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IL bonifico con i primi 25 miliardi dell’acconto sul Pnrr è arrivato a Roma ad agosto. Ora sono attesi 24,1 miliardi come dotazione per il 2021 (11,5 miliardi sotto forma di contributo a fondo perduto e 12,6 miliardi di prestiti). Prima della nuova erogazione gli uffici di Bruxelles dovranno esaminare le schede arrivate da Roma con i risultati ottenuti l’anno scorso. Il percorso di autorizzazione concede alla Commissione due mesi per adottare la valutazione preliminare sul conseguimento dei 51 obiettivi assegnati all’Italia dal Pnrr. Toccherà poi al Comitato economico e finanziario esprimersi nel giro di un mese. La Commissione infine convocherà il collegio di esperti per l’ok definitivo. Vuol dire che la rata del 2021 arriverà probabilmente ad aprile.

Chiuso questo capitolo comincerà la sfida per il 2022 che si annuncia estremamente ambiziosa: le riforme da approvare sono 66 ( 23 con apposite le e 43 con atti normativi secondari). Complessivamente gli obiettivi sono 100 (45 nei primi sei mesi e 55 nella seconda parte dell’anno) da traguardare per assicurarsi la seconda rata (19 miliardi) e la terza (21 miliardi). In totale 40 miliardi per l’anno da cui si attende una forte spinta all’economia minacciata dall’esplosione dell’inflazione e caro-energia.

I traguardi non sono facili da raggiungere considerato che, entro il 30 giugno dovrà essere approvata la riforma della carriera degli insegnanti. Un cambiamento che per la scuola rappresenta un evento semplicemente rivoluzionario. Si andrà a scontrare con la resistenza dei sindacati che nella scuola (con l’appoggio del Pci prima e del Pd oggi) hanno sempre attuato una ringhiosa difesa degli interessi corporativi. Dovranno, fra l’altro, essere introdotte le note di merito per valutare il lavoro di maestri e professori. Significa introdurre principi di meritocrazia che nelle aule italiane non sono mai entrati. Non stupisce che i movimenti di protesta (a cominciare dalle manifestazioni studentesche per la nuova maturità e l’alternanza scuola lavoro) stiano già scaldando i muscoli in vista di una stagione che si annuncia molto calda.

Entro il 30 giugno dovrà essere approvata pure la delega sul codice degli appalti. Anche questo percorso si annuncia particolarmente impervio vista la delicatezza della materie e le diverse sensibilità in partita: nei partiti di maggioranza a cominciare da Lega e M5s, nei sindacati e anche nel mondo delle imprese considerando che molto spesso gli interessi delle imprese di minori dimensioni non coincidono con quelli delle multinazionali.

Entro il 31 dicembre andrà predisposto un sistema di formazione di qualità per le scuole (altro carico di proteste), una struttura di certificazione della parità di genere e meccanismi di incentivazione per le imprese. Prevista anche la legge annuale sulla concorrenza 2022 che rappresenta un altro scoglio difficile da superare. Basterà ricordare le resistenza che si stanno consolidando per fermare le assegnazioni per le licenze balneari. Più in generale va ricordata che la legge sulla concorrenza è stata introdotta dal governo Monti. È previsto che venga presentata una volta l’anno. Finora, però, è arrivata in votazione una sola volta con il governo Renzi nel 2015. Facile immaginare che prima di approvare il nuovo testo il Parlamento si trasformerà in una risaia del Vietnam. A contorno ci sono il completamento della riforma fiscale e della giustizia. Anche qui lo scontro si annuncia durissimo.

Due punti caldi: la revisione del catasto di cui Forza Italia e Lega non vogliono nemmeno sentir parlare considerandola l’anticamera della patrimoniale. Eppure si tratta di una richiesta molto pressante della Ue che vuole spostare il peso delle tasse dal reddito al patrimonio (e ai consumi)l La prima parte è stata completata con il taglio delle aliquote Irpef accolto dal consenso generale. Sul catasto invece si annuncia battaglia. Per evitarla Draghi ha annunciato una moratoria ma, come già accaduto con i balneari, non è esclusa l’accelerazione. Molto complesso anche il completamento della riforma della giustizia a partire dal Csm. Qui i partiti giocano a parametro invertito. Il centro-destra chiede una svolta garantista scontrandosi con il radicalismo grillino e di componenti del Pd.

Per Draghi si tratta di muoversi con grande prudenza. L’agguato in commissione sul contante e sulle bonifiche di Taranto confermano l’esistenza di trappole ad ogni passo. Eppure il camminino è ancora lungo. In totale da qui al 2026 i fondi del Pnrr sono suddivisi in 10 rate: per vedersi staccare tutti gli assegni l’Italia dovrà realizzare in tutto 520 obiettivi, un terzo dei quali (154) sono riforme, tra cui 59 leggi.


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