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L'annunciazione del Beato Angelico

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OTTIMA idea la mostra di Beato Angelico. Ma nessuna opera uscirà dagli Uffizi e dal museo di San Marco per andare a palazzo Strozzi. La sede naturale e inevitabile di una mostra sul Beato è nel convento di San Marco, dove le sue opere principali sono conservate e dove il Beato ha vissuto la parte più importante della sua vita.

Il 21 gennaio 2021 ha riaperto il Museo di San Marco con la nuova Sala del Beato Angelico – nota in precedenza come Sala dell’Ospizio – che la Direzione regionale musei della Toscana tutela. E non possono che condividere questa garanzia per un museo i funzionari che lo dirigono, Stefano Casciu e Angelo Tartuferi. Assurdo spostare opere che sono appena state esposte nel Museo. Il convento di San Marco fu il luogo dove il Beato Angelico maggiormente operò. Il complesso di San Marco, con la chiesa e il convento, era il cuore della vita religiosa e civile della Firenze del Quattrocento. Il rapporto fra il banchiere fiorentino Cosimo de’ Medici e il frate Giovanni, poi Beato Angelico, è ben visibile all’interno del convento: dal chiostro alla sala dello Spizio, dove sono il giudizio universale o il tabernacolo dei linaioli, fin dentro ogni cella dei frati domenicani è possibile vedere le opere del Beato Angelico.

Il Beato aveva atteso al trasferimento del Convento dal San Domenico di Fiesole a San Marco di Firenze. È la storia della sua vita. Negli anni fra il 1439 e il 1440 l’Angelico fu mandato a Cortona, per conto di Cosimo de’ Medici, per donare ai frati domenicani una pala del convento di San Marco. Il frate rimase nel convento fiorentino fino al 1445. Quando palazzo Strozzi fu costruito, Beato Angelico era morto da più di cinquant’anni. Giusto dunque vederlo a casa sua, con tante opere che sono state portate altrove, nei grandi musei stranieri. Già pochi anni dopo la morte l’Angelico figura come Angelicus pictor […] Johannes nomine, non Jotto, non Cimabove minor nel De Vita et Obitu B. Mariae del domenicano Domenico da Corella. Poco dopo è ricordato con Pisanello, Gentile da Fabriano, Filippo Lippi, Pesellino e Domenico Veneziano in un famoso poema di Giovanni Santi. Con l’arrivo a Firenze di Savonarola l’arte si fece strumento di propaganda spirituale e la figura dell’Angelico, artista e frate, fu presa a modello dai seguaci del frate ferrarese. Di questa lettura, che presupponeva la superiorità artistica dell’Angelico dovuta alla sua superiorità come uomo religioso si ha eco già nella prima vita dell’artista, pubblicata nelle “eulogie domenicane” di Leandro Alberti del 1517. Da quest’opera Vasari trasse le notizie per la puntuale biografia ne Le Vite del 1550, integrata con i racconti dell’ottantenne Fra Eustachio che gli raccontò varie leggende legate agli artisti di San Marco.

Negli storici del XIX secolo la vita spirituale dell’Angelico si fece leggenda. Nel XX secolo la sua personalità è stata meglio interpretata, oltre la devozione, ponendola tra i fondatori del Rinascimento fiorentino, creatori del nuovo linguaggio che si diffuse in tutta Europa. Per capire il significato estetico della sua impresa religiosa è necessario conoscerla nel Convento dove è maturata. Ed è San Marco, a Firenze, non a palazzo Strozzi, dove possono invece essere esposte le opere provenienti da tutti i musei del mondo, a partire dal Louvre. La casa del Beato non va profanata né spogliata. È il luogo della sua visione religiosa e artistica.


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