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La nave oceanografica della Stazione Zoologica Dohrn

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La nave più innovativa e moderna finora concepita per le attività di ricerca in mare, accende tre fari: sulla ricerca oceanografica italiana, sul potenziale sviluppo occupazionale della “blue economy”, specie al Sud e sull’avanguardia della cantieristica campana e nazionale che va incentivata.

Roberto Danovaro, presidente della Stazione Zoologica Dohrn, spiega così i segnali che la nuova nave oceanografica “Dohrn” della Stazione Zoologica Anton Dohrn (Szn) – Istituto di Biologia Ecologia e Biotecnologie Marine di Napoli porta con sé.

La costruzione della nuova infrastruttura di ricerca è stata avviata da pochi mesi presso i Cantieri Navali Cilentani, la messa a mare è prevista entro la fine del 2022. La nave oceanografica, gioiello di tecnologia di ricerca e di cantieristica all’avanguardia, tuttavia, non è soltanto la testimonianza concreta di un passo in avanti significativo per la Stazione Zoologica Anton Dohrn e per la ricerca oceanografica italiana, ma contribuisce a dare tre segnali importanti.

Il primo riguarda un cambio di scenario, dove gli Enti di Ricerca, come la SZN, anche grazie al potenziamento delle proprie infrastrutture di ricerca, possono sia giocare la loro parte “per aiutare il Governo a raggiungere  gli obiettivi  nell’attuazione degli accordi internazionali, su temi come l’accordo di Parigi sul Climate Change”, sia valorizzare le proprie competenze su temi come la Transizione energetica, la  mobilità sostenibile, o la salvaguardia del patrimonio naturalistico e ambientale che impattano sull’economia, sull’ambiente e sulla società. 

Il secondo segnale è legato all’attenzione che la ricerca oceanografica riaccende sulla cosiddetta “blue economy”, l’economia del mare, “le cui prospettive di crescita sono largamente a favore del Mezzogiorno, come dicono tutte le statistiche e i report internazionali, a vantaggio dell’occupazione”.

Roberto Danovaro, presidente della Stazione Zoologica Dohrn, aggiunge infine il terzo segnale importante: “La nave oceanografica uscirà dai cantieri l’anno prossimo. Ma era importante dare un segnale prima. La cantieristica italiana – spiega il Presidente – è all’avanguardia, sia a livello campano che a livello nazionale, con la Fincantieri. Ma c’è ancora una forte resistenza all’impiego di motori di ultima generazione, come quelli che abbiamo scelto noi per la nave. Prima cogliamo l’elemento della cantieristica sostenibile, prima ma manteniamo la leadership in Italia”. La nave Dohrn, “può essere un esempio per il nostro settore cantieristico”.

IL RUOLO DEGLI ENTI DI RICERCA

Come ha detto il Presidente del Consiglio Draghi, ricorda Roberto Danovaro, “abbiamo bisogno di fare presto e   fare bene. Gli Enti di Ricerca devono fare la loro parte, sono uno strumento indispensabile per il Governo per l’attuazione nel modo migliore e nei tempi più rapidi dei propri programmi. Un importantissimo crocevia della crescita sostenibile passa dal mare, pensiamo soltanto ai Ministeri delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, della Transizione Ecologica, all’Agricoltura e Pesca. Le infrastrutture che solo gli Enti di ricerca possono avere sono indispensabili per attuare le ricerche di interesse strategico nazionale. E le infrastrutture sono   ad esempio le navi da ricerca. In Italia non abbiamo le 7 navi della Francia, le sei navi della Germania, neanche le 3 grandi navi della ricerca della Spagna e neanche le due grandi navi della Grecia. Siamo il fanalino di coda della ricerca sul mare nel G7, pur avendo il capitale umano forse fra i migliori in assoluto del mondo”.

La nave oceanografica è quindi il primo segnale di volontà per cambiare gli strumenti che determinano le regole del gioco. Anche nel Pnrr, riferisce Danovaro, “nelle ultime fasi c’è stata l’approvazione per circa mezzo miliardo di euro per strumenti per la protezione, il restauro dell’ambiente marino e il potenziamento delle navi oceanografiche italiane”. Una cifra importante, spiega, “perché fa tre cose strategiche: raggiungere gli obiettivi di protezione, restaurare, nel senso anche riparare i danni che l’uomo ha provocato con lo sviluppo privo di sostenibilità negli ultimi 70 anni. Non basta ora adottare uno sviluppo sostenibile, bisogna riparare il danno e questo è il senso del Pnrr che punta al ripristino e al restauro ambientale”. Gli strumenti per il restauro ambientale “richiedono attività di ricerca e lo sviluppo di protocolli e metodologie come accade nelle Belle Arti. L’Italia è stata leader per 4-5 anni del restauro marino”. 

La ricerca può essere uno strumento anche per indicare come e dove fare la transizione energetica. “Per superare le energie da idrocarburi e carbon fossile abbiamo bisogno di sviluppare energie rinnovabili. Lo sviluppo più promettente in assoluto per queste energie è ancora una volta nel mare”. Tre esempi lo testimoniano – aggiunge Danovaro. Il primo, è quello relativo all’energia da moto ondoso. Il secondo sono i grandi campi eolici a mare. Sulla terra i parchi eolici alterano il paesaggio e determinano effetti che le popolazioni non vogliono, ma in mare aperto non solo sono uno strumento più efficace ma addirittura al loro interno possono delimitare delle aree marine protette, e quindi si raggiungono gli obiettivi dell’Agenda 2030 di protezione ambientale. Il terzo è l’integrazione con il solare galleggiante a mare, che fa anche un effetto di protezione, provocando un effetto ombra molto apprezzato da una varietà straordinaria di pesci e di animali e non sottrae terreni all’agricoltura”. Questi sono “soltanto alcuni esempi di come la ricerca possa consentire di realizzare innovazioni solo grazie alle navi oceanografiche.


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