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C’è una “variabile rilevante” che rischia di far saltare l’obiettivo prioritario del Pnrr: la capacità delle amministrazioni locali di partecipare ai bandi e realizzare in tempi utili gli interventi previsti. Una preoccupazione crescente che riguarda soprattutto il Mezzogiorno, specie i piccoli comuni, dove gli uffici tecnici in molti casi non hanno né le competenze né l’organico per gestire le risorse che arriveranno.

Non è questione da poco: gli enti locali, in quanto soggetti attuatori, gestiranno importi compresi tra i 66 e i 71 miliardi di euro, tra il 34,7% e il 36,9% dei fondi destinati all’Italia. Di questi il 40% dovrà essere destinato al Sud. E gli “esperti” assunti e promessi dal governo per supportare gli enti potrebbero non bastare a colmare il gap amministrativo e tecnico.

L’allarme è contenuto in modo esplicito in un memoriale di 40 pagine consegnato ieri alla Commissione Bicamerale per l’attuazione del federalismo fiscale. Descrive linea di intervento per linea d’intervento, le cifre a disposizione di ogni missione e individua le principali criticità.

Il documento è frutto di una elaborazione dell’Ufficio parlamentare di bilancio ed è stato al centro, ieri mattina, dell’audizione del consigliere Alberto Zanardi, economista, ordinario di Scienze delle finanze all’università di Bologna.

IL PRECEDENTE DEL PIANO BONETTI

A generare preoccupazione sono soprattutto i bandi pubblici. Lì dove sarà importante definire i criteri per attuare gli interventi, mettere i paletti entro i quali far partire i progetti rispettando la riserva destinata al Mezzogiorno nello spirito del Pnrr.

Primo fra tutti: colmare la differenza tra enti territoriali. Stiamo parlando di interventi in settori nevralgici, quelli che rientrano nella competenza degli enti decentrati, (sanità e servizi sociali, ad esempio): rischiano di partire in ritardo o non partire mai. Specie nei comuni del Sud il profilo temporale della spesa è incompatibile con le prescrizioni del Piano.

Senza dire, come si spiega nel documento, che nell’arco temporale sarà richiesta agli enti territoriali anche la realizzazione di altre opere, gli interventi previsti dal Fondo complementare, altri 30, 6 miliardi, cui si aggiungono 13,5 miliardi di sovvenzioni previste al New generation Ue e dal React-Eu.

Il rischio è che i criteri di attribuzione delle risorse non coincidano con la platea che ne usufruirebbe. Fallire gli obiettivi. È successo qualcosa di simile con il Piano Bonetti per l’infanzia andato per oltre il 50% a comuni del Mezzogiorno.

L’obiettivo era coprire quei territori in cui il livello di copertura fosse inferiore al 33%. Si dà il caso però che tra i vincitori risultassero anche molti altri comuni con una disponibilità di posti ben superiore. Che tradotto vuol dire: aver mantenuto la sperequazione.

ENTI LOCALI SVUOTATI DI TECNICI E FUNZIONARI

Per quantificare con esattezza a quanto ammonterà la riserva destinata al Mezzogiorno andrebbero interpretate le 2400 pagine di allegati che compongono il Piano. Un discorso a parte riguarda quelle missioni che la loro natura non potranno necessariamente soddisfare la fatidica quota del 40%.

Ad esempio la digitalizzazione. In questo caso vi saranno compensazioni. L’importante sarà andare a dama. Entro il 2022 verrà erogato meno del 20% della spesa, nel successivo biennio si concentrerà un altro 46%.

«Considerando il valore massimo dell’intervento, 70,6 miliardi – si legge nel memoriale – la tempistica prevista implicherebbe la realizzazione da parte degli enti territoriali di un flusso di spesa legato al Pnrr di circa 16 miliardi l’anno nel biennio 2024-2025».

La mole di lavoro che tracimerà sugli uffici tecnici degli enti locali è inversamente proporzionale agli organici degli enti decentrati. Con riferimento al comparto Funzioni locali, senza dunque considerare la sanità regionale, gli occupati sono passati dai 579 mila del 2010 ai 445 mila del 2019, ultimo dato disponibile. Da qui l’allarme generale lanciato dall’Upb: i flussi finanziari «che dovranno essere intermediati» rischiano di travolgere gli uffici.

E ad essere penalizzato sarà il primo luogo il Mezzogiorno, svuotato negli anni di competenze e organici con un metodo che rasenta il cinismo. Abolito il turnover, i Comuni del Sud rischiano di perdere l’ultimo treno. Pensiamo ad esempio alla Missione 5, “Inclusione e coesione” che dovrà essere attivata soprattutto dalle regioni e dagli enti territoriali.

In queste condizioni la regola del 40% diventa difficile da seguire, «dovrebbe sottintendere una ricognizione dei fabbisogni e delle principali carenze territoriali attraverso l’utilizzo di elementi formativi microsettoriali» e integrarsi con «i criteri di attribuzione delle risorse delle varie linee di interventi, soprattutto se si vuole contemporaneamente ottenere un raggiungimento soddisfacente dei traguardi e degli obiettivi del Pnrr, seguire un profilo adeguato e strutturare gli interventi per soddisfare gli obiettivi trasversali di cui la riduzione del divario territoriale costituisce uno degli elementi più rilevanti».


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