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Le otto Zes del Mezzogiorno

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Sono principalmente tre le leve che il decreto Sud, varato mercoledì dal Consiglio dei ministri, punta ad azionare per sostenere il rilancio e la competitività del Mezzogiorno e il riallineamento con il resto del Paese: Zona economica speciale allargata all’intero territorio meridionale; stretta sulla gestione dei fondi della politica di coesione, nazionale ed europea in modo da relegare nel passato quella fallimentare che inchioda la spesa della programmazione 2014-2020 al 34%; rafforzamento della capacità amministrativa degli enti locali del Sud con nuove assunzione e quindi nuove competenze.

ZES UNICA SUD OPERATIVA DAL 1° GENNAIO 2024

Dal primo gennaio 2024 l’intero Mezzogiorno sarà una Zona economica speciale, un allargamento mirato a sostenere lo sviluppo del tessuto produttivo e attrarre nuovi investimenti, nazionali ed esteri, in un’area che nel mondo capovolto generato dall’aggressione di Putin all’Ucraina assume una centralità sempre più strategica nel Mediterraneo allargato.

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La Zes unica estenderà quindi a tutto il territorio e ogni impresa le agevolazioni e i vantaggi di cui finora hanno usufruito le aree retroportuali dello otto Zes esistenti (in Abruzzo, Calabria, Campania, Basilicata, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna), a partire da un credito d’imposta nella misura massima consentita dalla Carta degli aiuti a finalità regionale 2022-2027 per l’acquisto di beni strumentali, in modo da spingere gli investimenti, mentre sono in corso le interlocuzioni con la Commissione europea per prorogare la decontribuzione Sud a sostegno dell’occupazione. Nel pacchetto rientrano semplificazioni amministrative, come l’autorizzazione unica per gli investimenti nella Zes da parte di soggetti pubblici e privati, la riduzione di un terzo dei tempi delle procedure, e l’estensione del sostegno alle infrastrutture, tutti finora esclusiva delle otto Zes.

La “rivoluzione”, che ha avuto un sostanziale via libera dalla Commissione europea – a luglio l’incontro a Bruxelles tra il ministro degli Affari Ue, Pnrr, Coesione e Sud, Raffaele Fitto, e la vicepresidente esecutiva della Commissione europea responsabile per la Concorrenza, Margrethe Vestager – passa attraverso un completo ripensamento della disciplina della Zes, a partire dalla governance: una struttura di missione, istituita presso la presidenza del Consiglio dei Ministri, prenderà il posto degli otto commissari ora in carica, con il compito, tra le altre cose, di rilasciare l’autorizzazione unica e predisporre, in accordo con le Regioni, ogni tre anni il Piano strategico della Zes unica con l’indicazione, regione per regione, degli investimenti e gli interventi considerati prioritari, i settori da promuovere, mettendo in campo quindi una sorta di mappa, con tanto di regia, dello sviluppo.

Vantaggi fiscali, opportunità e semplificazioni verranno “raccontate” – anche in lingua inglese – attraverso un portale ad hoc che funzionerà anche sportello unico per le attività produttive.

FONDI COESIONE, SI CAMBIA ROTTA

Il decreto intende poi segnare un netto cambio di passo nella gestione fallimentare – poche le eccezioni – delle risorse della politica di coesione, europee e nazionali, in un’ottica di complementarietà e coordinamento con quelle del Pnrr e del Fondo di sviluppo e coesione, che si assicura resterà ancorato al finanziamento dei progetti di sviluppo secondo la formula dell’80-20, l’80% alle regioni meridionali, il 20% in quelle del Centro Nord. Quello che cambia è innanzitutto il meccanismo che governa l’assegnazione dei fondi che, per usare le parole del ministro Fitto in conferenza stampa post Cdm, «non saranno più erogate staccando un assegno con una verifica successiva, come accadeva prima».

Diventa centrale l’Accordo di coesione, uno strumento di programmazione negoziale che coinvolge il governo – nello specifico il ministero guidato da Fitto e volta per volta quelli interessati – e i presidenti delle Regioni e delle Province autonome ai fini della definizione degli obiettivi di sviluppo e dei progetti attraverso cui perseguirli.

La regia passa Roma, si mettono nero su bianco i cronoprogrammi per la realizzazione degli interventi e e le clausole che faranno scattare il definaziamento dei progetti finiti, con le relative risorse, al palo. Si provvede anche al rafforzamento del monitoraggio sull’uso delle risorse attraverso il sistema Regis, il sistema informatico utilizzato per il Pnrr. E con il portale OpenCoesione si punta a garantire una maggiore trasparenza, offrendo anche ai cittadini così la possibilità di verificare lo stato dell’arte dei progetti.

Si interviene poi anche sui Contratti istituzionali di sviluppo, che potranno essere sottoscritti solo per interventi di almeno 200 milioni.

2.200 ASSUNZIONI NEGLI ENTI LOCALI MERIDIONALI

Il decreto investe poi sul recupero della capacità amministrativa delle amministrazioni locali del Mezzogiorno, con l’iniezione di forze nuove e nuove competenze in grado di affrontare la sfida della transizione green e digitale, oltre che quella dimostratasi quasi titanica di spendere la dote di risorse nazionali ed europee destinate al rilancio del territorio, accelerando la realizzazione dei progetti e l’avanzamento procedurale e finanziario degli interventi.

Via libera quindi, dal 2024, all’assunzione a tempo indeterminato di 2.200 persone, finanziato con 572 milioni di fondi Ue – 71 destinate a potenziare l’amministrazione, 250 per le Regioni e 1.879 per i Comuni.


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