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Luca Zaia

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“Non toccate il Tg regionale di mezzanotte”. E soprattutto non fate innervosire i governatori, lasciate che a decidere sui programmi locali siano loro. Vogliono avere voce in capitolo, non gli sta bene che senza essere consultati qualcuno abbia deciso che quei pochi minuti di informazione, spessissimo riciclata dalla precedente edizione, venga cancellata. Un colpo di spugna e via. Hanno portato la loro protesta alla Commissione di Vigilanza, sono andati dai capi dei loro partiti. Gridano alla censura, chiedono la testa dei vertici di Viale Mazzini.

Protestano loro. E lo fanno a nome dei giornalisti che per molto meno querelano, e che pure hanno tutto il diritto di protestare e in caso di scioperare se ritengono che i tagli annunciati dall’Ad della Rai, Carlo Fuortes riducano l’offerta informativa del servizio pubblico. Ma se a dirlo sono i governatori delle regioni che si sentono usurpati di un “loro spazio”, se vogliono mettere bocca sui palinsesti, invocando una improbabile “autonomia”, vuol dire che forse qualcosa non va.

Quel coro a più voci, ispirato al momento giusto, stona. Perché un conto è dire: sciopero. E metterlo in atto, come annunciato dall’ Usigrai per il prossimo 29 dicembre, giorno in cui i cronisti del servizio pubblico resteranno muti. Un altro è mobilitare il signorotto della Contea che un giorno potrà passare alla cassa per riscuotere l’ennesima gabella dai vassalli. Se poi questo avviene nell’azienda che più di tutte ha incarnato negli anni l’idea stessa delle lottizzazioni partitiche il problema è ancora più grosso. C’è un problema di porte comunicanti.

Il Tgr della notte ha fatto scattare una sollevazione locale, una generalizzata accusa di lesa maestà. Dal disappunto del presidente del Piemonte Alberto Cirio che ha parlato di “un duro colpo all’informazione” a Zaia, (Veneto), Zingaretti (Lazio), Occhiuto (Calabria). “Da due anni viviamo immersi in una pandemia che ha reso evidente in modo fortissimo l’importanza di una informazione locale seria e affidabile – ha spiegato Cirio – come quella che il Tgr garantisce ai cittadini delle nostre regioni. E proprio in un momento in cui questo bisogno di informare in modo costante e affidabile è più che mai necessario, di fronte al dilagare di fake news e fonti di informazione sempre più capillari, la chiusura dell’edizione notturna del Tg regionale non solo un segnale negativo per l’editoria televisiva italiana ma rischia di essere un danno per la nostra comunità. Che ha bisogno di riferimenti seri. E il Tgr lo è”.

La terza edizione dei Tgr fu creata da Vigorelli, non certo però per diventare un feudo dei governatori. Che si tratti di una solidarietà pelosetta dunque non sfugge a nessuno. E soprattutto non dovrebbe sfuggire al sindacato dei giornalisti Rai (Usigrai). Come farebbe del resto senza la solita sovraesposizione notturna Luca Zaia a garantirsi quel 87% di gradimento che i sondaggi gli attribuiscono in Veneto? Ecco allora pronta all’uso la dichiarazione del presidente. Che va oltre la semplice solidarietà. Diventa un suggerimento, poco meno di una invasione di campo. “…in ogni aspetto della vita tutto si può migliora e così anche per il Tgr della notte, magari con una programmazione più attenta che la sappia valorizzare, come l’anticipo della messa in onda in un orario migliore per il pubblico e un potenziamento del settore web e social”.

Come dire che se l’audience è da zero virgola basterebbe modificare il palinsesto e anticipare il notiziario alle 23.15. A ridosso della seconda serata, che in questo modo non scatterebbe l’indennità per il notturno. Ne va di mezzo “l’autonomia dei territori”, sostiene Zaia, e aggiunge che “di sprechi da tagliare in Rai ce ne sono ma vanno trovati in altre nicchie, non certo nell’informazione regionale, che è stata e sarà preziosa per i cittadini anche in questa delicata fase della pandemia”. Pensieri condivisi dai suoi colleghi leghisti della Lombardia e del Friuli Venezia Giulia Fontana e Fedriga e trasmessi per conoscenza al rappresentante del Carroccio in Commissione Vigilanza, Rai Igor De Biase. Ed ecco, che più ancora dello sciopero annunciato, le pressioni dei governato un primo risultato lo hanno ottenuto il presidente della Commissione di San Macuto, Alberto Barachini (FI) ha convocato in audizione Fuortes.

I tagli non riguardano solo l’edizione della notte del Tgr ma anche Raisport. Non abbastanza però da mobilitare il Coni o chissà chi altro. In compenso la mobilitazione dei governatori e l’improvviso colpo di fulmine per l’informazione “indipendente” è passata inosservata, a parte un servizio dedicato all’argomento da “Striscia la notizia”. Quel resta del vecchio duopolio, un senso della concorrenza che quasi fa tenerezza dopo l’avvento delle nuove piattaforme, Netflix, Amazon, Spotyfy, Disney. I governatori delle regioni rivendicano il diritto di cronaca. Il rispetto di una tele-identità che fa a cazzotti con i dati dell’audience e con i costi di produzione alla quasi non si può rinunciare. Senza limiti geografici, da Nord a Sud. Ogni sede locale è una piccola enclave da difendere con i denti. Ogni edizione una casamatta da presidiare. “Ci auguriamo che l’azienda possa rivedere questa sua decisione lasciando intatti tutti gli spazi attualmente a disposizione dei cittadini”, è il leit-motiv.

DALLA PISANA A VIGATA UN SOLO CORO: SALVIAMO IL TG

Nicola Zingaretti ha dettato alle agenzie: “La soppressione dell’edizione notturna dei Tg regionali della Rai non è una buona notizia. Privare i cittadini di uno spazio informativo serio, verificato e professionale rischia di indebolire il rapporto tra territorio e i suoi cittadini, a maggior ragione in un momento in cui l’informazione in generale sta soffrendo una forte crisi. Spero che questa decisione sia rivista dai vertici Rai e che la nostre regione, come del resto anche le altre regioni italiane, possano contare anche sull’edizione notturna del Tg regionale”. E se o dice il fratello di Luca che interpretava il commissario Montalbano vuol dire che il messaggio deve arrivare chiaro e forte. Da Roma a Vigata.

A svariati chilometri distanza dalla Pisana , il deputato del Pd e membro della Commissione di Vigilanza Rai, Andrea Romano in contemporanea sparava a zero contro il Tg regionali del Friuli Venezia Giulia accusando la redazione di “inaccettabile parzialità politica, incompatibile con gli obblighi del pluralismo del servizio pubblico.

“Ho appena presentato – tuonava Romano – una interrogazione all’ad Fuortes e al presidente Soldi per sapere come intendo riportare il Tgr del Fvg ad una informazione plurale. Il casus belli i servizi per la manifestazione no vax a Redipuglia con tanto di interviste al presidente Massimiliano Fedriga e alla coordinatrice regionale di Forza Italia Savino ignorando completamente i commenti dell’ex governatrice Serracchiani. “Non appare conforme agli obblighi del servizio pubblico di informazione fornire una rappresentazione così parziale dello spettro delle opinioni delle forze politiche”, concludeva Romano.

IL VECCHIO PIANO E LE SEDI “PLETORICHE”

Il servizio pubblico, come la scuola pubblica, è un bene comune. Sia chiaro. Va difeso con i denti. Ma deve dimostrarsi indipendente’, rispondere cioè con i fatti, con obiettività e accuratezza in tutti in tutte le edizioni dei nazionali. E i Tgr? Da zona franca a terra di conquista, diventare il front-office dei governatori è un attimo. Del resto chi ha resistito alle sforbiciate degli anni passati può t sperare che anche questa volta l’assalto alla diligenza venga respinto.

C’aveva provato Carlo Verdelli nel 2016 impallinato molto prima che le sue Newsrooms vedessero la luce. Un piano lacrime e sangue, persino crudele a pensarci bene considerando il peso che l’informazione avrebbe avuto con la Pandemia, un modello, si disse, ritagliato sulla Bbc: riduzione delle edizioni dei telegiornali da 27 a 12; trasferimento del Tg2 a Milano; creazione di un TgSud; dismissione delle sede regionali con 5 strutture base e con al creazione di redattore territoriale multimediale per ogni redazione.

Non bastasse, l’ex direttore editoriale avrebbe voluto fondere in una sola Newsroom le testate TgR e Rainews 24 e dismettere molte sedi regionali. Furono definite già allora “pletoriche” e il bilancio non aveva raggiunto il rosso attuale, (- 300 milioni). Aver resistito ad un piano monstre – 470 pagine condensato in 5 volumi stile Utet – che avrebbe comportato centinaia di esuberi. Averlo sventato è una medaglia che l’Usigrai si è appuntata al petto senza arrivare tuttavia alla riforma di cui si parla da più di vent’anni.

Ma se questo ha voluto dire consegnarsi ai potentati locali, allo strapotere dei governatori, ai Tg “de noantri”, il bollettino della Regione scambiato per Vangelo, allora significa che qualcosa non va. Che c’è una spina dorsale incrinata, un inginocchiamento di troppo. Una postura piegata in avanti che non rende giustizia ai tanti professionisti di valore che pure si aggirano nei corridoi di Viale Mazzini, nelle redazioni di Saxa Rubra e in quelle delle sedi locali. Un patrimonio da salvaguardare senza l’intercessione dei governatori.


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