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John Lennon

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Niente più che un compitino redatto in bello stile, come un vestitino da indossare nei giorni di festa con tutti i bottoncini abbottonati.

Ecco cos’è Imagine.

Il brano più famoso composto da John Lennon nel 1971, all’interno dell’omonimo 33 giri, da solista, dopo aver lasciato i Beatles, quindi ormai mezzo secolo fa, è – per la musica, nell’innesto d’immaginario nichilista – una specie di Nutella, anzi, come la Fanta che non è buona, ma è tanta.

Tanta di lagna e di bla-bla, il caso di dire (se non fosse che proprio Greta Thunberg l’incarna – questa canzone – come il fiat lux, la creazione). Era il tempo della guerra del Vietnam, della controversa presidenza Nixon e delle contestazioni giovanili che infiammavano – “arcobalenandola” – l’America.

Lennon lo compose nella sua residenza inglese utilizzando un pianoforte Steinway. Lui stesso ammise che per arrivare al grande pubblico, era stato necessario cospargere di zucchero il messaggio del testo, in altre dichiarazioni sostituiva lo zucchero con il cioccolato.

A rileggerlo oggi, appunto, un compitino.

Si auspica la pace nel mondo, ossia il proclama di ogni concorso per anime belle, e per raggiungere questo ambizioso obiettivo Lennon si immagina un globo senza cielo, ovvero, un mammozzo perso nel cosmo orbo di qualunque trascendenza.

Niente Paradiso o Inferno, “dopo”. La beatitudine – ma nella descrizione che ne fa il testo è un limbo – è giusto a portata di mano: basta non farsi più la guerra.

Ne sa più di Eraclito, Lennon. Ma anche più di quanto possa saperne un Karl Marx: urge – manco a dirlo – abolire la proprietà privata, quindi gli Stati sovrani e le confessioni religiose poi, quando si sentono depositarie di un’unica verità e convinte che sia giusto imporre gli altri questa certezza con qualunque mezzo, sono da abrogare.

E su questo, magari, si potrebbe riflettere. Ma è un problema millenario che inizia giusto al tempo delle Crociate promosse dai pontefici contro gli infedeli musulmani. A proposito di Marx Lennon disse che questo testo gli si appaiava naturalmente con “Manifesto del partito comunista” di Marx e Engels, anche se lui non si sentiva un comunista, semmai un socialista gentile. All’inglese, appunto: gentile e bello nello stile, e coi bottoncini ben corrispondenti alle asole. Come i dischi in vinile 45 giri, i capelli lunghi e gli occhiali tondi sul naso, le parole di Lennon – ma anche il giro armonico – nell’epoca odierna risultano datate. Tra sovranisti e europeisti, con la crisi di leadership in cui sembra dibattersi Biden alle prese con questioni epocali – la fuga dall’Afghanistan, piuttosto che l’incalzare del Covid – col balzo in avanti del capitalismo cinese, con la Grande Madre Russia di Putin e i temi ambientali che promettono o minacciano la transizione ecologica, la sovrapposizione di Imagine è solo un fuori sincrono neppure situazionista ma perfetto per ogni situazione.

Il brano, infatti, è nel tempo diventato un culto da anime belle.

Trasversale inno alla pace, interpretato dai più grandi della musica pop, da Madonna a Lady Gaga, il pezzo è facilmente orecchiabile e comprensibile, buono per ogni abbinata.

Lennon, qualche tempo dopo averlo composto, indicò in Yoko Ono la sua fonte di ispirazione, in particolare alcune poesie della propria moglie, e sarebbe stato più giusto indicare come autori la coppia Lennon-Ono. La recensione della rivista “Rolling Stones”, all’uscita dell’album, fu piuttosto freddina: “Ci sono avvisaglie che i messaggi di Lennon non siano solo noiosi ma anche irrilevanti”.

Nel tempo, in obbedienza allo Spirito del Tempo, hanno cambiato opinione. Inseriscono la canzone tra le migliori di tutti i tempi.

La parte più interessante del testo oltre al tratto utopistico che ha  sempre riguardato la riflessione politico-filosofica, da Thomas More, a  Campanella, per non parlare di Platone a cui si deve la creazione del  termine  “u-topos”, letteralmente un luogo che non c’è, al Rousseau  del  “Contratto sociale” dove l’uguaglianza tra gli esseri umani può  diventare un totalitarismo della maggioranza e nei suoi esiti pratici ha  influenzato il meccanismo del Terrore attuato da da Robespierre durante  la Rivoluzione francese, come sistematica eliminazione di qualunque  avversario, la parte più interessante – si diceva – la strofa più  pregnante è quella in cui Lennon canta che per “fare” devi prima  “immaginare”.

   Poco prima di essere ucciso, nel 1980, dichiarò: “Prima bisogna pensare a volare, poi si vola. Concepire l’idea è la prima mossa”.  In fondo rimane il vero talento di qualunque artista, al di là del risultato: acchiappare un aquilone, immaginare un’altra cosa – il bagliore di una falena, lo stapparsi di una Fanta – e lasciare tutto appeso. Nello scorrere del tempo, in attesa che diventi Spirito.

 Evanescenza di un comandamento. Fondato sul niente, nell’imperio del Nulla.


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