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I vaccini Johnson & Johnson

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Johnson & Johnson fa rima con AstraZeneca. Non si tratta di una questione fonetica, bensì di raccomandazioni d’uso. Lo attesta il comunicato di Aifa diffuso ieri, nel quale si legge che per il vaccino Janssen, «si raccomandano le stesse condizioni di utilizzo del vaccino Vaxzevria» di AstraZeneca. Pertanto, pur essendo il vaccino monodose approvato a partire dai 18 anni di età, «dovrà essere preferibilmente somministrato a persone di età superiore ai 60 anni».

È quanto scrive il ministero della Salute in una circolare inviata ad enti e Regioni ieri, nel giorno in cui è iniziata la distribuzione delle 184mila dosi di vaccino J&J che erano rimaste ferme per oltre una settimana nel sito di stoccaggio della Difesa nell’aeroporto di Pratica di Mare.

Il via libera è stato disposto dal commissario per l’emergenza, Francesco Paolo Figliuolo, a seguito della comunicazione dell’Aifa e dopo che le dosi sono state confezionate da parte dei farmacisti del ministero della Salute insieme al personale militare inquadrato nell’operazione “Eos”.

Le dosi sono state consegnate in serata alle strutture designate dalle Regioni, per poi essere smistate ai punti di somministrazione.

Non solo J&J. La struttura commissariale per l’emergenza ha comunicato che sempre ieri è iniziata «la consegna alle Regioni di oltre 1,5milioni di dosi di vaccino Pfizer» arrivate in mattinata presso gli aeroporti di Ancona, Bergamo Orio al Serio, Brescia Montichiari, Bologna, Malpensa, Napoli, Pisa, Roma Ciampino e Venezia.

Il vaccino Pfizer, come quello Moderna, utilizza la tecnologia a mRna, che sembrerebbe offrire maggiori garanzie per quanto riguarda gli eventi avversi. Lo ha detto Nicola Magrini, direttore generale di Aifa, ai microfoni di “Radio24”.

«Questo campanello di allarme così raro non si è mostrato per i due vaccini (Pfizer e Moderna, ndr) a mRna, di qui una maggiore, complessiva e totale sicurezza». Magrini ha parlato anche di altri vaccini che dovrebbero o potrebbero essere disponibili in futuro. Ha detto che CureVac, altro vaccino a mRna, si prevede venga registrato e valutato dall’Ema entro la fine di maggio.

Più complessa la situazione dello Sputnik V. «Io sono felice che ci sia un vaccino in più da valutare, Sputnik ha in corso la cosiddetta rolling review», ha detto Magrini, il quale ha aggiunto che «è stata posposta su loro richiesta la valutazione della qualità manufatturiera per fine maggio, primi di giugno».

Quella sul vaccino russo da parte dell’Europa, ha concluso, «è una valutazione che è solo all’inizio», dunque «è verosimile che in giugno il dossier sia completo e sia valutabile da parte dell’Ema».

Eppure, laddove lo Sputnik V è ampiamente disponibile si registra un diffuso scetticismo nei confronti delle vaccinazioni anti-Covid. È il caso di due Paesi molto diversi tra loro per dimensioni: Russia e San Marino. Parlando nel suo annuale discorso all’Assemblea federale, il presidente Vladimir Putin ha spiegato che il suo Paese raggiungerà l’immunità di gregge entro l’autunno, serve tuttavia una maggiore adesione dei cittadini alla campagna vaccinale: perciò ha fatto appello ai russi a sottoporsi all’iniezione.

A San Marino, Paese apripista su Sputnik V, dove martedì si è registrato il primo giorno senza nuovi positivi al Covid, un terzo della popolazione non prenota. Lo ha annunciato l’Istituto di sicurezza sociale sanmarinese. «Il paradosso è questo: abbiamo il vaccino ma non abbiamo l’adesione», ha detto la direttrice generale Alessandra Bruschi, sottolineando che i più refrattari sono coloro i quali si trovano nella fascia d’età 20-45 anni.

La Bruschi rileva «i telefoni bollenti di persone dall’Italia e da tutta Europa che ci chiedono il vaccino». Di qui la sua chiosa: «È un peccato».

Le considerazioni delle autorità di San Marino suonano in effetti come una beffa. Proprio ieri il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, si è detto «molto preoccupato» perché Paesi poveri «non hanno ancora ricevuto nemmeno una dose» di vaccino contro il Covid.


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