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Il governatore lombardo Attilio Fontana

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Arresti, interrogazioni parlamentari e siluramenti. La Lombardia sembra avere un problema con la classe dirigente sanitaria, soprattutto dalle parti di Pavia. Il Sars-Cov-2 sembra aver aggravato una situazione già compromessa dagli scandali e processi che avevano portato alla fine dell’era Formigoni: in un anno si sono visti manager del comparto sanitario finire contestati, indagati o arrestati.

L’ultimo nome finito nel calderone è quello di Angelo Cordone, nominato direttore generale del Besta: il senatore del Partito democratico Franco Mirabelli ha presentato un’interrogazione al ministro Speranza per chiedere chiarimenti. “Come mi ero impegnato a fare, ho presentato un’interrogazione al Ministro della Salute in merito alla nomina di Angelo Cordone a Direttore generale del Besta, deliberata all’unanimità, il 16 aprile scorso dal Consiglio di amministrazione dell’Istituto – ha annunciato Mirabelli – Angelo Cordone, già direttore sanitario dell’IRCCS dal 26 gennaio 2019 al 31 dicembre 2018, nel gennaio 2021, è stato rinviato a giudizio nell’ambito del processo sui presunti bilanci truccati della fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, di cui è stato direttore generale dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2015. Secondo l’accusa, nei bilanci dal 2009 al 2012 non sono state registrate perdite per un totale di 31,6 milioni di euro. Tali accuse, tuttavia, sono state archiviate per prescrizione, mentre sono rimaste quelle relative agli anni successivi. A inizio del 2019, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia ha respinto la proposta di archiviazione da parte del pubblico ministero, per un’ipotesi di falso in atto pubblico”.

E sul caso Cordone si sono scatenati anche altri rappresentanti dell’opposizione all’Amministrazione lombarda: “La giunta di Attilio Fontana non perde occasione per far parlare di sé a causa di scelte inopportune – ha attaccato il deputato M5S ed ex consigliere regionale Stefano Buffagni – L’ultima in ordine di tempo è la nomina di Angelo Cordone a direttore generale del prestigioso Istituto Neurologico Besta di Milano. Cordone sarebbe stato rinviato a giudizio nell’ambito dell’indagine per i presunti bilanci truccati dell’Ospedale San Matteo di Pavia. Al di là della vicenda giudiziaria che spetterà ai magistrati chiarire, è davvero possibile che non esistessero altre figure adatte a quel ruolo? Fontana non pensa che a volte si debba considerare alcune situazioni e agire di conseguenza soprattutto per garantire fiducia nei cittadini?”.

Ma il caso Cordone è solo l’ultimo in ordine di tempo, perché già altri dirigenti del settore sanitario lombardo sono finiti nei guai: Filippo Bongiovanni, ex direttore generale di Aria spa, è finito indagato per il caso dei camici che l’azienda di famiglia di Attilio Fontana avrebbe cercato di vendere a Regione Lombardia. Un ordine poi trasformato in donazione, ma che non ha risparmiato il manager dall’essere iscritto nel registro degli indagati con lo stesso Fontana.

Il presidente lombardo per altro è indagato sia per la questione camici che per un presunto autoriciclaggio per un conto milionario in Svizzera a lui intestato. Sul caso però Fontana ha espresso serenità: “Se non sono turbato io, mi auguro che i miei cittadini siano ancora meno turbati di me. Io sono assolutamente sereno e tranquillo, non devo far altro che aspettare che i giudici assumano i loro provvedimenti”.

Ma ancora prima di Cordone c’è stato un altro caso legato a Pavia: Michele Brait, direttore dell’azienda socio sanitaria territoriale di zona, è stato arrestato con l’accusa di aver truccato gli appalti per il servizio ambulanze. Brait, sospeso dal suo ruolo di direttore generale dell’Asst Pavia, era finito in manette insieme al funzionario dell’azienda Davide Rigozzi e ad Antonio e Francesco Calderone, gli amministratori di fatto della coop First Aid che si era aggiudicata l’appalto da quasi due milioni di euro su cui verte l’indagine per turbativa d’asta. L’ennesimo brutto colpo per la classe dirigente sanitaria lombarda. Anche se Brait si sta difendendo come un leone parlando del suo arresto come “un atto di violenza giudiziaria tanto infondato quanto irragionevole”.

E prima di entrare nell’era delle vaccinazioni, la cronaca aveva registrato un altro caso sempre a Pavia: i vertici del San Matteo erano finiti indagati per turbata libertà del procedimento di scelta del contraente e peculato per una vicenda legata ai test sierologici. Sul tema ci sono due inchieste degli investigatori di Pavia e Milano: l’ipotesi della Procura è che “tutti i risultati delle attività di ricerca e sperimentazione effettuate dalla Fondazione Irccs San Matteo di Pavia” siano stati “trasferiti” all’azienda piemontese, “favorendola” a discapito di altre potenziali concorrenti nel settore dei test sierologici per la diagnosi di infezione da Covid-19.

Alcune inchieste giornalistiche avevano messo nel mirino in particolare il responsabile del laboratorio di virologia molecolare Fausto Baldanti perché era anche in organismo di lavoro messo in piedi dalla Regione Lombardia, incaricati di studiare la qualità dei test di tutte le aziende. Un ente da cui poi Baldanti si è dimesso, ma le indagini non sono finite anche se nel frattempo il Consiglio di Stato ha riconosciuto come valido l’accordo tra Diasorin e San Matteo. Non si tratta della “concessione di bene pubblico”, né sussiste “un problema di concorrenza “perché, a differenza del contratto di appalto e della concessione, strutturalmente non vi è una limitazione nella scelta dell’amministrazione ad un solo partner” essendo la ricerca “aperta”.

Pavia sembra dunque al centro della nuova crisi del sistema dirigenziale della sanità lombarda che negli anni ha vissuto già altre crisi, come quando i manager del San Raffale si sparavano in testa dopo il crac dell’ospedale. Poi però la sanità regionale sembrava essersi ripresa, almeno fino alla crisi pandemica dovuta al Covid che l’ha fatta a pezzi.


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