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CATANIA – I lavori per la realizzazione del Canale di gronda sono iniziati nel 1985, ma non sono mai stati completati, come tutte le grandi opere di questa città, tra questi il collettore fognario. I soldi ci sono, manca il progetto esecutivo, ovvero la fase tecnicamente più avanzata dell’intera progettazione. In sintesi, nel 2015 la legge permetteva di mandare a bando il progetto definitivo mentre la legge dell’anno successivo ha cambiato le regole del gioco stabilendo che per essere mandato a gara, il progetto dovesse essere già esecutivo. Il Canale di gronda avrebbe scongiurato il disastro di Catania, pesantemente danneggiata dal forte maltempo: il temporale ha provocato un blackout in tutto il centro storico, lasciando senza corrente anche il Municipio. Acqua anche all’interno del Tribunale: le udienze in presenza sono sospese per alcuni giorni. «Se l’opera fosse stata conclusa – ha sottolineato il primo cittadino Salvo Pogliese – la città avrebbe comunque subito le pesanti conseguenze del maltempo. Ma sarebbero state molto meno gravi».

Si è trattato di un evento eccezionale. L’area del centro storico di Catania è stata invasa da una quantità impressionante d’acqua sotto l’azione di un potente uragano mediterraneo, previsto dai modelli matematici predisposti dai meteorologi, che ha scaricato sulla città di Catania oltre 200 mm di pioggia in 24 ore e nell’hinterland (Stazione Siasdi Linguaglossa) sono stati superati i 600 millimetri di pioggia in 72 ore toccando punte di intensità pari a 400 millimetri in 20 ore. Da quanto emerge dall’ultimo rapporto del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, la Sicilia ha consumato 400 ettari di suolo fra il 2019 e il 2020, di cui 100 proprio nella provincia etnea. E il comprensorio in cui martedì ha perso la vita un uomo di 53 anni è Gravina di Catania, dove metà del territorio è impermeabilizzato. In poche parole, non assorbe acqua.

L’IRA DI ARDITA

«L’opera era stata progettata e finanziata ed era pronta per essere appaltata, ma una legge del 2016 ha imposto altri adempimenti (che ci fosse un progetto esecutivo, non solo definitivo). Mancavano i fondi per il nuovo progetto e si è dovuto richiederli al Governo nazionale che ha risposto in ritardo (dopo due anni dalla richiesta), nel frattempo i poteri sono stati trasferiti per legge ad un commissario regionale – sbotta su Facebook il magistrato catanese Sebastiano Ardita – Non sappiamo a che punto sta il progetto e se è mai stato bandito l’appalto. Sappiamo che 5 anni fa tutto era pronto per realizzare in due anni un’opera già finanziata e che invece ancora non c’è nulla».

SOLDI SENZA PROGETTO

Dopo vent’anni, esattamente nell’agosto del 2015, sembrava essere giunta la svolta. Il Governo guidato dal premier Matteo Renzi, nell’ambito delle risorse destinate alla riduzione del rischio idrogeologico, che ammontano ad una somma globale di 1 miliardo e 300 milioni di euro, aveva ammesso a finanziamento per Catania e i centri della fascia metropolitana circa 58 milioni, di cui solo per il comune di Catania ben 48 milioni relativi alle opere previste nel progetto di completamento del Collettore B, il cosiddetto Canale di gronda ovest, necessario a captare le notevoli portate pluviali della fascia pedemontana ovest che insiste sulla città.

«Un intervento che eviterà pericolosi allagamenti nella zona ovest di Catania fino a Misterbianco e Motta Sant’Anastasia – si legge in una nota stampa del comune del 10 agosto 2015 – Un percorso che il sindaco di Catania Enzo Bianco, insieme all’assessore ai Lavori Pubblici Luigi Bosco ed ai sindaci dell’area metropolitana, aveva iniziato da diverso tempo e che ha avuto un momento importante lo scorso 31 ottobre quando a Palazzo degli Elefanti si tenne un incontro sulla pianificazione sulla difesa idrogeologica della zona. Tutti i sindaci e i rappresentanti dei Comuni, in un’ottica già metropolitana, illustrarono le problematiche del proprio territorio e, mettendo insieme le varie esperienze, si giunse ad una visione complessiva del problema. In quell’incontro fu raggiunta un’intesa per realizzare un piano unitario e complessivo attraverso la ricognizione dei progetti esistenti per completare la difesa del territorio – veniva sottolineato ancora dal municipio – Piano che l’assessore Bosco, nel successivo mese di novembre, presentò in una riunione che si tenne a Palazzo Chigi a Roma, sulla programmazione degli interventi per la messa in sicurezza delle città metropolitane prevista nello Sblocca Italia e nel nuovo Piano nazionale 2014-2020 contro il dissesto idrogeologico. All’incontro erano presenti tra gli altri il ministro dell’Ambiente e del Territorio Gianluca Galletti, l’allora sottosegretario alla Presidenza Graziano Derio, i presidenti delle regioni – per la Sicilia c’era la vicepresidente Mariella Lo Bello – e i rappresentanti delle città metropolitane».

Bosco, nel suo intervento, sottolineò come le problematiche del rischio idraulico e geotecnico della nostra città andassero inquadrate in un’ottica essenzialmente metropolitana, ricordando proprio l’incontro presieduto dal sindaco Bianco il 31 ottobre con i primi cittadini dell’area etnea. Dunque, un risultato raggiunto grazie alla una fortissima azione condotta in sinergia tra il Comune di Catania e la Regione siciliana, in particolare con l’assessore al Territorio e ambiente Maurizio Croce, nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

«All’azione congiunta tra Comune e Regione – aveva inoltre spiegato Bosco – si è sommato il valore aggiunto dell’azione condotta dal sindaco Enzo Bianco oltre che il supporto delle amministrazioni dei comuni pedemontani e il grande lavoro delle strutture tecniche dell’assessorato Lavori Pubblici che sono riuscite a portare a livello esecutivo il progetto del Canale di gronda ovest. Si è ottenuto un grande risultato lavorando tutti insieme dal livello territoriale a quello nazionale. La risposta che attendevamo è giunta».

Nella realtà la vera risposta alle chiacchiere politiche è giunta nelle ultime ore. Il canale non è mai stato ultimato e Catania è completamente in ginocchio. La fine dei lavori avrebbe tuttavia protetto il centro storico dai fiumi di pioggia che si sono riversati nei giorni scorsi, causando anche vittime e numerosi disagi.

L’opera, infatti, doveva circumnavigare la parte alta della città captando tutti i torrenti che venivano giù dalle strade dei paesi pedemontani per convogliarli a mare lungo la scogliera. Un intervento che avrebbe evitato pericolosi allagamenti nella zona ovest di Catania fino a Misterbianco e Motta Sant’Anastasia.

Ma cosa ha impedito il completamento dell’opera? Invocato e quasi pronto nei roboanti comunicati stampa del 2015, fu bloccato ad un passo dalla firma dal Ministero che aveva cambiato le regole in corsa chiedendo che i progetti fossero da subito esecutivi e non solo definitivi.

«Impasse come questa hanno fatto sì che alla nostra città manchi tuttora ad esempio, il raccordo tra un collettore e il torrente Cubba, così come mancano molte delle opere di raccordo di cui si sarebbero dovuti far carico i comuni della zona pedemontana, dinamiche che nei fatti producono il versamento di tutte le acquee sovrastanti la cintura urbana a valle – dice il segretario generale della Fillea Catania, Vincenzo Cubito – Siamo di fronte al classico esempio di responsabilità diffusa che non lenisce dunque le gravi negligenze delle amministrazioni regionali e territoriali soprattutto alla vista dei dati pubblicati dalla Corte dei conti».


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