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Il ministro della Salute Roberto Speranza

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La poltrona di Roberto Speranza sembra traballare sempre più, ma per ora regge grazie a Mario Draghi. Mentre il ministro della Salute è sempre più bersaglio degli attacchi di Matteo Salvini, anche la Procura di Bergamo sembra sia sulle tracce di Speranza. Perché Maria Cristina Rota, procuratore aggiunto di Bergamo, alle telecamere Rai ha detto di non poter escludere prossime iscrizioni nel registro degli indagati di dirigenti del ministero. E sembra che lo stesso Speranza non possa dormire sonni tranquilli, perché dopo le indagini su Ranieri Guerra, direttore vicario dell’Oms che avrebbe fatto sparire il report, gli altri nomi importanti in ballo sono il suo e quello del suo capo di gabinetto Goffredo Zaccardi. Per ora, però, può contare sulla protezione del premier Draghi che lo ha blindato sulla poltrona ministeriale con un «ho voluto Speranza e ne ho molta stima».

L’INCHIESTA

Intanto Rota indaga da mesi e sbatte contro un «atteggiamento reticente» come lo ha definito lei stessa: «Spesso alle domande su chi avrebbe dovuto trasmettere anche solo un documento ci siamo sentiti dire “noi”. Noi chi? Il ministero. Ma il ministero chi? Quasi come se ci fosse il timore nell’indicare un nominativo». Ecco perché alla domanda se prevede altre iscrizioni nel registro degli indagati tra i vertici del ministero, Rota ha risposto: «Non posso escluderlo».

E quanto siano decisi i magistrati bergamaschi lo si capisce dalla decisione di indagare Ranieri Guerra per aver mentito alle loro domande. Lui si è dichiarato subito sorpreso e stupito, ma le chat rese pubbliche negli ultimi giorni dimostrano che avrebbe smosso mari e monti per far sparire il report di quelli che chiama «somarelli di Venezia», cioè i ricercatori che nel loro documento avevano descritto con cura come di fatto l’Italia non fosse per nulla pronta all’emergenza.

Come dimostrano le 31mila vittime lombarde, i magazzini non erano pieni di materiali, né tantomeno il sistema sanitario era organizzato per un’eventualità simile. Il piano, però, serviva proprio a quello, ad allenare il personale e ad avere scorte di camici, mascherine, respiratori, ecc. Invece nella rincorsa ai rifornimenti della primavera 2020 è finito incastrato anche Fontana con la ditta di famiglia proprio per un affare di camici.

Come garante di quel documento c’era proprio Guerra, fino al 2017, perché prima di approdare all’Oms era un dirigente del ministero della Sanità con molte responsabilità, tra cui quella del piano pandemico. Ma dell’operazione per nascondere il report e i suoi risultati pare proprio che Speranza fosse edotto, passaggio per passaggio. Perché, secondo le chat rese pubbliche, Ranieri Guerra e Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di Sanità, concordavano il da farsi proprio con Goffredo Zaccardi, capo di gabinetto di Speranza.

IL CASO ALZANO E NEMBRO

In ballo ci sarebbero stati rapporti molto importanti in vista del G20, dunque tutta la vicenda andava chiusa il prima possibile. Per non intaccare la fitta rete di relazioni intessuta da Ranieri Guerra, secondo Rota, l’organizzazione avrebbe anche chiesto al governo italiano di tenere sott’occhio l’operato degli investigatori.

Ma lo scopo del team guidato da Rota è quello di chiarire due questioni essenziali per la storia della pandemia in Italia: una è se il piano pandemico nazionale sia mai stato aggiornato e applicato dal 2006 in poi, l’altra è capire se Alzano e Nembro dovevano essere chiuse prima con una zona rossa e, nel caso, chi non l’ha fatto. L’inchiesta era partita proprio da quest’ultimo punto, poi si è allargata al piano pandemico.

Perché i due Comuni della Bergamasca sono stati tra i primi in Italia a sviluppare focolai e dalla seconda metà di febbraio anche il Comitato tecnico scientifico ne chiedeva l’isolamento con una zona rossa. Ma la discussione su chi avrebbe dovuto intervenire per istituirla è ancora aperta. E forse solo le indagini di Rota potranno chiarirlo: al momento è certo che Regione poteva istituire qualcosa di molto simile a una zona rossa, cioè le fasce rosse. Di fatto sempre territori dove si è costretti a uscire solo per estrema necessità e tutte le attività sono chiuse, a meno che non siano essenziali come l supermercati.

I 4 COMUNI IN LOCKDOWN

Diversi Comuni lombardi nelle ultime settimane sono stati infatti inseriti in questa “fascia” dall’Amministrazione Fontana, perché le varianti del virus rischiavano di mandare del tutto fuori controllo la situazione. Così quattro Comuni nelle province di Milano, Varese e Bergamo sono tornati a sperimentare proprio la stessa vita da lockdown. E su quei territori sono state avviate delle vaccinazioni di massa per limitare gli effetti del contagio.

Sembra dunque plausibile che l’ex assessore al Welfare, Giulio Gallera, avrebbe potuto almeno iniziare con una fascia in attesa che in seguito il governo ci mettesse una pezza definitiva. Perché se i poteri per farlo ci sono ora, erano disponibili anche in primavera. L’ultima parola sul tema, però, a questo punto spetta ai magistrati.


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