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Sergio Mattarella

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Il Presidente Sergio Mattarella sarà domenica a Wembley per la finale di Euro2020 fra l’Inghilterra e l’Italia. Non è la caccia al like, al cuoricino, al consenso che fa salire dello zero virgola l’instant poll: non è questo nello stile del Presidente, cose simili le lascia a qualche politico di pronto intervento su Facebook, Twitter o altre diavolerie imbonitrici del tempo degli imbonitori.

È un gesto da Mattarella. È il Presidente che salì i gradini dell’Altare della Patria in solitudine e con la mascherina e che andò a Codogno perché lì tutto era cominciato quando una dottoressa di quelle (e quelli) che non andavano in tv a dirci il diavolo e l’acqua santa a giorni alterni e terrore continuo, aveva sequenziato il virus e il paziente uno, cambiando la quotidianità (e la psicologia) di noi tutti.

È, probabilmente, un gesto che è nel dna del Presidente, uno di noi per come lo vedono gli italiani, il primo di noi che durante il lockdown non andava nemmeno lui dal barbiere, obbediente alle leggi vigenti, e se aveva un ciuffo fuori posto per il discorso di Capodanno pazienza: l’importante era che avesse a posto il senso dello Stato che è il contrario dello stato dei sensi che invece perseguono, inseguendo più la pancia che la ragione, gli influencer che stanno dentro i leader o presunti tali.

Non è tanto la storiella del “primo tifoso” che ci piace nel caso in questione: lo abbiamo già sperimentato quello, e se ne ricordano i benefici effetti: il Presidente Pertini che si alza in piedi a Madrid e scandisce “non ci prendono più” (e non ci presero), il Presidente Napolitano in una notte di cielo azzurro sopra Berlino, tanto per dire.

Né è quella del “presidente sportivo” che Mattarella è, con l’attenzione che ha sempre mostrato verso quel mondo che certi schizzinosi di vecchia cultura ritengono “muscolare” e che invece risulta essere uno gioielli del “made in Italy”.

Non saremo un Paese di sportivi praticanti, anche perché per divenirlo bisognerebbe recuperare alla causa, che è anche della pubblica sanità attuale e futura, la scuola d’ogni ordine e grado e l’impiantistica; siamo però il Paese che è sempre nelle prime posizioni, alla conta delle medaglie e delle prestazioni, il che quasi mai capita nelle classifiche che considerano altri indicatori.

Mattarella a Wembley è piuttosto, date le circostanze che stiamo vivendo, una presenza che ha altri risvolti attuali: l’Italia messa su da Mancini ha vinto fin qui sul campo e in simpatia perché ha incarnato il “sentiment” che ci frigge dentro. Che è la ripartenza, più che la resilienza, parola quest’ultima di recente riscoperta. L’Italia di questi ragazzi nuovi, che quasi ci dispiace non possano giocare tutti ma solo in undici, o sedici facendo i cambi (più uno, ma ai supplementari, non prima, ditelo a Fonseca…) sembra averci dato il calcio d’inizio anch’essa, quando il fischio d’avvio venne dato proprio dall’arbitro Mattarella, come si suol dire, e il pallone toccò a Mario Draghi, dopo un primo tempo da dimenticare ma indimenticabile.

E poi, a questa considerazione simbolica tra “fratelli d’Italia”, se ne aggiunge un’altra: quel che gli azzurri di Mancini vanno a giocarsi essendosene guadagnato il diritto un passo per volta, è il titolo europeo. Noi, l’Italia, rappresentiamo il Vecchio Continente tutto contro gli inglesi che si sono appena ritirati oltre il Canale, inseguendo il miraggio dell’impero che non c’è più. Siamo, in fondo, quel che potremmo diventare anche altrove, la “locomotiva d’Europa”, almeno in un campo di pallone. Di quella Europa della quale il Presidente Mattarella è sostenitore e garante, oltre la quale c’è il nulla.

Vada come vada, ha una sua importanza speciale andare a giocarcela in casa degli inglesi post-Brexit. Invocheranno a piena voce che “Dio salvi la Regina” e penseranno a un qualche Dio del pallone. Ma gli azzurri saranno lì a cantarsi “Fratelli d’Italia” ed a cantare che “l’Italia s’è desta”. Poi, sarà quel che sarà: il Presidente Mattarella, uno di noi, non poteva mancare.

Vorremmo essere in tanti, forse tutti: saremmo solo mille partiti pro quota dall’Italia (più i di più che già sono a Londra): anche Giuseppe Garibaldi, un’altra volta, partì con 999 e furono i Mille. Qui non si fa l’Italia o si muore, però quasi. Anche perché i ragazzi di Mancini l’Italia l’hanno già fatta nei cuori appassionati. E Mattarella anche in quelli dei meno tifosi.


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