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Ci sono plastiche che i nostri oceani non riusciranno a smaltire nemmeno in un secolo. 

Ci sono dolori che, per quanto proviamo a sminuirli o a ignorarli, nel nostro animo non si decompongono; restano lì, ci sopravvivono.

Gli scienziati dicono che è insostenibile l’utilizzo che facciamo delle risorse del pianeta.

Anche i ritmi che questa società ci chiede di sostenere sono insostenibili. 

Da bambini, nella palestra di scuola, l’insegnante di educazione fisica, per prima cosa, ci faceva scaldare la muscolatura con la corsa sul posto.

Come all’epoca, oggi, mentre corro, ho la sensazione di non andare da nessuna parte e, guardandomi attorno, vedo che anche per gli altri è così. A perdifiato, restiamo fermi. La stragrande percentuale del nostro tempo la passiamo a reagire più che ad agire, a compiere un esercizio di riscaldamento nella spasmodica attesa della libertà di muoverci, ad apparecchiare nell’affamata speranza di sederci alla tavola del desiderio. Passiamo la vita a inseguire la nostra vita, cercando di prenderla. 

Fino a quanto una mente può reggere?

Non esiste un parametro standard, come non esisteva in quella palestra di scuola. C’è chi rallenta subito, chi molla poco dopo, chi si sfinisce pur di arrivare fino in fondo, chi senza sforzo ci riesce. Quello che uno sopporta, può distruggere un altro. Quello che uno si scrolla dalle spalle, resta incollato addosso a un altro. 

Se i folli ci spaventano tanto è perché la loro andatura avrebbe potuto essere anche il nostro passo se fossimo nati con una struttura neurologica diversa; se avessimo avuto un destino diverso; se non fossimo stati salvati da una frase, un pensiero; se non avessimo aperto gli occhi grazie a uno scontro, un incontro, uno schiaffo, una carezza; se non avessimo trovato il coraggio di affrontare le nostre paure, prendere sottobraccio le nostre ombre.

Se i folli ci spaventano tanto è perché la follia a volte può essere collettiva. 

È quella la follia più pericolosa e feroce: forte della maggioranza, ha il potere di legalizzare l’inconcepibile, giustificare l’ingiusto, dichiarare insani i profeti e i poeti, condannare la loro malinconia visionaria.

Il mondo ci sta mettendo davanti a un’evidenza: non sappiamo gestire l’enorme quantità di immondizia, fuori e dentro di noi. 

La vita dev’essere più sostenibile.

È necessario differenziare i vari materiali: distinguere carta e vetro, umido e metalli, così come disagi e sofferenze, sballo e felicità, soldi e ricchezza, libertinaggio e libertà.

È necessario riciclare: trasformare ciò che ci inquina in qualcosa di nuovo e di utile.

Confondere tutto in un unico sacchetto è istintivo e meno faticoso, ma avere cura di noi significa anche avere cura dei rifiuti, fuori e dentro di noi.


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