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I carabinieri del nucleo ecologico Noe hanno sequestrato due condotte di scarico del centro nucleare Itrec di Trisaia vicino a Rotondella, nel Materano. Il centro di attività atomiche è condiviso fra la Sogin, la spa per lo smantellamento dell’attività atomica, e l‘Enea, l’agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile.

I tubi di scarico non portano acque contaminate ma solamente acque depurate dal depuratore civile e scendono dalla collina su cui sorge il polo tecnologico Itrec e scaricano nel fiume Sinni a pochi chilometri dalla sua foce. Le attività all’impianto Itrec tengono desta l’attenzione sui progetti atomici, dopo le indicazioni del Governo Meloni e del ministro delle Infrastrutture e trasporti Matteo Salvini per una riapertura del dossier nucleare. La Sogin in ogni caso ribadisce la fiducia nelle autorità inquirenti.

IL CENTRO ITREC

I fatti. Il sequestro fa parte del piano di controlli antinquinamento dei carabinieri del nucleo operativo ecologico di Napoli, competente per tutta l’Italia meridionale. Dopo gli interventi nelle industrie conserviere campane, con il sequestro di uno stabilimento che rovesciava scarichi nel Sarno, i carabinieri sono intervenuti in provincia di Matera dove hanno sequestrato in via preventiva due scarichi di acque industriali dell’impianto nucleare. L’Itrec venne costruito a Trisaia su una collina fra la statale 106 Ionica e la piana della foce del fiume Sinni negli anni ’70 per sperimentare una nuova tecnologia di centrale atomica, quella che usa come combustibile nucleare il torio.

Le sperimentazioni cominciarono acquistando torio lasciato come scarto da una centrale atomica convenzionale statunitense, ma le ricerche non portarono al successo. Oggi la tecnologia del torio è in fase di riscoperta nel mondo. Il centro di ricerca negli anni si è dotato di altri impianti, fra i quali un impianto Conu Magnox per assemblare il combustibile all’uranio naturale per la centrale Enel di Latina. Con il referendum antiatomico del 1987 sono stati fermati gran parte degli impianti e, mentre l’Enea ha continuato a lavorare nelle sezioni dedicate alla ricerca, la Sogin ha rilevato le attività legate alle centrali atomiche cominciandone lo smantellamento.

LO SCARICO ACCUSATO

Secondo i carabinieri del Noe, finivano senza trattamento nel fiume Sinni, e quindi nello Ionio, le acque industriali di raffreddamento degli impianti, quelle piovane e le acque di lavaggio dei piazzali dell’Itrec. Per la Sogin le acque non venivano a contatto con sostanze radioattive. In particolare, da anni sono sotto controllo i vecchi scarichi dell’impianto Magnox, inattivo. Le acque di scarico dell’impianto andavano in una cisterna da cui partiva un tubo di troppopieno verso la riva del fiume Sinni ai piedi della collina.

Nella cisterna e nel tubo c’erano tracce di cromo esavalente e di solventi come la trielina. Zero radioattività. Da anni l’Enea, la Sogin e l’Arpa Basilicata controllano anche la presenza di cromo e trielina nei pozzi della pianura sottostante l’impianto Itrec. Il cromo esavalente, il cui uso principale fu a lungo nella concia dei pellami, è cancerogeno e non viene più usato. Nel frattempo il sindacato degli addetti alla pulizia del centro ricerche hanno indetto una giornata di sciopero per il 28 agosto, con sit-in davanti ai tornelli d’ingresso. Il motivo della protesta è il cambio dell’appalto per il servizio pulizia, avvenuto l’altra settimana; il nuovo appalto ha tagliato le ore di lavoro e il salario.

SMANTELLARE

Nei giorni scorsi la Sogin ha avviato l’iter di gara da 36 milioni di euro per smantellare il vessel della centrale del Garigliano, ossia il nocciolo d’acciaio che conteneva il reattore. Ne sortiranno 268mila tonnellate di materiali di cui il 96% rottame ferroso e calcinacci di calcestruzzo da riciclare. Invece i rifiuti radioattivi saranno inseriti in appositi contenitori schermanti che verranno stoccati nei depositi temporanei in attesa che arrivi il deposito nazionale, se mai sarà realizzato. La Sogin ha anche avviato l’iter di gara da 10 milioni per realizzare nella centrale di Latina l’impianto Magnox che consentirà di estrarre e trattare circa 70 tonnellate di residui radioattivi dei materiali che decenni fa erano stati assemblati all’Itrec di Rotondella.

IL NUOVO VERTICE

Una settimana fa, sabato 5 agosto si è riunito per la prima volta il nuovo consiglio d’amministrazione della Sogin, Spa pubblica posseduta dal ministero dell’Economia e controllata dall’Ambiente. Il Cda interrompe un breve periodo di commissariamento e il consiglio, presieduto da Carlo Massagli, ha nominato Gian Luca Artizzu all’incarico di amministratore delegato.

PROGRAMMI ATOMICI

Mezzo mondo si attiva per nuove centrali atomiche. Nei mesi scorsi sono stati avviati nuovi reattori, come a Mohovce in Slovacchia (partecipato dall’Enel) o come quello di Olkiluoto in Finlandia, mentre la Svezia sta ipotizzando 10 nuovi reattori, la Polonia guarda al nucleare per poter rinunciare all’inquinante carbone, la Francia ha un piano di rinascita atomica. In Italia il Governo ha detto più volte di voler riaprire il dossier nucleare per avere elettricità in abbondanza senza emissioni di anidride carbonica. La tecnologia nucleare non contribuisce al cambiamento del clima. Le ipotesi per ora sono generiche e parlano di nuove tecnologie nucleari, come le centrali di quarta generazione, i piccoli reattori modulari Smr, i reattori veloci autofertilizzanti.

Attivo in questo programma è Salvini, secondo il quale è necessario un tavolo per coordinare un sistema complesso che richiede di agire al tempo stesso su più versanti e con stakeholder differenti, compresi quelli europei. Bisogna anche ricostruire – ha ricordato più volte Salvini – la filiera industriale e di competenze: dopo due referendum antiatomici, è rimasto solo un piccolo presidio di aziende e di scienziati di livello altissimo richiesti in tutto il mondo. Ma il vero problema, che parrebbe insormontabile per la riottosità di chi è inferocito contro queste tecnologie a zero CO2, è quello dell’accettabilità sociale. E per combattere i no ideologici il ministro delle Infrastrutture è pronto – ha detto con una forzatura a effetto ma inapplicabile – “anche a tornare a un referendum, argomentando perché all’Italia convenga tornare al nucleare”.


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