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La copertina del primo numero della Settimana Enigmistica con l’immagine dell’attrice Lupe Vélez

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“Forse non tutti sanno che…”, calza a pennello il titolo di una delle rubriche della Settimana Enigmistica per inoltrarci nella storia del celebre periodico di parole crociate, rebus, enigmi, passatempo, varietà ed umorismo edito ininterrottamente in Italia dal 1932. Solamente due i numeri – il 607 del 1943 e il 694 del 1945 – usciti due mesi dopo le date previste a causa della guerra. In entrambe le occasioni la rivista chiese scusa ai suoi lettori.

Per il resto, la storia della Settimana Enigmistica vanta una continuità nel tempo non comune sottolineata anche dai numeri progressivi delle pubblicazioni che si sommano di uscita in uscita come pure quelli di rebus, parole crociate e giochi.

Del resto si tratta di un oggetto di culto fatto di carta, precisione e sfide che ancora regala ai sui lettori il gusto di giocare scrivendoci sopra con la penna. E c’è anche chi usa e ha usato la matita al posto della biro per poter cancellare e – a distanza di tempo – giocarci di nuovo come faceva ad esempio Giampaolo Dossena, giornalista ed enigmista tra i più accreditati. La Settimana Enigmistica, un prodotto editoriale in grado di costruire memorie affettive e familiari.

Sarà forse questo (certamente non l’unico) il motivo di tanta longevità. Di generazione in generazione la rivista ha unito padri, madri, figli, nonni, amici ma anche vicini di ombrellone. Un gioco lungo novant’anni reso più stuzzicante dalle soluzioni date nella settimana successiva alla pubblicazione e un periodico capace di andare oltre le mode e le stagioni anche quando – rispondendo alle esigenze della società ipertecnologica – non rinuncia alla versione digitale dotandosi di app e sito web. Che sia cartacea o digitale quella croce di parole (dal latino crux -ucis «croce» e verba «parole» ), che con l’aiuto di definizioni sfida i lettori a trovare un certo numero di vocaboli da collocare orizzontalmente e verticalmente in un reticolato predisposto, non conosce tramonto e fa sentire i solutori un po’ come Calaf, il principe ignoto al quale la gelida Turandot di Puccini chiede di risolvere i tre enigmi.

Decennio dopo decennio La Settimana Enigmistica continua a sedurre anche ora che tra le sfide c’è pure quella delle risposte a portata di computer o telefonino. Non un caso se – come avverte lo slogan collocato appena sopra la testata del giornale che può essere verde, rossa o blu – si definisce “La rivista che vanta innumerevoli tentativi di imitazione!”.  O, in alternativa: “La rivista di enigmistica prima per fondazione e per diffusione”. Diciture che compaiono rispettivamente nei numeri pari e dispari del giornale, perché nulla è lasciato al caso e tutto è costruito intorno al rituale della risoluzione dei giochi enigmatici, accettando per prima cosa il guanto di sfida delle “Parole crociate”.

Val la pena allora andare a ritroso. In Italia il primo numero della rivista porta la data del 23 gennaio  1932. Il costo è di 50 centesimi di  lire. Sulla copertina di quel numero primo viene disegnata l’immagine dell’attrice messicana  Lupe Vélez  tratta dalla rivista austriaca  Das Rätsel. Un’immagine simbolo ottenuta – neanche a dirlo – sagomando le caselle nere del cruciverba. Ma chi è il padre di questa storia editoriale di successo? La rivista viene fondata da un ingegnere di nobili origini: Giorgio Sisini, nato a Sassari il 21 marzo 1901. La Settimana Enigmistica: «Periodico fondato e diretto per 41 anni dal Cavaliere del Lavoro Gr. Uff. Dott. Ing. Giorgio Sisini Conte di Sant’Andrea», si legge ancora oggi nella quarta di copertina.

Lui, Sisini l’ingegnere aristocratico si innamora di una bellissima viennese. Lei si chiama Idell Breitenfeld ed ha la passione per i giochi enigmatici. I due si sposano. E allora verrebbe da dire che dalla passione di lei per i rebus e dall’ingegno di lui nasce   La Settimana Enigmistica. Certo, un’impresa non facile quella del Conte di Sant’Andrea. Basta leggere uno stralcio dello scritto a firma di Giuseppe Zichi tratto dal Dizionario Biografico degli Italiani,  Treccani per averne la misura. «Nella lettera alla sorella Gigina dell’11 dicembre 1931, nella quale le chiedeva, supplicandola, un consistente aiuto finanziario, così cercò di descrivere la sua iniziativa: «Non ti ho mai scritto quale sia il mio lavoro oggi […]. E non è neppure troppo facile spiegartelo», le confidava con un certo imbarazzo. «Sì, si tratta di un giornale, di un settimanale illustrato, ma di un giornale “assolutamente nuovo per l’Italia”. È un settimanale esclusivamente di giochi, di enigmi, parole crociate, sciarade, scacchi, dama, bridge, barzellette, etc. etc. In Germania, Austria, Francia, etc. se ne stampano molti (la sola Vienna ne conta oltre quindici!) per cui non v’è ragione di credere che anche in Italia un giornale del genere (UNICO!) non incontri il favore del pubblico» (da Archivio Sisini, lettera di Giorgio Sisini alla sorella Gigina, 11 dicembre 1931)».

La voglia di portare a compimento il progetto è tanta. L’iniziativa va avanti e La Settimana Enigmistica entra nella Storia del Costume italiano insieme a quella della famiglia Sisini. Basti pensare, ad esempio, che dal 1988 il giornale è diretto da Francesco Baggi Sisini, nipote di Giorgio. L’unico, altro direttore – a cavallo tra i due – sarà Raoul de Giusti. La lunga vita della rivista è legata anche agli enigmisti storici tra cui lo stesso fondatore, che creò enigmi fino alla fine della sua vita, oltre a Piero Bartezzaghi  e  Giancarlo Brighenti conosciuto anche con lo pseudonimo di Briga. Anche nel caso di Piero Bartezzaghi – come per i Sisini – spulciando in rete viene fuori una sorta di storia familiare legata sempre al cruciverba. Conosciuto con gli pseudonimi di  Duca d’Alba,  Zanzibar  e  Vittuone, Bartezzaghi – milanese, figlio di un idraulico dipendente del Comune di  Milano – a tredici anni invia un  cruciverba  da lui realizzato a  La Domenica del Corriere che lo pubblica indicando il nome dell’autore; passano pochi anni e nel  1949, inizia la collaborazione, mai interrotta, con  La Settimana Enigmistica.

Il cruciverba a schema libero, detto appunto “il Bartezzaghi” è tra le sue “creature” più note. I figli Alessandro e Stefano seguono le impronte paterne: il primo è l’attuale condirettore della rivista; il secondo giornalista, scrittore e semiologo è tra l’altro l’ autore di “L’ orizzonte verticale. Invenzione e storia del cruciverba”. Pubblicato da Einaudi nel 2007, è “il primo libro italiano interamente dedicato al cruciverba, alla sua storia e al mondo che, per gioco e per frammenti, vi si è rispecchiato”.


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