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Cannoni sparaneve

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LA mancanza di acqua getta un’ombra sulle Olimpiadi invernali 2026. Perché la manifestazione sportiva che dovrebbe svolgersi tra Milano e Cortina tra quattro anni oggi come oggi si mostra sotto un’altra luce. La gravissima crisi idrica e la tragedia della Marmolada hanno messo in chiaro che le Alpi non sono più la riserva infinita di neve così come siamo abituati a pensarla. Né il rischio di valanghe e crolli è tutto addossabile solo a qualche scapestrato che fa i fuoripista.

Ma ancora più serio per una manifestazione che dovrebbe essere l’occasione di rilancio per tutto il Nord Italia e dunque trainare anche il resto della nazione: il tema sembra ancora un aspetto marginale. Quando si parla di risparmio idrico dalla Fondazione Milano Cortina 2026 fanno notare che già “in fase di candidatura, Milano Cortina 2026 si è impegnata a elaborare l’inventario dei consumi idrici (secondo lo standard ISO 14046), cosa che stiamo realizzando già fin dalla fase progettuale di ciascun impianto. Seguendo le indicazioni del CIO, saranno anche i primi Giochi Olimpici Invernali a definire un piano di contenimento dei consumi stessi”.

E allo stesso tempo aggiungono che stanno “lavorando con il Comitato Olimpico per individuare le migliori pratiche e con gli operatori del settore (soprattutto riguardo agli impianti di innevamento programmato) per conoscere quali innovazioni tecnologiche finalizzate al risparmio idrico possano essere adottate. Quando il quadro sarà completo, lo comunicheremo pubblicamente”.

E già perché il tema neve vuol dire neve artificiale. Ed è bello complesso: alcune stime hanno calcolato che la metà degli impianti sciistici della Alpi va a neve artificiale. Non siamo ai livelli degli Stati Uniti dove la percentuale tocca il 90 per cento, ma già sono numeri alti per uno strumento che non si è capito se sia dannoso o no per l’ambiente: secondo chi possiede gli impianti no, anzi aiuta a conservare riserve d’acqua anche fuori stagione.

Secondo Legambiente distrugge la natura e la inquina. L’unico punto su cui convergono i due punti di vista è che si tratta di un materiale tre o quattro volte più pesante di quella naturale e che tende a ghiacciare più rapidamente. Questo secondo gli imprenditori conserva l’acqua, secondo gli ambientalisti soffoca il terreno. Prima però di sparare qualche tonnellata di neve artificiale sarebbe il caso di dire parole definitive su questo, invece per ora sul sito della Fondazione si parla di concorsi per disegnare il logo.

Ma ancora più serio sul tema neve: se ne parla in tema di quale cannone consuma meno acqua, ma non da dove e come prenderla quest’acqua. Perché se si parla di infrastrutture in merito alle Olimpiadi, si parla di ponti, strade, piste ciclabili, cioè una marea di cemento e bitume che probabilmente sarà costruito di fretta perché già adesso siamo in ritardo su molti fronti. Invece nessun o pare essersi posto il tema delle infrastrutture come coltivazioni a goccia, sistemi di trasporto sostenibili (non distese di piste ciclabili in bitume), o qualche infrastruttura che resti sul territorio migliorandolo. Nelle alpi ci sarà sempre meno neve, ma si spederanno milioni e milioni di soldi pubblici per impianti che per funzionare dovranno prosciugare le risorse idriche delle comunità o le costringeranno a stare al buio qualche ora al giorno.

Lo scenario si è già visto con la secca del Grande Fiume del nord. Le regioni delle montagne hanno rifiutato di dare la propria acqua a quelle a valle. Un esempio di egoismo regionale forse, un lezione sul futuro sicuramente. La questione idrica non è affatto secondaria nemmeno per Milano che punta ad avere un palazzo del ghiaccio da 16mila posti e non riesce ad aprire le metropolitane perché il bilancio comunale è bloccato dai faraonici progetti non a misura della città. Forse però il piano è quello: continuare a spararle sempre più grosse come sotto Expo 2015 quando l’esposizione fu aperta senza essere finita, ma tutti lo negavano nonostante gli operai al lavoro. Solo che aprire una mega ristorante un po’ alla volta è un conto, pensare di rincorrere con il cannone sparaneve gli sciatori mentre gareggiano è un tantino diverso.

Senza dubbio dunque su un tema come questo la manifestazione è in ritardo come organizzazione e come livello di pensiero. Ma un altro elemento da tenere presente è la sicurezza delle piste. Perché dalla Fondazione fanno sapere che essenzialmente è tutto in mano ai Comuni e alle Province: “I Giochi si svolgeranno utilizzando impianti di grande tradizione e notorietà, tutti dotati di adeguati sistemi di rilevamento – spiegano – la sicurezza di tali impianti sia un elemento imprescindibile dell’offerta ai turisti e agli sportivi, ben prima e indipendentemente dallo svolgimento delle Olimpiadi e Paralimpiadi.

In ogni caso, i controlli debbono seguire le prescrizioni della normativa vigente, a seguito della quale l’apposita Commissione provinciale concede al Sindaco di ciascuna località l’agibilità della pista e delle competizioni, comprese quelle in programma per Milano Cortina 2026”. Questi enti sono gli stessi enti che continuano a dire di non avere le risorse per nulla. Dai compiti ordinari, al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Sembra che ci sia da incrociare le dita dunque. Anche perché la siccità ha dimostrato che il governo può stanziare quanti miliardi vuole, ma ancora non può ordinare al cielo di piovere. Figuriamoci di nevicare.


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