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Un reparto di terapia intensiva

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La Calabria da lunedì prossimo torna zona arancione (LEGGI) e nessuno ci avrebbe scommesso un centesimo (512 nuovi casi e 7 morti nel bollettino di ieri): lo ha annunciato nel primo pomeriggio il presidente facente funzioni, Nino Spirlì, ovviamente via social, anticipando la decisione del ministro Roberto Speranza. Sembra, però, più una scelta dettata da motivi sociali in una terra che vive principalmente di pubblico e terziario, che da parametri sanitari. In questo campo la Calabria sembra una nave in balìa delle correnti, senza guida. Il problema è che la nave non è neanche il Titanic, ma la zattera di Cast Away.

LE BOCCIATURE

Il punto è molto semplice. La pandemia ha messo in mutande tutti i deficit strutturali della sanità calabrese. La cosa peggiore è che nessuno ha provato a metterci una pezza. Siamo l’unica regione d’Italia a non avere un piano anti-Covid. Quello che aveva redatto Cotticelli, sia pure a sua insaputa, è rimasto lettera morta. Quello proposto al tavolo interministeriale di controllo sul debito sanitario dal nuovo commissario Longo è stato bocciato perché mancava la rendicontazione di come sono stati spesi i fondi Covid inviati in Calabria. Senza uno schema con cui agire tutti si sono lasciati andare a un’apparente improvvisazione, a partire dallo stesso commissario Longo, inviato dal governo Conte II dopo un teatrino tragicomico e poi completamente lasciato al suo destino. Basti pensare che è di una manciata di giorni fa la nomina dei due sub-commissari, mentre nemmeno un’unità è stata assunta nella task force di 25 persone che dovevano svolgere assistenza tecnica al commissario.

IL DESERTO SANITARIO

Il risultato di questo andare a tentoni, con sullo sfondo il macigno di due miliardi e mezzo di buco finanziario, è che la sanità calabrese è sull’orlo del baratro. Il caso più clamoroso è la provincia di Cosenza. Qui l’hub regionale della città capoluogo, l’ospedale civile dell’Annunziata, è l’unico punto di riferimento sanitario. Sul territorio c’è il deserto con gli ospedali periferici che attendono una loro riconversione dal 2011 e il nuovo ospedale della Sibaritide, finanziato dal 2004, che al momento non ha nemmeno le fondamenta. Eppure l’Annunziata si sta smontando pezzo dopo pezzo. Si è passati in poco tempo da 78 posti letto destinati a pazienti Covid a 156. Posti ovviamente ricavati da altri reparti come Medicina generale. Le attività ambulatoriali sono state tutte sospese e davanti al Pronto soccorso ci sono le ambulanze in fila per avere un posto in corsia.

Molti pazienti Covid, però, a quell’agognato letto, non riescono neanche ad arrivare. Gli ultimi dati dell’Agenas dimostrano plasticamente che il valore della produzione del nosocomio è crollata perché tutti coloro che hanno patologie diverse dal virus, se possono, evitano l’Annunziata. Fra l’altro in questi giorni sta aumentando la preoccupazione che il virus possa essere penetrato nell’ospedale. Qualche giorno fa si sono dovute, infatti, sospendere le attività della terapia intensiva cardiologica per effettuare una sanificazione straordinaria. Il tutto mentre l’ospedale da campo dell’Esercito è stato convertito, non si sa per decisione di chi, in centro vaccinale.

I FURBETTI

Infine non si capisce perché nessuno pensi a coinvolgere nel circuito le strutture private accreditate dal servizio sanitario per recuperare altri posti letto. Nessuno, né la Regione, né il commissario rispondono a queste domande. Qualcuno sostiene che sia inutile individuare altri posti letto se mancano le attrezzature e soprattutto il personale. Ma anche qui non si capisce bene a che punto siamo in Calabria con la partita delle assunzioni. Il quadro finale, insomma, è di una confusione totale nella quale ovviamente sguazzano i furbetti. Da quelli che erodono, a suon di contenziosi e doppi pagamenti, le risorse sanitarie a quelli di più piccolo cabotaggio che saltano la fila per farsi il vaccino.

Su questo, ad esempio, la Calabria eccelle, con la voce “altro” nella tabella dei vaccinati che cresce costantemente e a ritmo sostenuto. Incredibilmente, in tutto questo disastro generale, la politica si occupa principalmente di questo aspetto con il solito Morra che ha chiesto l’invio in commissione antimafia degli elenchi dei vaccinati nemmeno fossero iscritti a qualche loggia deviata. È in questo clima che la regione torna a colorarsi di arancione, senza però aver risolto nessuna delle sue criticità. Il governo nazionale ha voluto reiterare il decreto Calabria come medicina a questi mali, ma gli effetti finora non si sono visti e forse sarebbe il momento che Roma prendesse definitivamente e seriamente in mano il dossier Calabria.


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