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Le correnti, il gruppo Misto, i 5Stelle dissidenti, i grillini miracolati, i cani sciolti. Un esercito di potenziali franchi tiratori. Tutti uniti e tutti disallineati nel generale impazzimento collettivo che da due giorni accompagna il rito del voto sospeso. Fantasmi del palcoscenico, eletti che non saranno rieletti, grandi elettori che di grande hanno soprattutto la paura di perdere l’indennità e tornarsene a casa prima del previsto.

Il “giallo” del Quirinale forse è tutto qui, in questa strenuo tentativo di galleggiamento, in questo grumo di vantaggi personali che si condensano, che rendono più aspra la scalata naturale al Colle di Mario Draghi. L’unico che potrebbe mettere tutti d’accordo e lasciarli al loro posto se solo si trovasse il suo sostituto a Palazzo Chigi, l’uomo (o la donna, leggi Cartabia) in grado di cavalcare senza sella fino al termine del rodeo.

Arrabbiati e dissociati dai loro leader. Aggrappati all’ultima esibizione da onorevole. Messi insieme fanno almeno 400 voti, il vero partito di maggioranza. Saranno loro a decidere chi andrà in Quirinale per i prossimi 7 anni non i loro capi.

LA SCOMMESSA

«Vogliamo scommettere che stasera i voti per Mattarella aumenteranno? Il primo giorno erano 16, non mi meraviglierei se stasera fossero almeno 25. E tutti da schieramenti diversi, Misto, dem, Leu, etc, etc».

A Montecitorio, fra i grandi elettori in attesa della prima chiama, si lanciano profezie. «Ci siamo rotti le scatole di assistere a questo spettacolo indecente, ai vertici convocati alle 15 mentre noi votiamo. Il Paese vuole un presidente, fuori c’è la Pandemia, ci vuole rispetto per i cittadini, senso civico».

È la rivolta dei peones contro i leader? «No, è solo buon senso, responsabilità. amore per il proprio Paese… Pensi ai leader del passato e di riflesso alle truppe cammellate. Gli ordini di scuderia. Al sistema dei nomi e dei cognomi invertiti, ai trucchi per intercettare gli eventuali franchi tiratori. Oggi, al tempo del Parlamento disarticolato, non si usano più. Il risultato sarebbe scoraggiante, si rischierebbe l’ammutinamento».

E se Giuseppe Conte risponde ormai solo di se stesso, anche Enrico Letta è un pilota che siede al posto di guida di un’auto che non risponde più ai comandi.

«Insieme alla Meloni è l’unico dei leader che forse andrebbe a votare – confessa un deputato dem – vuole liberarsi dei renziani, quelli che sono rimasti nel partito ma sono sotto copertura. Che dipendono in tutto e per tutto da Matteo e di cui perciò non può fidarsi. Poi ci sono quelli di Andrea Orlando e Beppe Provenzano (che però è fuori dal Parlamento, ndr) e Franceschini, che essendo egli stesso un “candidato in sonno” gioca una sua personalissima partita».

IL SUDOKU DEL PRESIDENTE

Più che una partita un sudoku. Un presidente da incastonare in uno spazio ben preciso. Nel perimetro del Misto, ad esempio, più ampio del gruppo che fisicamente siede sugli scranni di Camera e Senato. Chi è stato eletto ma sa già che il suo partito non lo ricandiderà gioca per se stesso, non teme scomuniche, espulsioni, linciaggi mediatici, non risponde più a nessuno e neanche al web. Per assurdo quel sillogismo sgrammaticato dell’uno vale uno agitato all’inizio dai 5Stelle non è mai stato tanto praticato come ora. A settembre, tra l’altro, i parlamentari matureranno i diritti per la pensione. Venale solo a pensarlo? Forse, però si parla anche di questo.

«Non credo che ragazzi che oggi hanno 30 anni siano così interessati ad un vitalizio che arriverà chissà quando e che al massimo sarà di 1100 euro – ragiona pino Pisicchio, storico ex presidente del Misto – piuttosto penso all’indennità. Mi sento di dire – però – che né l’una né l’altra sono ragioni valide. È la prima volta che nella storia della Repubblica che siamo dinanzi ad un Parlamento di minoranze. In passato ci sono sempre state maggioranze, magari con i loro conflitti interni ma maggioranze. Ed è questo secondo me la chiave di tutto. Non dimentichiamoci che alle prossime elezioni ci sarà una riduzione del 36,5% di parlamentari. Se a questo aggiungiamo che il normale turnover è tra il 66 e il 67% capiremo perché per il 90% il prossimo Parlamento sarà formato da nuovi deputati e senatori. Per loro è l’ultimo miglio, il miglio della vita ma purtroppo vedo molta inconsapevolezza».

I passaggi da un gruppo a l’altro, il trasformismo diffuso ha complicato il lavoro dei leader. Una campagna acquisti e cessioni continua. Risultato la dilatazione del Misto: l’ultimo passaggio, proprio in extremis, poche ore prima del voto quirinalizio, il passaggio in Forza Italia dell’ex grillino De Bonis, (neopromosso nel Ufficio parlamentare di bilancio). Nomine ad orologeria, deputati e senatori che transitano con una disinvoltura da un campo all’altro. “Il gruppo Misto è una patologia – diagnostica Pisicchio – si ingrossa quando il Parlamento non funziona. È un po’ come il potere a fisarmonica del Capo dello Stato».

MANUALE CENCELLI INAPPLICABILE

Prendiamo uno come Massimiliano Cencelli, uno che di lottizzazioni ponderate se ne intende. Orientarsi in queste liste di fortunati e di cooptati, senza avere idea di dove siano i punti cardinali è un viaggio nell’incognito. Persino lui ora prova un senso di spaesamento. Dice: «Non penso che il mio manuale in questo casi si possa applicare, è tutto ancora in alto mare, una girandola di poltrone, nessuno può fare previsioni». Esperienza da vendere, saggezza infinita, dubbi sulla rinuncia di Berlusconi.

«Si dice che è stato obbligato dalla famiglia a ritirarsi ma è vero oppure è tutto un gioco e si vuole presentare?». Altri tempi quelli del suo celeberrimo vademecum, «oggi non esiste più la disciplina di partito, non c’è più dignità, non c’è niente purtroppo. Ma che garanzie vogliono i partiti – si chiede Cencelli – Almeno lo dicessero E poi, scusi: quali partiti? Non esistono più».


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