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Il maestro Alberto Manzi, con la sua trasmissione "Non è mai troppo tardi" alfabetizzò milioni di italiani

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Dal 1960 al 1968 la Rai mandò in onda un programma televisivo per combattere l’analfabetismo tra gli adulti. “Non è mai troppo tardi” si chiamava il programma, e chiamò a condurlo non un qualunque maestro di scuola elementare, ma Alberto Manzi scrittore insegnante e pedagogista romano.

L’esperimento andato in onda sulla Rai per ben otto anni aiutò 1 milione e mezzo di studenti a conseguire la licenza alimentare. Perché ricordare questo progetto? Per dimostrare che la televisione pubblica prima aveva chiaro di avere un ruolo nel nostro Paese totalmente diverso rispetto alla cosiddetta televisione commerciale.

Per tale motivo è previsto il pagamento di un canone, peraltro con la previsione di un prelievo automatico ed in ogni caso ad un costo indipendente dal reddito di ciascuno.

Per cui considerato che ormai il televisore entra in tutte le famiglie si può ritenere, senza timore di errore, che un terzo del canone complessivo, incassato dalla Rai, provenga dal Mezzogiorno d’Italia, come la popolazione.

Questo investimento che il Sud ogni anno fa si può affermare che torni con un servizio corrispondente alle risorse impiegate? In realtà in molti ritengono che la Rai sia funzionale al cosiddetto Partito Unico del Nord, e che si sia posta in modo strabico rispetto ad una parte del Paese.

Ad un occhio attento non può sfuggire il fatto che nella sua programmazione la presenza di opinion leader appartenenti al nord del Paese sia assolutamente prevalente.

Come pure la dimensione delle realtà produttive della stessa, in termini di fiction e di programmi, sia prevalentemente oltre che a Roma come è naturale poi a Milano, mentre tutto ciò che c’è da Napoli in giù è assolutamente trascurato.

In un processo nel quale si insegue, come forse è giusto che sia, lo spettacolo più cool, la mostra più ricca, il festival di successo, l’evento internazionale più importante, la concentrazione di attenzione rispetto al nord del Paese diventa quasi fastidiosa.

Ma anche laddove il tema diventa quello del confronto scientifico su temi riguardanti la medicina, l’economia, la fisica o le scienze varie la concentrazione degli opinionisti fa riflettere molto sullo strabismo della Rai.

Gli ultimi due anni di pandemia ci hanno fatto apprezzare moltissimo i tanti virologi esistenti in Italia. Molto strano è che tutti quanti avessero sede presso un policlinico o un università al di sopra di Bologna.

E se poteva essere comprensibile, quando i collegamenti via web erano più complicati, che la scelta avvenisse in realtà più servite e più vicine ai centri di produzione, stupisce notevolmente che invece si è continuato a coinvolgere professionalità, pur di rilievo, del Nord, lasciando totalmente marginale tutte le realtà scientifiche che avessero sede a Napoli, Bari, Palermo o Catania ora che la dislocazione geografica diventa indifferente.

In una forma di discriminazione che se fatta dalla televisione commerciale, pur se non condivisibile, può trovare motivazione nelle cordate e nei gruppi prevalenti, ma che non può essere assolutamente condivisa se portata avanti dalla televisione pubblica.

La spiegazione di tale comportamento è molto semplice. Poiché la televisione pubblica è lottizzata dal Partito Unico del Nord, non è strano che esso promuova i propri “aficionados”, dando quei contentini che poi servono a lanciare libri a coloro che sono più vicini, se si tratta di giornalisti ad avere spazi televisivi pagati molto bene, se si tratta di divulgatori ad aver affidate trasmissioni da gestire.

Ovviamente si tratta di un tradimento assoluto degli obiettivi che dovrebbe porsi un servizio pubblico. Che, come fece nel 1960 quando cercò di unificare l’alfabetizzazione del Paese, negli anni 2000 dovrebbe aiutare a rilanciare le realtà marginali, aiutandole a promuovere le loro attività turistiche, i loro grandi concerti, le loro attività culturali che il Paese conosce poco, da quelle che si svolgono al teatro greco di Siracusa, alla Sagra del mandorlo in fiore della Valle dei templi, fino al festival della Taranta. Ovviamente non solo trasmettendole ma, cosa ben diversa, promuovendole.

Un’attenzione particolare dovrebbe essere rivolta anche all’informazione che arriva da queste realtà ed evitare che sia predominante quella che vuole far passare la parte dirigente dominante del Paese.

Le rassegne stampa che danno prevalenza ai giornaloni nazionali, per altro di proprietà degli imprenditori che indirizzano non solo l’economia ma anche il pensiero della gente, diventa una forma di lavaggio del cervello, per cui se un un investimento non è congeniale all’indirizzo prevalente viene criminalizzato e coloro che lo sostengono spesso ridicolizzati.

Quello che è accaduto e che accade ancora con il progetto del ponte di Messina è illuminante di come investimenti importanti vengano trattati. Se poi si pone a confronto con la pubblicistica relativa al Mose di Venezia e alla TAV ci si accorge che quando si tratta di indirizzare le risorse per il infrastrutturazione del Sud del Paese tutto diventa assolutamente spesa sprecata.

Per cui il Mezzogiorno, che non ha voci autorevoli nella panoramica nazionale, sia per quanto riguarda la carta stampata che per quanto riguarda le televisioni generaliste, viene assolutamente silenziato nelle pagine regionali di media marginali e periferici.

Per cui mentre i media privati continuano a perseguire gli obiettivi legittimi che si sono proposti, l’unico media pubblico, che dovrebbe equilibrare in parte il rapporto di forza esistente, non fa altro che aiutare quella concentrazione di posizione dominante per cui una parte del Paese non riesce più ad avere voce.

Tale approccio si ritrova anche rispetto al Governo del Paese, per cui anche se vi dovessero essere ministri con provenienza meridionale, e non dovessero allinearsi rispetto alle posizioni dominanti prevalenti, vengono maltrattati quando non capita quello che è accaduto al presidente Leone, napoletano, costretto a dimettersi da un’inchiesta profondamente ingiusta. Mentre l’energia diventa costosissima ed i tassi esplodono potrebbe sembrare quello trattato un problema minore, ma la democrazia è fatta di pesi e contrappesi, di equilibri anche nell’informazione.


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