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Giuseppe Casile, recentemente scomparso a Reggio Calabria

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Il Meridione ha avuto tanti padri che l’hanno accompagnato nella sua travagliata storia indicandogli vie non sempre capite solo perché percorse prima degli altri, uno di questi Giuseppe Casile, fondatore e Presidente del più importante circolo culturale del Meridione, il Rhegium Julii, è stato il padre “operaio” della cultura calabrese e dei tanti giovani che lo hanno conosciuto e seguito incantati dall’etica inflessibile, dalle smisurate capacità relazionali, dal carattere forte, ma dall’animo buono di un uomo normale, come lo aveva definito Iosif Brodskij, premio Nobel ( sono stati 5 a visitare grazie a Casile Reggio Calabria) vincitore del Premio Rhegium Julii, per esaltarne per paradosso la straordinaria e inaspettata grandezza.

È difficile condensare in poche righe gli aneddoti e le storie di cinquant’anni di impegno per una terra, come quella calabrese, non più  ultima grazie all’avventura di un manipolo di visionari, da lui guidati, che partendo da uno scantinato di via Melissari a Reggio Calabria sono arrivati al Quirinale, ricevuti da Pertini, Scalfaro, Cossiga, Napolitano e poi consacrati alcuni anni addietro dalla vittoria del primo Premio nazionale del Ministero della Cultura per il miglior Progetto culturale d’Italia.

Infiniti i ricordi di autori, cenacoli di poesia, premi letterari, partecipazioni ai più importanti eventi culturali italiani, come la Fiera del Libro di Torino, che a maggio accoglieva il circolo sempre guidato dall’inesauribile voglia di donare e donarsi del suo Presidente, emblema anche inconsapevole di cosa deve essere un leader: qualcuno che fa crescere gli altri soprattutto se giovani, soprattutto se come me controcorrente e amante dell’ironia, quell’ironia che era anche  la sua dote peculiare e che usava per abbattere i ritardi della burocrazia le ingiustizie della politica, le classifiche che premiavano gli amici e non il merito, soprattutto quando refrattario al do ut des.

I suoi insegnamenti, hanno cambiato la vita di un gruppo numerosissimo di giovani, ai quali cedeva spazi e onori, inflessibile nella selezione del merito, scopritore di giovani ed emergenti scrittori poi saliti alla ribalta nazionale, difendendo, non solo nell’attività culturale, la libertà di scelta ed espressione di ognuno, sacrificando a volte anche la sua straordinaria famiglia (malcelato segreto delle sue fortune) sull’altare di un sogno, realizzato, di indicare a Reggio Calabria, alla Calabria, al Sud, l’unica via per emergere: volare alto.

Si definiva operaio della cultura, per la sua capacità di concepire e realizzare eventi culturali impensabili alle nostre latitudini, accompagnare i più famosi e potenti ospiti, che una volta giunti a Reggio Calabria ne venivano ammaliati e contemporaneamente pronto a sistemare sedie, controllare microfoni, spegnere le luci quando tutto finiva.

Se la Calabria ha perso un padre, io ne ho persi 2 in un mese, quello straordinario biologico e Casile secondo genitore di una generazione di ragazzi che hanno saputo vivere attimi di felicità; sono altresì certo che fingerebbe di non gradire tutti questi, per lui retorici, encomi liquidandoci con una delle sue più fulminanti e salaci battute (all’editore che con malizia gli disse che era il migliore di tutti, rispose che era la 100^ persona che glielo diceva, ma anche la 100^ che lo prendeva per i fondelli) , magari presa a prestito da Nicola Giunta, poeta vernacolare da lui amato e rivalutato come fatto con tutta la tradizione letteraria calabrese.


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