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Lina Sotis

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L’ALFABETO delle buone e delle cattive maniere include di tutto; e basta un pelo per ritrovarsi dalla parte giusta o sbagliata. Come gli abbracci, la moda, certe parole. Il nuovo Bon Ton di Lina Sotis, a cura di Carlo Mazzoni (Baldini + Castoldi, 2023): un breviario pensato per i nuovi anni Venti e per quelli a venire. Agile e ironico, riflette e interpreta i cambiamenti avvenuti nel nostro tempo rispetto alla prima edizione del 1983. Il titolo resta fedele con quel bon ton che come ricorda l’autrice le fu suggerito da Roberto Calasso al posto di galateo, ma le regole per evitare le cialtronerie restano tante, variegate e cucite per ogni situazione. Il nuovo Bon Ton non è solo un manuale di buone maniere, di regole messe nero su bianco in ordine alfabetico dalla A alla V per comportarsi bene in società, ma l’esposizione di un vivere urbano e civile.

Signora Sotis, chi sono i cafoni di oggi?

«È tutto cambiato, la prima volta che è stato fatto il galateo era perché c’erano dei cafoni che mangiavano male a tavola, quelli che dicevano piacere quando venivano presentati, quelli che dicevano buon appetito, che si mettevano gli stecchini in bocca – cioè le solite cafonerie – oppure indossavano troppi gioielli. Adesso il vero cafone è quello o quella che cammina per strada senza guardare, parlando al telefono o mandando messaggini sul suo telefonino che poi è il vero partner di vita che hanno tutti adesso. Ad esempio, io sono una signora di 80 anni che cammina col bastone, con i capelli bianchi. Diciamo una che si vede, ma mi vengono tutti addosso e non perché miopi ma perché stanno parlando delle loro cose: ecco, quella è veramente villaneria. Poi, gli altri villani e villane vistosi ed irriverenti sono quelli che camminano in città in pantaloni corti. Ci sono certe donne che camminano con pantaloni forse troppo corti che porteresti al mare: questa è una totale mancanza di rispetto verso la propria città dove i cittadini hanno fatto molto per metterci un bel monumento, delle belle case. In città ci si comporta da cittadini e al mare ci si comporta da mare, qui allora è un’altra cosa: pantaloni corti, topless, nudità in posti riservati. Ma la città non ammette gli infradito e non ammette la donna troppo smutandata, quelle sono le cippone (viene da cheap, ma non parliamo inglese). Non vogliamo cippone nella nostra vita anche perché la società con uno sguardo le esclude».

Perché il selfie è la cosa più cafona del decennio?

«Perché tutti si fanno dei selfie in dei luoghi assolutamente impropri. Alla Scala che è il teatro di Milano considerata di grande prestigio, importantissima, cantano solo i più importanti arrivano con il loro telefonino e giù a scattare selfie: se ne fanno uno, se ne fanno davanti alla platea, se lo fanno con dietro gli ori: è una cosa terribile. I veri, grandi milanesi non ci vanno più. La Scala ha perso il suo charme. Non è inclusione, è semplicemente maleducazione. Il selfie te lo fai in famiglia o al solito sulla spiaggia quando sei da solo».

I messaggi vocali?

«Quelli sono per le persone molto pazienti, con udito buonissimo e tanto tempo da perdere. Normalmente chi lascia un messaggio vocale è logorroico, per cui inizia con un “com’eri bella quando avevi sedicianni…”, un romanzo. Il messaggio vocale lo eviterei. Basta un messaggio veloce di tre parole. Noi non dobbiamo dipendere da questa cosa assurda che è diventato il cellulare. Prima era comodo adesso è “ti faccio vedere come non so vivere”».

Il maleducato si rintraccia anche nel modo di camminare?

«Sì, anche dallo sculettamento troppo svettante e dal vestito troppo stretto… Cioè uno si veste per coprirsi non per far vedere com’è e svestito, quello denota se è una signora che è una cafona o è una cafona. E poi in tempi di così pochi uomini – come sono latitanti i nostri maschi – noi siamo diventate veramente troppo noiose. Perché annullare il desiderio? Il “ti vedo e non ti vedo” è terribilmente più sexy, di “ecco come sono”».

E chi sono, invece, le persone perbene?

«Le persone perbene sono i tanto vilipesi – ne abbiamo parlato male per anni, compresa io – sono i borghesi, quelli che seguono le regole, non fanno mai del male a nessuno. In fondo anche noiosi, però se ti pestano i piedi ti chiedono scusa con un sorriso; se ti incontrano per strada si tolgono il cappello per salutarti, sono quelli che ti corteggiano. Era così bello, adesso che non ci sono più i corteggiatori si sente la mancanza. Oggi sembra che tutti se ne fregano l’uno dell’altro. Poi ci sono le regole basilari: prima il nome e poi il cognome, ad esempio».

Più importante essere educati o eleganti?

«Sicuramente educati. L’eleganza ognuno la vede a modo suo, per cui anche un signore con pantaloni rosa e la giacchetta verde può sembrare “oddio che paura” mentre lui si sente elegantissimo. L’ eleganza è una cosa che uno ha dentro, un po’ la insegnano mamma e papà e un pochino sta anche nel guardare gli altri ma non quelli smutandati. Ma in un momento di vita così difficile, così solo, così con poco futuro la cosa più importante è la generosità, un sorriso, la complicità e l’aiutarsi l’uno con l’altro».

Il galateo di oggi fa rima con la gentilezza?

«Sì brava!».

Lei ha scritto: cafona è anche la donna “che indossa un abito per far vedere come starebbe meglio senza quell’abito addosso”. Che significa?

«Significa che uno non si veste per fare vedere come è sotto ma per avere un abbigliamento gradevole. Una signora troppo fasciata che sembra quasi nuda è una signora che annulla il desiderio e fa capire solo che lei è una svippona. Una sposa scollata è un insulto al tempio, alla cattedrale, agli altri che la guardano».

Nel suo galateo c’è una dichiarazione d’amore per gli alberi e la natura…

«Noi prendiamo un anticipo sulla vendita del libro. Tutti e due: io ho ottanta anni per cui si capisce perché, ma lui Carlo Mazzoni ne ha quarantadue ed è quello che ha dato l’idea: il compenso iniziale lo diamo tutto in alberi. Lo doniamo alla città per i nuovi alberi da mettere davanti all’ospedale Buzzi per bambini. C’è bisogno di verde adesso nelle città, c’è bisogno di meno solitudine, di sorrisi e di sguardi».

I baci, gli abbracci? Invece…

«Quelli di cuore sono meravigliosi, quelli di saluto non esageriamo. È come la parola cara: prima era una parola che si diceva a qualcuno che ti era caro, adesso la commessa dice sempre cara a tutte le clienti che entrano: è una cosa fastidiosissima. Perché una persona che non ti ha visto mai in vita sua ti dice cara? Io voglio essere chiamata cara dal mio fidanzato, dal mio papà. Non voglio svilire così una cosa bella».

Avere un amante oggi quanto è diverso rispetto al Settecento?

«Avere un amante oggi è difficilissimo. Adesso le ragazze soffrono per la mancanza di uomini meno l’amato perfido che trovate sul computer e un google pieno di richiami, le donne non piacciono più. Carlo Mazzoni ha spiegato anche il perché: fare l’amore con una donna è come fare un esame; fare l’amore con un ragazzo è molto più semplice , se va male si ha un conoscente in più, se va bene un amico in più, se va benissimo un amore in più. Ecco perché adesso nel nostro mondo – sia in America che in Europa, non ho le idee chiare in Africa – ci sono tanti fluidi. Giovani uomini, vecchi uomini tornate anche con i vostri difettacci basta che non siano violenti! Basilare adesso è avere un partner complice, non un dipendente come il cellulare».

Perché fare “l’amore in macchina – risolve sempre tutto”? Non è scomodo o poco elegante?

«Perché è un amore tenero, quando io ero giovane lo facevo. Te non l’hai mai fatto?».

Nella società dell’immagine è meglio il posto in prima fila o nell’ultima?

«Beh, se vuoi essere considerato importante, elegante, che la sa lunga per carità sempre l’ultima sedia a destra. Si sa che lì ci sta il presidente quando non è obbligato a stare in prima fila».

Questi sono gli anni più volgari degli ultimi secoli?

«Sono gli anni più volgari che io ho vissuto. Io sono nata nel ‘44 ne ho vissuti tanti, gli anni dell’esibizionismo erano quasi meno volgari».

Non sarebbe il caso di insegnare le buone maniere a scuola?

«Magariiii».

In conclusione, che cosa sono oggi le buone maniere?

«Comportasi in modo che dai gioia all’altro, agli altri di vivere con la tua presenza. Comportasi in modo che la complicità sia sempre vincente perché anche se sconosciuto o sconosciuta ti è amico e se hai bisogno ti aiuta».

È il momento dei saluti e Sotis chiude così: «Ricordati di dire che sono vecchia perché una cosa che dobbiamo fare è accettare la nuova età che si presenta. Nasce una nuova società, si vive fino a cento anni. Impariamo a vivere bene. Accettati e non ghettizzati. Essere vecchi non è un peccato è una punta della vita… Vale anche per i disabili che fanno parte di noi. E soprattutto, impariamo a divertirci».


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