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La mano è quella del Cavalier Salvatore Fergola, considerato tra i più autorevoli esponenti della scuola di Posillipo. L’opera si intitola “Inaugurazione della strada ferrata Napoli-Portici” ed è datata 1840. La linea sinuosa delle carrozze che curvano si sposa con quella di un pezzo del golfo, e tratteggia il breve corso della prima ferrovia d’Italia. È il 3 ottobre del 1839 quando la locomotiva compie il viaggio inaugurale, spostandosi per un tratto di 7 km e 250 metri. Era l’epoca dei Borbone e del Regno delle due Sicilie, di Napoli capitale, tra le più in vista in Europa.

Sono passati 180 anni da allora, e le cose sono drasticamente cambiate: il colore del cielo, i luoghi e, sicuramente, lo stato delle ferrovie al Sud. Basti pensare che il piano quinquennale da 56 miliardi di euro, presentato a maggio scorso da Ferrovie dello Stato (che chiuderà il 2019 con 600 milioni di euro di utile) potrebbe nascondere un’amara sorpresa per il Meridione.

MA QUANTO SI INVESTE AL SUD?

Il piano dovrebbe prevedere una suddivisione di investimenti tra Nord (60%) e Sud (40%) quasi equilibrata. Ma c’è un rischio. Esisterebbe infatti una bozza del piano industriale non ufficiale che circola nei piani alti di Fs, che peggiorerebbe la situazione. Dalla bozza si evincerebbe che, in realtà, gli investimenti per il Sud nell’arco di 5 anni, scenderebbero a una cifra media tra l’11 e il 16%.

Si tratterebbe, è bene sottolinearlo, di un prospetto informale, e non definitivo, confermato al nostro giornale da fonti interne alla società. Ma le preoccupazioni sul divario, sempre più difficile da colmare, permangono. Ad esempio, restando sempre sui citati 56 miliardi di euro e sull’impatto dei fondi al Sud, l’amministratore delegato di Fs, Gianfranco Battisti, ha detto: «Pochi giorni fa è stata posata la prima pietra della stazione Hirpinia ad Avellino, che porterà l’Alta velocità a un bacino di 10 milioni di abitanti». Entro quanto tempo? Entro il 2026.

L’investimento, si calcola, porterà a un impatto dell’un per cento del Pil nelle aree interessate dalle opere e creerà 20mila nuovi posti di lavoro. Una goccia nel mare, visto che nelle altre regioni meridionali ci si trova davanti a territori completamente isolati e tagliati fuori dal sistema del trasporto e della logistica nazionale.

ALTA VELOCITA SOLO DA NAPOLI IN SU

L’Alta velocità, che ha da poco festeggiato i 10 anni, subisce una cesura appena oltre Salerno: Calabria e Sicilia annaspano su tratte vetuste e lente. Per non parlare della Basilicata. Per fare un esempio, da Napoli a Matera, città dei sassi e Capitale europea della Cultura, non esiste una linea diretta. Il viaggiatore deve scegliere: la propria auto o, al massimo, un sistema combinato, treno-bus, per una tratta da compiere in circa 5 ore.

E poi c’è da considerare la linea dell’Alta velocità Napoli-Bari che, se dovesse essere rispettata la tabella di marcia, potrebbe essere conclusa anch’essa nel 2026. Nel 2023, invece, sempre se tutto filasse liscio, si potrebbe assistere a un collegamento diretto tra il capoluogo partenopeo a la città pugliese. È vero, l’Alta velocità avrebbe ridotto i ritardi per il 32,4% (anche se nel 2018 Frecce e Italo hanno accumulato oltre 18mila ore di ritardo), ma si tratta di dati che valgono, evidentemente, solo da Napoli in su. Perché al Sud l’ingolfamento delle linee ordinarie è tale che i ritardi continuano ad attestarsi su cifre improponibili.

GLI INVESTIMENTI ALL’ESTERO

Ben poca cosa, dunque, gli investimenti al Meridione, rispetto a quelli che vengono realizzati e prospettati per il Nord e addirittura per l’estero. Ferrovie dello Stato continua a puntare a espandersi in altri Paesi. Trenitalia Uk, controllata al 100% di Trenitalia (che fa parte del gruppo Fs), in Inghilterra si è aggiudicata la concessione per gestire la tratta della West Coast. Dal 2019 al 2031, insieme al colosso britannico dei trasporti FirstGroup curerà i collegamenti intercity tra Londra, Manchester, Chester, Liverpool, Preston, Edimburgo e Glasgow. Stiamo parlando della rete che collega la city alla Scozia. Secondo i dati forniti da Fs, i ricavi relativi al solo 2019 sarebbero stati pari a oltre un miliardo e 250 milioni di euro. E si prevede una crescita costante per i prossimi anni.

Ma la vocazione e l’attenzione internazionali di Ferrovie dello Stato non si ferma al Regno Unito: il gruppo è impegnato in circa 60 Paesi. Attualmente opera nell’Europa dell’Est (Romania e Serbia); in Medio Oriente (Riad); in Grecia, dove Fs possiede le ferrovie Trainose e gestisce collegamenti giornalieri tra Atene e Salonicco. Negli Usa, invece, partecipa a programmi infrastrutturali per 10 miliardi di dollari a Los Angeles, e per 12 miliardi a Washington. Investimenti anche in Sud Africa, a Johannesburg, dove Fs sta realizzando il principale polo intermodale del Paese che ha dato i natali a Nelson Mandela.

4 MILIARDI PER LE OLIMPIADI 2026

C’è da chiedersi sempre: quanti di questi progetti ed energie (finalizzati all’aumento del capitale) profusi all’estero, potrebbero servire, anche in minima parte per migliorare le condizioni delle tratte nel Sud Italia? Sempre Ferrovie dello Stato, infatti, ha annunciato un investimento da quattro miliardi di euro per le Olimpiadi Invernali Milano-Cortina del 2026. Si stima che le opere per migliorare i collegamenti avranno un impatto sul Prodotto interno lordo di più di due miliardi di euro. Rfi (Rete ferroviaria italiana) prevede opere per il potenziamento tecnologico e strutturale della rete che si attesta sugli oltre tre miliardi e 200 milioni di euro. Non c’è che dire: il Sud in questo contesto non riesce proprio a competere nemmeno per la medaglia di legno, figuriamoci per quella di bronzo.


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