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Il simbolo della giustizia

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Giornata davvero poco nobile per la giustizia italiana e per l’Italia stessa: Matteo Renzi viene sottoposto ad inchiesta giudiziaria per aver fatto una conferenza internazionale retribuita credendo forse di essere Tony Blair o Emmanuel Macron e si è visto recapitare le carte bollate contenenti un’accusa davvero sorprendente per un ex primo ministro. Nel frattempo sua madre, una normale mamma anziana che è stata trascinata sui giornali da accuse riconosciute poi come assolutamente infondate cervellotiche, è stata assolta si può dire in diretta, mentre suo figlio riceveva un’altra mezza quintalata di carta bollata subito dopo aver presentato un libro con la sua storia della giustizia sicché il popolo italiano ha assistito a uno degli spettacoli meno edificanti della sua storia recente.

Nel frattempo, il presidente Draghi è andato a Santa Maria Capua Vetere con la ministra Cartabia per compiere un gesto importante sia sul piano politico che giuridico e morale e cioè avvertire che mai più in Italia si permetteranno pestaggi in carcere e che l’Italia è in Europa non soltanto quando si tratta di vincere un torneo di calcio, ma anche quando si tratta di difendere la dignità della pena affinché non diventi la pena della dignità. L’Italia fa progressi, ma lentissimi se si considera che prima della riforma che porta il nome della ministra della giustizia abbiamo dovuto subire la controriforma del ministro Bonafede, il quale è stato l’uomo grazie al quale Di Maio ha conosciuto Giuseppe Conte portandolo di conseguenza a Palazzo Chigi.

Conte d’altra parte sta facendo grandi capricci contro la riforma Cartabia, vuole difendere un passato recente ma davvero poco onorevole, quello della abolizione della prescrizione che renderebbe tutti gli italiani perseguibili a vita.

Quella riforma è stata momentaneamente corretta e forse si potrà fare anche di meglio considerato che finora è stato stabilito il principio di non procedere ulteriormente qualora si varchino alcuni limiti di tempo posti come barriere invalicabili. La giustizia soffre, il caso Palamara è ancora attualissimo benché pochi ne parlino e con la giustizia soffre anche l’immagine del paese dal momento che Draghi sta in grande fretta cercando di mostrare all’Europa la volontà italiana di darsi un sistema giudiziario degno dei paesi più civili del nostro continente.

Ricorderemo questo anno non soltanto per i progressi della lotta contro il covid, per quanto sempre incerti e minacciati dalle nuove forme virali e dalle bizzarrie euforiche estive, ma anche perché per la prima volta viene dato uno scossone a quello strapotere di quella parte della magistratura che non onora particolarmente l’immagine dell’Italia nel consesso delle Nazioni civili.

Di questo parlava e parla il libro di Matteo Renzi, il quale ha ottenuto come recensione il trillo alla porta dell’avviso di garanzia. Certamente Renzi agli occhi di una parte della magistratura è colpevole di aver fatto cadere un governo e farne succedere un altro, quello attuale che non va certamente giù ad alcune toghe inferocite per il desiderio della politica di prendere in mano la situazione.

Non dimentichiamo che le prerogative di indipendenza di cui godono i magistrati non godono dei privilegi di loro accordati, ma semmai il privilegio che il popolo italiano ha voluto concedere a se stesso per garantirsi una giustizia indipendente, veloce, giusta. La giustizia in realtà non è stata mai nessuna di queste cose prevalendo la lentezza nel migliore dei casi e spesso anche i risultati sconcertanti di indagini che non approdano a nulla ma sconvolgono la vita politica del paese interferendo apertamente con essa e dando la sensazione di una volontà esterna di comandare sulla politica negando alla politica il diritto di rappresentare e legiferare.

Tutto questo dimostra che una crisi di crescenza è in atto ma questa crisi prevede anche dei colpi di coda, delle amare sorprese e ciò che è accaduto ieri a Matteo Renzi non offre un panorama particolarmente confortante in questo senso. Comunque il governo va avanti con le sue riforme, sa che le resistenze fanno parte dell’ordine delle cose e dunque adesso si tratta di procedere con calma e razionalità ma anche con la volontà di mostrare al paese la preminenza del Parlamento su tutti gli altri poteri come prescrive la costituzione della Repubblica.


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