per l’intervento sulle cartelle esattoriali arretrate, così ha detto papale, papale che lo scostamento di alcune regioni dal criterio dell’età per l’accesso ai vaccini era dovuto al cedimento inaccettabile verso categorie che evidentemente hanno le armi per imporsi a scapito degli anziani e dei fragili.

Ci aspetteremmo un po’ di cenere sul capo da quei “governatori” che hanno deviato dalla retta via ed è una faccenda tranquillamente bipartisan, perché se ne trovano in un campo e nell’altro. Non avverrà, ma quel che è più grave è che il loro organismo di coordinamento, la Conferenza Stato-Regioni, non intervenga. Il principio che lupo non mangia carne di lupo non dovrebbe avere cittadinanza nelle istituzioni.

È ragionevole che alcune regioni difendano il loro sistema informatico di gestione delle chiamate vaccinali perché funziona e non si vede il senso di complicare la vita passando ad un altro solo per omogeneità nazionale: l’omogeneità si deve avere nella garanzia delle prestazioni nei tempi e modi dovuti, non nella omologazione astratta dei mezzi per gestirle. Questo però comporta che dove le cose non funzionano si accetti senza storie la surroga da parte dei poteri centrali, senza stupide difese corporative di autonomie ed indipendenze che non hanno né senso né legittimità quando non portano a risultati.

Draghi sa bene che sul successo della campagna vaccinale si basa non solo il suo prestigio e la sua tenuta, ma anche quella del paese. È una condizione necessaria sia per superare indenne le prevedibili fibrillazioni della campagna elettorale d’autunno, sia, soprattutto, per disporre dell’autorevolezza necessaria per tenere sotto controllo la programmazione e poi la gestione dei fondi europei. Si tratta di una partita ancora aperta che giustamente il governo cerca di tenere lontano dai riflettori, consapevole che altrimenti gli appetiti e le pressioni si scatenano ancor più di quanto già non avvenga dietro le quinte.

Tutto si colloca, è bene non dimenticarlo, in un contesto politico ancora fluido. Certamente qualcuno che ha più fiuto degli altri ha già intuito che almeno per ora Draghi gode di forte credibilità presso l’opinione pubblica. Che Salvini si sia lanciato a dire che la Lega sta bene al governo con l’attuale premier è un segnale interessante. E’ vero che si tratta di un personaggio che non ha alcun problema a cambiare rapidamente registro, ma intanto usa questo e qualcosa significa.

Più complicata la situazione sul fronte del centrosinistra. Qui la situazione rimane poco omogenea, come si vede dalla vicenda, non secondaria, dell’opposizione dei Cinque Stelle contro la ricezione di una norma europea che ridimensionerebbe quell’uso della giustizia-spettacolo a cui non si sottraggono e a cui a volte ricorrono con disinvoltura certe procure. Si tratta di un emendamento proposto dagli on. Costa e Magi nel quadro del varo della procura europea, emendamento che si trova sbarrata la strada dai rigurgiti del giustizialismo grillino e non solo.

In questo quadro Letta va ad incontrare Conte ed entrambi spiegano che bisogna mettere in piedi un laboratorio comune. La vicenda non manca di aspetti curiosi. Innanzitutto il segretario del PD, regolarmente eletto dagli organi del suo partito, incontra come leader di M5S un signore che in tale posizione non è stato formalizzato, che sta preparando una riforma di quel partito che non si conosce e che non si sa se verrà accettata, che ha in atto, a stare alla stampa, un contenzioso con un altro soggetto, Casaleggio jr., che detiene per virtù di statuto l’elenco degli iscritti al partito nonché la piattaforma usata da quel partito per votare (piattaforma che peraltro non è del partito medesimo, ma di una società di servizi che come tale chiede di essere pagata e lamenta arretrati consistenti – un unicum a nostra conoscenza nella storia dei partiti).

Ovviamente il segretario del PD è libero di incontrare chi vuole e se lui ritiene di prendere per tranquillamente accettabile una certa procedura in un altro movimento non c’è problema. Dove invece il problema esiste è nella scommessa che così viene fatta: si pensa che quella trasformazione di M5S riuscirà vincente e bene, tanto da essere la base di una alleanza molto impegnativa. Questo è l’elemento debole nella costruzione che Letta immagina. Comprendiamo la difficoltà della sua posizione. Se non tiene un’alleanza elettorale che coinvolga quelle che vengono stimate essere le potenzialità di consenso dei Cinque Stelle, il PD si trova in radicale debolezza per rimanere in posizione centrale sulla scena politica. Però per andare avanti su questa linea deve mettere in conto una difficoltà di rapporto con l’area di consenso che si colloca verso il centro (ed è anche questa una componente essenziale per raccogliere una maggioranza) senza peraltro avere alcuna certezza che la attuale evoluzione di M5S si concluda attorno alla leadership di Conte (se questo non avvenisse avrebbe concluso un patto che mantiene in vita non un alleato, ma un soggetto debole che sarà la sua palla al piede).

Naturalmente la politica è sempre un esercizio di rischio e ogni leader ha il diritto e persino il dovere di rischiare nello scegliere la sua via. È sempre sperabile che lo faccia tenendo anche conto degli effetti collaterali, che nel caso in questione sono i riflessi che il fallimento di questa strategia avrebbe sulla tenuta della attuale tregua politica.


La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. Il Quotidiano del Sud è il prodotto di questo tipo di lavoro corale che ci assorbe ogni giorno con il massimo di passione e di competenza possibili.
Abbiamo un bene prezioso che difendiamo ogni giorno e che ogni giorno voi potete verificare. Questo bene prezioso si chiama libertà. Abbiamo una bandiera che non intendiamo ammainare. Questa bandiera è quella di un Mezzogiorno mai supino che reclama i diritti calpestati ma conosce e adempie ai suoi doveri.  
Contiamo su di voi per preservare questa voce libera che vuole essere la bandiera del Mezzogiorno. Che è la bandiera dell’Italia riunita.
ABBONATI AL QUOTIDIANO DEL SUD CLICCANDO QUI.

Share

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

Share
Share
EDICOLA DIGITALE