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Tiziano, dettaglio dell'Assunta (1516-1518); Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari, Venezia

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FERRAGOSTO è la festa più modaiola dell’estate eppure ha origini antiche che poco hanno a che fare con la tintarella e le gite fuori porta. È l’etimologia stessa del nome a raccontarne la storia: “Ferragosto” deriva dal latino Feriae Augusti. Pare che a istituirla sia stato proprio l’imperatore Ottaviano il quale, come segno di munificenza verso il popolo, dopo essere stato proclamato dal senato Augusto – venerabile, eccelso, un semi-Dio insomma –, nel 18 a.C., stabilì che il sesto mese dell’anno, il mensis sextilis – l’attuale mese di agosto –, fosse interamente dedicato agli svaghi e ai festeggiamenti. Era infatti un mese in cui ricorrevano numerose festività in onore degli dei, in particolar modo i nemoralia, dedicati alla dea Diana Nemorense, durante i quali si accendevano le torce (sta forse qui l’origine dei falò sulla spiaggia?), o i vinalia rustica in onore del dio Giove. Era inoltre il mese che faceva seguito ai duri lavori dei campi, l’Imperatore dunque stabilì che in quel mese ci si astenesse dal lavoro per poter prendere parte alle celebrazioni. È probabilmente questa la ragione principale per cui gli italiani prediligono ancora questo mese per le vacanze, al contrario, per esempio, dei vicini tedeschi o svizzeri che vanno invece in ferie durante il mese di luglio.

Con l’avvento del cristianesimo, la Chiesa, nella sua mirabile operazione di inculturazione – probabilmente la più grandiosa e meglio riuscita rivoluzione culturale della storia dell’umanità – accolse il senso della festa ma ne mutò significato: niente più Diana né altre dei e dee dell’Olimpo ma la Theotókos, la Vergine Maria, venerata nel momento dell’Assunzione al Cielo. Quella dell’Assunta fu così la prima festa mariana della storia della Chiesa, fatto curioso giacché il suo oggetto, l’assunzione al cielo in corpo e anima di Maria, non è suffragata dal conforto delle Scritture.

Che le prime generazioni di cristiani credessero che la madre di Gesù godesse di una sorta di status ontologico speciale che la rendeva in un certo qual modo diversa dal resto del genere umano, è cosa nota. In particolar modo vi erano due aspetti della sua esistenza che, suggeriti dalla fede e supportati dalla speculazione di alcuni teologi, furono destinati a essere causa di accese controversie: il primo è relativo alla concezione verginale di Maria – l’Immacolata Concezione, appunto – che avrebbe posto la Madonna in una condizione assolutamente unica, essendo lei concepita senza peccato originale e, il secondo, strettamente connesso al primo, è appunto quello dell’Assunzione in anima e corpo al Cielo. Secondo la Bibbia e, in particolare secondo l’insegnamento di Paolo, è a causa del peccato che la morte è entrata nel mondo. Se Maria era stata preservata dal peccato, allo stesso modo doveva essere stata preservata dalla morte. Non solo. Ma come poteva colei che aveva condiviso la stessa carne e lo stesso sangue del primo dei risorti non seguirne la medesima sorte?

I vangeli canonici tacciono sul destino ultraterreno di Maria. Nei tre sinottici la Madre di Gesù scompare all’inizio della vita pubblica di Cristo senza comparire nemmeno ai piedi della croce. È solo Giovanni a raccontarci di lei austera e silenziosa sul Calvario. L’autore degli Atti degli Apostoli – che secondo una consolidata tradizione è l’evangelista Luca – cita quasi incidentalmente la presenza di Maria nel Cenacolo nel momento della Pentecoste. Così come con altri episodi e aspetti della vita di Cristo e dei suoi familiari, ciò che le fonti ufficiali tacciono, viene invece raccontato con dovizia di particolari negli scritti apocrifi i quali, pur essendo messi alla porta dalla Chiesa ufficiale, finiscono inevitabilmente per rientrare dalla finestra arrivando persino a influenzarne pratiche e devozioni.

I primi testi che descrivono l’Assunzione di Maria al cielo cominciano ad apparire già dal IV secolo dando vita a un prolifico filone letterario che annovererà apocrifi in greco, latino, copto, arabo, armento, siriaco e slavo. È difficile individuare con assoluta certezza il testo prototipo sebbene tra quelli più noti e più riprodotti vi sia sicuramente il testo della “Dormizione della Santa Madre di Dio”, attribuito dalla tradizione a San Giovanni evangelista – il discepolo a cui Gesù avrebbe affidato la Madre sul Calvario – e pertanto oggetto di grande considerazione presso i contemporanei. Nel racconto che l’autore fa del trapasso della Vergine, possono essere individuati molti degli elementi che si troveranno poi nelle opere d’arte dedicate al tema, come la presenza intorno al letto della morente di tutti gli apostoli giunti in maniera prodigiosa, secondo lo pseudo-Giovanni, dai vari luoghi del mondo in cui una certa tradizione voleva che si trovassero (Pietro e Paolo da Roma, Tommaso dall’India ecc.), e poi la coorte angelica che accoglie la Madonna assunta in Cielo. Anche Maria, secondo il racconto, dorme il sonno della morte per tre giorni al termine dei quali il suo corpo santo viene traslato nell’empireo.

E proprio intorno a questo momento prodigioso si svilupperà la prima grande differenza tra il modo in cui gli orientali e gli occidentali considerano la nostra ricorrenza: i primi raffigureranno e celebreranno la “dormizione” – l’addormentamento potremmo dire di Maria – i secondi invece porranno maggiormente l’accento sulla diretta traslazione in cielo della Madonna, non chiarendo se questa sia avvenuta dopo la morte o mentre era ancora in vita.

Quel che però è certo è che la credenza nel destino ultraterreno di Maria che continuerebbe a vivere in anima e corpo ebbe subito grande diffusione in tutto l’ecumene cristiano. Non è forse un caso che la quasi totalità delle cattedrali sorte sia in occidente che in oriente sia dedicata all’Assunzione o alla Dormizione di Maria. Nonostante la diffusione di una tale devozione, la Chiesa cattolica riconoscerà solo molto tardi, e al termine di innumerevoli dispute teologiche, il dogma dell’Assunzione che verrà sancito definitivamente da Pio XII nel 1950 con la costituzione apostolica “Munificentissimus Deus” con la quale viene solennemente dichiarato che, seguendo la fede secolare del popolo di Dio, la liturgia e l’insegnamento dei Padri della Chiesa e dei teologi, «l’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo» (si osservi che anche qui si tace riguardo alla morte della Madonna). La proclamazione del dogma è il capitolo finale di una storia lunga quasi quanto quella della Chiesa stessa, che arriva a definire la solennità dell’Assunta la “Pasqua dell’Estate” perché anticipa, in un certo qual modo, la risurrezione della carne, speranza che alimenta il credo cristiano.

Rimane però un cerchio da chiudere: cosa lega tutta questa storia che abbiamo raccontato alle Feriae Augusti? Ecco tornare in gioco la nostra Diana Nemorenense. I nemoralia, le festività dedicate alla Dea, avevano una forte componente misterica, le torce accese condotte nel bosco rappresentavano la luce che illumina le tenebre, l’eterno ciclo di notte e giorno, morte e vita. Con il tempo il culto di Diana sembra sovrapporsi a quello di Proserpina e anche Diana diventa una divinità ctonia che muore e risorge. La morte di Diana veniva celebrata nel giorno corrispondente al nostro 13 agosto, la sua risurrezione il 15. Quale la circostanza migliore per celebrare la risurrezione della donna più venerata dai Cristiani?


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