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Quella del Ponte sullo Stretto è una lunga storia: se ne parla dal 1978: Berlusconi stava per riuscirci, ora tocca a Meloni


Seguo le sorti del Ponte sullo Stretto di Messina da quasi cinquanta anni; infatti nel 1978 ero un dirigente della Cassa del Mezzogiorno e seguivo i Progetti Speciali che erano in corso di attuazione in Sicilia e nel mese di luglio di quell’anno partecipai ad un interessante convegno presso l’Accademia dei Lincei sul tema “L’attraversamento dello Stretto di Messina e la sua fattibilità”. Ricordo che la introduzione ai lavori fu tenuta dall’ingegner Gianfranco Gilardini (Consigliere Delegato del Gruppo Ponte di Messina) e non solo il dibattito fu interessante ma furono utilissimi gli elaborati che vennero forniti alla conclusione di tale confronto. Ricordo che l’ingegner Gilardini venne a trovarmi più volte alla Cassa del Mezzogiorno per espormi nei minimi dettagli un lavoro davvero encomiabile che il Gruppo stava effettuando attraverso un controllo dettagliatissimo dei fenomeni tellurici che avevano interessato e che interessavano l’intera area dello Stretto.

PONTE SULLO STRETTO, LA STORIA DAL 1981 AL 1984

Nel 1981 sono diventato capo della segreteria tecnica del Ministero del Mezzogiorno, guidato allora da Claudio Signorile e, proprio in tale periodo, si è ulteriormente approfondito sia la componente tecnica che economica dell’opera. Va dato atto che proprio in quegli anni le due Regioni, Sicilia e Calabria, effettuarono un numero rilevante di seminari tutti finalizzati alla costituzione di una Società al cui interno le due Regioni potessero avere una adeguata rappresentanza.
Nel 1984 diventai responsabile del Piano Generale dei Trasporti e devo dare atto il gruppo degli esperti durante i lavori confermò alla unanimità un concetto che ritengo non solo forte ma senza dubbio ancora valido ed attuale: il nostro Paese era penalizzato dall’assenza di alcuni anelli mancanti; in particolare non disponeva di adeguati valichi nell’attraversamento delle alpi e di un collegamento stabile con la Sicilia. In realtà il ponte sullo Stretto era un anello mancante del sistema Paese nella sua funzione di interazione organica tra aree chiave come i Paesi della Unione Europea ed una realtà strategica come la Sicilia.

L’APPROVAZIONE DEL PIANO GENERALE DEI TRASPORTI E I SUOI AGGIORNAMENTI

Io rimasi dopo l’approvazione del Piano Generale dei Trasporti al Ministero sia per seguire l’aggiornamento del Piano, sia per dare attuazione formale ad una serie di azioni e di scelte prodotte da uno strumento così importane e in tale ruolo ho seguito i lavori di aggiornamento degli studi del progetto che trovarono una interessante conclusione nella relazione presentata dal Ministro dei Trasporti Giorgio Santuz e trasmessa alla Presidenza della Camera l’11 giugno 1988. In tale nota tra l’altro veniva precisato che “il 30 dicembre 1985, la Concessionaria aveva trasmesso agli enti concedenti, una sintesi del rapporto di fattibilità ambientale, tecnica, imprenditoriale ed economica sull’attraversamento stabile viario e ferroviario dello Stretto.
L’edizione integrale con le relative 300 monografie disciplinari fu puntualmente consegnata prima del 27 dicembre 1986, prescritto dalla ripetuta convenzione con gli enti concedenti, contestualmente al rapporto della Consulta estera – composta da scienziati di chiara fama internazionale – la quale effettuò il controllo di processo e di assicurazione di qualità, sulla correttezza e validità sia della metodologia adottata dalla Concessionaria sia sugli studi effettuati sia sui risultati ottenuti. Gli studi erano relativi alle tre soluzioni tipologiche originali elaborate dalla Concessionaria Stretto di Messina SpA: ponti aerei, gallerie alvee e gallerie subalvee.

UNA LUNGA FASE DI STUDI FINO AGLI ANNI ’90

Poi negli anni ’90 (in particolare dal 1991 al 1997) sono stato Amministratore della Società Treno Alta Velocità e siccome il progetto della nuova rete ferroviaria ad alta velocità era un “progetto in qualità”, cioè qualità sia come capacità organizzata nell’ottenere un prodotto/servizio con caratteristiche intrinseche conformi alle aspettative tecniche e di utilità, sia come capacità di svolgere correttamente i processi mirati ad ottenere qualità per caratteristiche e valore del prodotto/servizio, l’allora Amministratore Delegato della Società Stretto di Messina, Professor Baldo de Rossi, mi chiese di collaborare nella definizione delle linee guida che avrebbero caratterizzato in “qualità” il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina.
Ho voluto ripercorrere questa lunga fase di studi, di ricerche e di approfondimenti sia per ricordare quanto sia abbondante il materiale legato alla realizzazione dell’opera, sia per stigmatizzare un dato: fino alla fine degli anni ’90 il clima era un clima ricco di grande attenzione, di grande interesse tecnico alla realizzazione dell’opera. Senza dubbio c’erano anche attacchi alla possibile realizzazione dell’opera ma tutti erano, a mio avviso, tranquilli perché trattavasi di una interessante “bandiera programmatica” utilizzata, nel migliore dei casi, per vestire le campagne elettorali che nel nostro Paese si susseguivano e si susseguono con un ritmo quasi semestrale. Ma non c’era assolutamente il rischio che l’opera, voluta essenzialmente da un’area politica di centro destra, potesse essere realizzata.

LA LEGGE OBIETTIVO NEL 2001 E LE PRIME OPPOSIZIONI ALL’OPERA

Invece questa gratuita tranquillità finisce nel 2001 con la Legge 443/2001 (Legge Obiettivo) voluta dall’allora Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Pietro Lunardi; in tale norma era allegato il Programma delle Infrastrutture Strategiche ed al suo interno erano indicati espressamente, come voluto dal Piano Generale dei Trasporti, la realizzazione degli anelli mancanti: quattro nuovi valichi ed il Ponte sullo Stretto. Ma questa scelta diventa ancora più concreta con l’avvio dei lavori, da parte della Commissione Europea nel 2002, delle proposte di aggiornamento delle Reti Trans European Network (TEN – T).
Io vengo delegato a rappresentare il Paese nel gruppo di lavoro che definisce il nuovo assetto delle Reti TEN – T, collaboro con il Commissario europeo Van Miert e nel 2004 viene approvato il nuovo aggiornamento L’allora Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Pietro Lunardi sottoscrisse il documento varato definitivamente dall’allora Commissaria De Palacio e condiviso dai 28 Paesi della Unione Europea.

Il primo segnale di opposizione all’opera

Ebbene, in quegli anni si ha il primo segnale di opposizione all’opera da parte di chi scopre che si sta passando dalla impostazione teorica e generica alla reale possibile realizzazione dell’opera: il programma delle Reti TEN – T aggiornato viene sottoposto alla approvazione del Parlamento europeo ed in quella occasione, alla prima lettura del provvedimento, il parlamentare siciliano Claudio Fava del gruppo socialista comunitario riesce a mettere a rischio l’approvazione della proposta che, come detto prima, conteneva la realizzazione del collegamento stabile sia all’interno dei quattro Corridoi chiave che attraversavano il Paese, sia come opera a se stante.
Dobbiamo ringraziare il Commissario Van Miert che in una sua audizione nel Parlamento europeo ribadì: “È davvero inconcepibile che abbiamo realizzato un collegamento stabile tra Danimarca e Svezia, un collegamento stabile lungo 21 Km non in terra ferma, un collegamento tra un Paese di 4 milioni di abitanti con uno di 5 milioni di abitanti e poi non vogliamo realizzare un collegamento di 3 Km che unisce una realtà territoriale, la Sicilia, con 6 milioni di abitanti con il continente europeo”.

LA LUNGA STORIA DEL PONTE SULLO STRETTO: DAL GOVERNO PRODI AL GOVERNO BERLUSCONI

Ma ormai era cambiato, ripeto, il clima; l’ho ricordato anche in altre mie note. Tuttavia un atteggiamento quanto meno non negativo lo leggiamo durante il governo presieduto da Romano Prodi; Prodi infatti non è contrario all’opera ma non la ritiene prioritaria: “prima dobbiamo completare tante altre opere” ripete in più convegni sulla infrastrutturazione del Paese. E quando i sostenitori dell’opera gli ricordano che grazie alla Legge Obiettivo si stavano realizzando proprio le opere che per anni erano rimaste ferme, sempre il Presidente Prodi precisava che era un investimento che il nostro Paese non poteva affrontare in quel momento storico.
Le preoccupazioni di coloro che temevano che l’opera si realizzasse si amplificano con il Governo Berlusconi del 2008, Berlusconi riesce a confezionare una proposta progettuale definitiva entro il 2011; le preoccupazioni raggiungono la soglia della pura schizofrenia politica, sia da parte di coloro che si definiscono “ambientalisti” che da parte dello stesso Partito Democratico. Ho seguito queste fasi di vera insofferenza in quanto ricoprivo il ruolo di Capo della Struttura Tecnica di Missione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e più volte ho assistito a lunghe riunioni al CIPE, al Ministero dell’Ambiente, alla Società dello Stretto di Messina mirate a superare una serie di osservazioni e di approfondimenti richiesti durante i lavori della Verifica di Impatto Ambientale.

IL GOVERNO MONTI E LA (PROVVISORIA) RITROVATA TRANQUILLITA’

Il dramma degli oppositori dell’opera è finito con la crisi del governo Berlusconi e con l’arrivo del Governo Monti ed è così tornata la tranquillità; addirittura ci sono dei convegni negli anni 2013, 2014, 2015 e 2016 in cui si prospettava la opportunità di approfondire gli elaborati progettuali di un possibile collegamento stabile; oramai si era tornati nella fase degli studi, cioè nella fase che dimenticava che per oltre mezzo secolo si era analizzato nei minimi particolare la proposta progettuale.
Ma la paura è tornata in occasione del Forum organizzato dal Comitato di esperti coordinato dal manager Vittorio Colao, nel mese di giugno 2020, in cui vennero ampiamente dibattuti i futuri scenari del Paese ed in tale dibattito alcuni parlamentari della sinistra, in particolare del PD come ad esempio l’ex Ministro Franceschini e lo stesso Matteo Renzi ribadirono la opportunità e la essenzialità del collegamento stabile sullo Stretto di Messina. Queste dichiarazioni fecero scattare di nuovo le preoccupazioni e siamo passati davvero a momenti di vera patologia; una patologia che trovò evidente conferma nei comportamenti di due Ministri: Paola De Micheli ed Enrico Giovannini.

La Commissione di approfondimento

Durante la conduzione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti da parte della Ministra Paola De Micheli venne istituita una Commissione per approfondire la proposta del possibile collegamento.
Non ho mai messo in dubbio sia la validità dei membri di tale Commissione che le relative conclusioni; ho però sempre ricordato che una Commissione così importante non doveva essere istituita con una “determina” ma o con un Decreto del Ministro, o non con un DPCM o addirittura con un atto condiviso dal Parlamento. Ma l’elemento più anomalo ed al tempo stesso più rassicurante per gli oppositori del Ponte lo abbiamo con il Ministro Enrico Giovannini che veramente mise la parola fine alla possibilità di realizzare l’opera. Giovannini infatti chiese alla Commissione preposta a dare indicazioni sulla realizzazione del Ponte di esaminare anche la “opzione zero” e contestualmente ottenne l’inserimento nella Legge di Stabilità di una somma di 500 milioni di euro per acquistare nuovi traghetti per il collegamento tra la Sicilia ed il continente. Era tornata la serenità: il Ponte era solo una idea.

CON IL GOVERNO MELONI VERSO LA REALIZZAZIONE DEL PONTE SULLO STRETTO

Poi sono successi due fatti:
• La Regione Sicilia, grazie al Presidente Musumeci ed al Vice Armao, fece redigere una ricerca da una primaria società che dimostrò che il mancato collegamento stabile avrebbe prodotto un danno di 6,3 miliardi di € all’anno nella crescita del PIL dell’isola
• Il Governo Meloni appena insediato decise di realizzare l’opera
Ed ora la fibrillazione di coloro che da sempre erano convinti che si rimanesse nell’ambito della pura masturbazione mentale ha raggiunto livelli inimmaginabili e come al solito non è rimasto che ricorrere alla tecnica più facile e devo dare atto finora più pagante: il ricorso alla denuncia, il ricorso alle possibili illegittimità e questa, lo so, è senza dubbio l’ultima spiaggia per coloro che ufficialmente, o ufficiosamente o intelligentemente mimetizzati cercheranno di mettere in crisi la realizzazione dell’opera. Ricordo a questo gruppo di “guastatori organizzati” che il prossimo Parlamento europeo e la prossima Commissione europea potrebbero assumere decisioni talmente forti da garantire in modo inequivocabile la realizzazione dell’opera.

Sono convinto che questi “guastatori organizzati” hanno perso ma, purtroppo, contemporaneamente ha perso il Paese che ha dovuto ritardare per mezzo secolo la realizzazione di un’opera essenziale per la Unione Europea, per il nostro Paese e per il Mezzogiorno. Approfitto per dare un consiglio al nostro Parlamento: istituisca una Commissione per identificare le finalità di questi “guastatori organizzati”. Sono sicuro che i lavori di una simile Commissione parlamentare scoprirebbero che da ormai mezzo secolo coloro che chiamo “guastatori organizzati” perseguono solo un obiettivo: incrementare la decrescita del Paese e del Mezzogiorno perché in tal modo si amplifica la crisi sociale e cresce il dissenso


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