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Il ministro per il Sud e il Pnrr Raffaele Fitto

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OPPORTUNITA’ da sviluppare, come le Zes, e criticità da sanare, entrambe guardano al Mezzogiorno, ma non solo: sono questi, in estrema sintesi, gli obiettivi che il governo intende perseguire con il decreto Sud varato i primi di settembre, su cui Raffaele Fitto, ministro per gli Affari europei, Sud, Pnrr e Coesione, torna a fare il punto in occasione dell’audizione di fronte alla Commissione Bilancio della Camera, rispondendo alle osservazioni e ai dubbi sollevati dal provvedimento. E le risposte di Fitto, alle forze politiche, come ai rappresentanti delle Regioni, diventano anche un monito e un invito: quello ad abbandonare la logica della territorialità e degli interessi locali – sul Pnrr, come sulle Zes e sui fondi di coesione – a vantaggio di una visione di sistema che aiuta il Sud e l’intero Paese. E a cui si accompagna la rassicurazione – ormai quasi un “mantra” – che «non ci sarà alcun definanziamento»: vale per il Pnrr, ma anche per gli interventi finanziati dalla coesione, a patto in questo caso che rispettino gli impegni che verranno assunti con gli accordi di coesione.

Al capitolo “opportunità” fa capo sicuramente la Zes unica per il Sud, che sostituisce le 8 esistenti, per cui il ministro Fitto garantisce i finanziamenti anche per il 2024, finora previsti fino al 2023. «Nella riorganizzazione delle politiche di intervento a cui stiamo lavorando – spiega – il finanziamento non sarà previsto solo per il 2024 e dovrà riguardare anche altri aspetti. Ne cito uno, la decontribuzione al Sud. In questo momento stiamo in una fase di confronto con la Commissione Ue che sta per decidere cosa fare sulla procedura relativa al ‘temporary framework». Se questo strumento sarà prorogato per il 2024 «avremo la possibilità di utilizzare lo stesso meccanismo legislativo concordato e notificato con la Commissione. Nel caso contrario abbiamo i prossimi mesi per contrattare una misura».

Intanto, sottolinea Fitto, il Sud diventa una delle più grandi Zes al mondo, polo di attrazione di investimenti stranieri e nazionali, “strumento” di sostegno del sistema delle Pmi. Mentre con le risorse della coesione e dell’Fsc, oltre che del Pnrr – che intanto, nell’ambito della proposta di revisione presentata a Bruxelles, vi investe un miliardo dei 15,9 destinati ai progetti definanziati nel piano (con l’impegno di un rifinanziamento), perché ad alto rischio di inammissibilità – consentiranno di mettere in campo un programma di interventi per superare i gap infrastrutturali. «Si creano le condizioni perché il Mezzogiorno possa giocare una partita di grande rilievo» nel Mediterraneo alla luce del nuovo scenario che si è andato delineando dopo l’aggressione russa all’Ucraina, «mettendo in campo strumenti come la semplificazione, l’autorizzazione, opportunità fiscali e la realizzazione di una quadro infrastrutturale con una visione d’insieme». «Una partita che l’Italia deve e vuole giocare, e avere un’area così vasta con questi strumenti è un’opportunità da cogliere».

In tempi di spending review, il ministro per il Sud Fitto poi sottolinea il taglio dei costi pari a un milione rispetto alle 8 Zes e assicura che il governo non ha alcuna intenzione di sostituire i commissari in carica: «Lo avremmo potuto fare un anno fa. Non stiamo di fronte a un ragionamento sulla nomina, ma sulla strategia». Rientra nel capitolo “criticità” da sanare invece l’operazione sulla politica di coesione messa a punto nel decreto, “imposta” dai risultati in termini di spesa che per la programmazione 2014-2020, ha più volte rilevato il ministro, è inchiodata al 34%. «Non c’è nessun definanziamento sulla coesione – puntualizza Fitto – Il ministero ha attivato un tavolo con ogni singola Regione per il monitoraggio dell’utilizzo delle risorse 2014-2020, la verifica dello stato di avanzamento dei progetti e la proposta per la programmazione successiva. E’ emersa in modo chiaro la necessità di invertire il meccanismo. Da qui con il decreto nasce l’accordo di coesione per cui definiamo con ogni Regione o amministrazione centrale gli interventi e facciamo in modo che quegli interventi diventino un impegno preciso, dando così soluzione alle maggiori criticità nell’utilizzo dei fondi, soprattutto la capacità di spesa e la frammentazione degli interventi». Non più un «assegno in bianco», quindi, cui trovare una destinazione, ma una proposta di interventi da parte delle amministrazioni, centrali o regionali che siano, e un’assunzione di responsabilità.

«Il rischio di definanziamento si presenta solo qualora vi è l’incapacità di rispettare il cronoprogramma, rispetto a tempi e utilizzo risorse, sottoscritto dalle Regioni con l’accordo di coesione», spiega il ministro. La Liguria è stata la prima Regione a mettere la firma su un accordo di coesione (il 22 settembre, ndr). Entro il 31 dicembre, secondo il ministro, verranno sottoscritti tutti gli altri. Il ministro torna poi sulla questione dei progetti definanziati nel Pnrr – per un valore di 15,9 miliardi, spostati in gran parte sul RepowerEu – escludendo anche il rischio di una compromissione della quota Sud, pari al 40%, sulle risorse Pnrr e della “formula” 80% al Mezzogiorno e 20% al Centro Nord applicata al Fondo sviluppo e coesione. «Non c’è nessun taglio, il verbo tagliare lo casserei con un emendamento», afferma. «Abbiamo fatto una proposta alla Commissione europea di rimodulare l’intero programma Pnrr e se fosse accettata il giorno prima si dovrà trovare la copertura del finanziamento».

«Nei prossimi giorni entreremo nel dettaglio della verifica di tutti questi interventi inseriti nel Pnrr» che sono inammissibili, ribadisce, facendo l’esempio dei progetti sulla viabilità dei Comuni, per un miliardo di euro, che sicuramente sarebbero bocciati perché il Pnrr esclude interventi sulla viabilità, o gli stadi di Venezia e Firenze su cui si è incagliata la terza rata. «Questo -aggiunge – vale anche nel campo del dissesto idrogeologico, dove ci sono interventi del 2010, del 2012, del 2014, del 2016 e che sono proposti come finanziamento all’interno del Pnrr. Quello che noi facciamo è di presentare una proposta alla Commissione europea per spostare questi interventi che hanno evidenti criticità e metterli su altri programmi». Una proposta che secondo il ministro «dovrebbe trovare il ringraziamento dei Comuni perché li stiamo mettendo in sicurezza», dice intervenendo al Festival delle Città. Nei prossimi giorni intanto l’Italia dovrebbe incassare i 18,5 miliardi della terza rata, ed entro il 31 dicembre i 16,5 della quarta. Entro la fine dell’anno, poi, è anche atteso il via libera alla proposta di modifica del Piano, che include anche il capitolo Repower. Ed entro la stessa data «dobbiamo raggiungere gli obiettivi della quinta rata, ci mancherebbe altro», afferma Fitto.


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