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Gianni e Marella Agnelli

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IN MERITO alla questione rappresentata nelle puntate della trasmissione “Report”, Rai 3, di domenica 15 e 22 ottobre, sulla consistenza della collezione Agnelli in seguito alle ripartizioni ereditarie, è doveroso indicare la posizione del Ministero della Cultura relativa all’importanza delle opere per il patrimonio artistico italiano. Essa si esprime attraverso il vincolo di particolare interesse, denominato “notifica”, affidato alla discrezionalità delle Soprintendenze, che, nel corso degli anni, hanno preso atto di acquisti prevalentemente di arte contemporanea, di autori non italiani, in gran parte provenienti dal mercato internazionale e conservati all’estero.

All’analisi degli elenchi, le opere acquistate soprattutto negli anni ‘60 e ‘70, come ho tentato di spiegare agli inviati di “Report”, non avevano né una particolare importanza né più di 50 anni, che all’epoca era il termine per stabilirne lo storico interesse. Tutti i capolavori di autori stranieri risultano in case non in Italia, e non potevano e non possono essere sottoposti ad alcun vincolo. Soltanto quattro casi appaiono oggi, attraverso l’inchiesta giornalistica, meritevoli di attenzione e tali da attivare l’impegno delle Soprintendenze di Venezia e di Torino. Si tratta dei bassorilievi di Canova provenienti da Villa Franchetti Albrizzi di Preganziol (che vanno considerati “immobili per destinazione”), sui quali è stata aperta un’inchiesta; gli esiti della quale non possono, in ogni caso, prescindere dalla conoscenza della loro attuale ubicazione. Di sicuro interesse per il patrimonio artistico italiano sono “Salutando” di Giacomo Balla, del 1908, e “Il mistero e la malinconia di una strada” di Giorgio De Chirico, del 1914.

Ho chiesto, con una lettera ufficiale, chiarimenti sulle opere di artisti italiani o che presumo, come i bassorilievi di Canova, debbano essere in Italia. Le opere che non sono in Italia non possono essere definite scomparse, se non per una grave approssimazione che sostituisce all’accertamento il sospetto. Per molti artisti contemporanei, e spesso coetanei, di Giovanni Agnelli non esistono i termini per una notifica. Esempio ne sia “La Chambre” di Balthus, dipinta nel 1954 e acquistata negli anni ‘70 quando aveva meno di vent’anni ed era assai lontana dai termini prescritti per un vincolo dello Stato. Nondimeno, dai miei accertamenti, risulta in Italia.

La confusione dell’indagine di “Report” ha un carattere persecutorio, basato sulla sovrapposizione fra interesse artistico e ricchezza. Delle opere conservate all’estero, e delle opere conservate in Italia, eseguite meno di settant’anni fa, gli Agnelli, come nessuno, non devono rispondere. La ricerca di “Report”, con il reperimento degli elenchi, conduce a queste conclusioni, per le quali si chiede agli attuali proprietari, gli eredi di Gianni e Marella Agnelli, anche attraverso le verifiche delle Soprintendenze di Torino e Roma, d’indicare l’attuale ubicazione delle tre opere della collezione Agnelli che, a termini di legge, non risultando importazioni temporanee, né richieste di esportazione, dovrebbero essere in Italia. Per gli altri dipinti, di autori non italiani e non conservati in Italia, appare insensata la pretesa di vincolo e di qualsivoglia tutela da parte del Ministero della Cultura.


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