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Il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni

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PER LA prima volta un presidente della Repubblica si reca a Barbiana, per celebrare il centenario della nascita di don Milani. L’occasione è utile a Sergio Mattarella non solo per ricordare l’importanza del maestro di Barbiana, «un educatore», «una guida per i giovani che sono cresciuto nella scuola popolare» che «combatte il privilegio e l’emarginazione». Ma è anche l’occasione per soffermarsi sull’importanza della scuola «come luogo di promozione e non di selezione sociale» perché «l’obiettivo della scuola l’eliminazione delle differenze». E poi ancora: «”La scuola è di tutti. La scuola deve essere per tutti”. Spiegava infatti don Milani, avendo davanti a sé figli di contadini che sembravano inesorabilmente destinati a essere estranei alla vita scolastica: “Una scuola che seleziona distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo di espressione. Ai ricchi toglie la conoscenza delle cose”. Impossibile non cogliere la saggezza di questi pensieri. Era la sua pedagogia della libertà».

Un passaggio, poi, è riservato al merito che «non è l’amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto e per non far perdere all’Italia talenti; preziosi se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti deve essere garantito. I suoi ragazzi non possedevano le parole. Per questo venivano esclusi. E se non le avessero conquistate, sarebbero rimasti esclusi per sempre. Guadagnare le parole voleva dire incamminarsi su una strada di liberazione. Ma chiamava anche a far crescere la propria coscienza di cittadino; sentirsi, allo stesso tempo, titolare di diritti e responsabile della comunità in cui si vive».

A questo punto Mattarella intende far sapere che don Milani «aveva un senso fortissimo della politica: la Costituzione era il suo vangelo laico». Tutto questo per dire che l’azione di Don Milano dovrebbe ispirare gli attuali attori della politica italiana. Tuttavia c’è un passaggio che ha suscitato più interesse nel dibattito ed è quando il Capo dello Stato ha osservato come la scuola di Barbiana «cercava di instaurare l’abitudine a osservare le cose del mondo con spirito critico. Senza sottrarsi mai al confronto, senza pretendere di mettere a tacere qualcuno, tanto meno un libro o la sua presentazione. Insomma, invitava a saper discernere».

Nella stessa giornata l’inquilino del Colle fa sapere che martedì prossimo andrà nelle zone dell’Emilia Romagna colpite dall’alluvione. Ed è proprio su questa tragedia che si sta consumando uno scontro all’interno della maggioranza. Perché Palazzo Chigi starebbe ritagliando il ruolo del commissario alla ricostruzione a un tecnico. E non dunque al presidente della Regione, Stefano Bonaccini. Una decisione, se confermata, che sarebbe contraria a quanto chiesto dai governatori di centrodestra. Che in più occasioni si sono espressi a favore di Bonaccini sostenendo che assicurerebbe il legame tra il governo centrale e le istituzioni locali. L’impressione è che il partito di Giorgia Meloni voglia gestire i fondi della ricostruzione dalla postazione di Palazzo Chigi. Sia come sia, al momento l’affaire commissario appare congelato. «Lo nomineremo al momento opportuno – assicura il vicepremier Antonio Tajani – adesso serve affrontare il tema emergenza, avete visto quello che sta accadendo anche dal punto di vista sanitario. Faremo tutto ciò che serve».


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