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Per cinquantamila lombardi è tornato il momento delle autocertificazioni. Da mercoledì sera e fino al 24 febbraio quattro Comuni sono stati infatti messi in zona rossa dalla Regione a causa di focolai di Sars-Covid-2 nelle sue varianti, rilanciando le ansie in via di sopimento grazie al via della campagna vaccinale, perché la Lombardia resta la parte d’Italia dove il coronavirus ha colpito più duramente e continua a farlo, in base ai dati secondo l’ultimo report Inail: secondo l’Istituto, Milano e la Lombardia continuano ad avere il numero di contagi sul lavoro più alto d’Italia.

CASI DI VARIANTI A MILANO

E intanto si diffondono anche nel cuore del capoluogo i primi casi di mutazioni del virus: l’azienda sanitaria territoriale ha confermato che in una scuola situata nel quartiere Barona sono stati trovati due casi, uno positivo alla inglese e uno alla sudafricana.

Così ricominciano a chiudere scuole e Comuni ancora prima della completa riapertura. Ora è toccato a Bollate, in provincia di Milano, Viggiù, nel varesotto, Mede, nel pavese e Castezzato, nel bresciano.

Un lockdown che tocca buona parte della Lombardia e che potrebbe essere anche più ampio, come ha spiegato il sindaco di Bollate, Francesco Vassallo.

«C’è la possibilità che il fenomeno sia più esteso, ma quanto esteso non è ancora dato saperlo» ha affermato in un video messaggio rivolto alla popolazione per spiegare le motivazioni del nuovo blocco.

E se non è ancora certa l’ampiezza della diffusione delle varianti è perché, di fatto, il tracciamento in Lombardia è saltato già inel corso dell’estate: secondo il primo cittadino bollatese, infatti, è impensabile uno screening su una città come la sua che conta 36mila abitanti, rendendo dunque pura fantascienza l’idea che si possano controllare dieci milioni di lombardi.

LE FASCE ROSSE

E con l’incubo del ritorno delle zone rosse tornano anche le polemiche su quanto successo in primavera, quando venne ritardata la chiusura di Comuni come Alzano Lombardo e Nembro in provincia di Bergamo nel rimpallo di responsabilità tra Stato e Regione.

Ecco perché proprio il governatore Fontana ha dovuto subito precisare che quella imposta dalla sua ordinanza non è una vera zona rossa, ma una fascia rossa: «Non sono zone rosse, che possono essere istituite solo dal ministro della Salute, ma una fascia rossa, misura consentita al presidente della Regione per rendere più stringenti le misure ha detto il governatore a Bergamo Tv – Queste fasce rosse sono state definite perché oltre a esserci l’evidenza di alcuni focolai, si è evidenziato che derivavano da varianti del virus, per lo più inglesi. Per il Ccomune di Viggiù addirittura si tratta di una variante della variante inglese, definita variante scozzese».

La differenza essenziale è che non ci saranno pattuglie in divisa a chiudere i confini comunali, sebbene le regole siano le stesse: tutto chiuso e, se ci si muove, ci si sposta con le autocertificazioni. Un provvedimento nato per non ripetere gli errori della primavera, quando la mancata serrata dei primi focolai rese poi inarrestabile il propagarsi della pandemia nella regione e nel resto d’Italia.

Questa volta le istituzioni lombarde sembrano decise a muoversi più velocemente, tanto che anche Milano ha inviato sei vigili a rinforzare l’apparato di sicurezza di Bollate: «Abbiamo subito risposto alla richiesta di Bollate, che si trova in emergenza, dando la disponibilità a fornire i nostri operatori – dichiara la vicesindaco Anna Scavuzzo – Bisogna lavorare insieme tenendo unite le istituzioni, solo così possiamo affrontare la lotta al virus».

L’ALLARME DI GALLI

Ma se le istituzioni cercano modi di collaborare anche grazie al nuovo clima imposto dal cambio di governo, la situazione non sembra tranquilla in Lombardia, tanto che Massimo Galli, infettivologo del Sacco di Milano, è stato smentito dalla sua stessa azienda. Nei giorni scorsi il medico, divenuto ancora più noto negli ultimi mesi come uno delle voci più autorevoli in tema Covid, si era lasciato andare a una dichiarazione preoccupante: «Ho il reparto pieno di varianti».

Con una nota, però, l’azienda ha smentito seccamente il professore dichiarando di avere numeri in linea con quelli nazionali e persino inferiori alla media regionale. Galli però non molla e replica su Twitter: «Al Sacco le varianti inglesi sarebbero 6 su 50 casi testati. Bizzarro, se è così sono tutti passati per il mio reparto! Dirigo un laboratorio di ricerca universitario che lavora sulle sequenze di SARS-CoV-2 da gennaio 2020 (allego tre pubblicazioni). Dei miei dati sono certo».

Ma il suo allarme ha causato altre reazioni, come quella dell’infettivologo ligure Matteo Bassetti: «Ho sentito che c’è un reparto a Milano pieno di varianti del Covid, quel reparto deve chiedere alla Regione Lombardia di fare immediatamente una zona non rossa, bordò, deve far chiudere le scuole e usare mascherine FFP2. Faccio parte della task force della Regione Liguria, se succedesse qui, andrei dal presidente della Regione, Toti, e gli chiederei di limitare la circolazione del virus».

Le tensioni in tema Covid tra medici famosi non avevano questi toni dall’estate, quando c’era chi parlava di virus clinicamente morto e chi avvertiva, per lo più inascoltato, della successiva ondata autunnale. Ora si riaccendono le micce, proprio mentre il virus non smette di mordere: secondo l’Inail a gennaio scorso Milano è stata la provincia con più contagi in Italia, seguita da Roma, Torino, Verona e Palermo. Numeri negativi anche alla voce “mortalità”, in cui l’unica zona a superare il capoluogo è quella di Bergamo.

RIMOSSO IL DG DELLA SANITÀ LOMBARDA

Nel frattempo ai piani alti della Regione si registra un siluramento eccellente: Marco Trivelli, direttore generale dell’assessorato al Welfare, guidato oggi da Letizia Moratti, sarà rimosso e destinato ad altro incarico. Quello alla guida della sanità lombarda è durato otto mesi. L’ennesima testa che salta dopo quella più pesante politicamente di Giulio Gallera e quelle dei vertici di Aria, la centrale acquisti della Regione.


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