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Il ministro Raffaele Fitto

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E’ ENTRATA ufficialmente nel vivo la trattativa tra il governo italiano e la Commissione Europea sulla proposta di revisione del Pnrr – comprensiva del capitolo Repower Eu – recapitata a Bruxelles a fine luglio; e mentre è prossimo l’agognato incasso della terza rata dei fondi europei, i 18,5 miliardi legati al raggiungimento dei target e delle milestone del secondo semestre 2022, dal tenore delle interlocuzioni sulle modifiche di alcuni obiettivi della quarta tranche sembra ci siano anche le condizioni per ufficializzare in tempi rapidi la richiesta per la quarta tranche da 16,5 miliardi che potrebbe quindi arrivare entro la fine dell’anno. E sarebbe un vero “toccasana” per le (esangui) casse statali.

Sulla terza rata del Pnrr il Consiglio europeo dovrebbe pronunciarsi durante la riunione fissata per l’11 settembre. Ieri l’incontro a Palazzo Berlaymont tra il ministro degli Affari Ue, Coesione, Sud e Pnrr, Raffaele Fitto, e la responsabile della Task Force per il Recovery, Celine Gauer, ha avviato il confronto sul nuovo Piano messo a punto dall’esecutivo al fine di mettere in sicurezza i fondi del Next Generation Ue, rivedendo o spostando su altri programmi di finanziamento i progetti a rischio di ammissibilità o di sforamento sulla scadenza, perentoria, del 2026, e allo stesso tempo recuperare le risorse per gli investimenti e le riforme del Repower Ue, mirate all’indipendenza dai combustibili russi e all’efficientamento energetico del Paese.

Si è trattato di un primo confronto «costruttivo e positivo», ha riferito un portavoce della Commissione. «E’ andata molto bene», ha raccontato ai giornalisti il ministro Fitto, dicendosi «sempre ottimista». In particolare, la riunione è stata l’occasione per “registrare” l’esito positivo delle discussioni sulla terza rata del Pnrr al tavolo del Comitato di Politica economica e sulle modifiche alla quarta intorno a quello del Comitato economico e finanziario “che – si sottolinea – dovrebbero consentire all’Italia di ricevere a breve l’esborso della terza rata di 18,5 miliardi di euro, e di presentare nelle prossime settimane la richiesta di pagamento della quarta rata del Pnrr”. Il lavoro sulla revisione continuerà nelle prossime settimane “nel quadro della stretta collaborazione tra il governo italiano e la Commissione europea”, in modo da intervenire “in fieri” su eventuali nodi ed evitare impasse o bocciature come quelle che hanno ritardato l’ok sulla terza rata. Sotto la lente c’è la proposta di modifica di 144 obiettivi – tra progetti e riforme – su 350, tra ritocchi formali mirati a agevolare la rendicontazione dei progetti; più sostanziali di fronte alla riscontrata impossibilità o forti criticità di raggiungere i target che ne hanno “consigliato” la riprogrammazione a favore di altri interventi sempre nello stesso ambito – è il caso di alcuni progetti sull’alta velocità già in ritardo sui tempi di Bruxelles, o per la transizione digitale.

Ci sono poi le 9 misure che si propone di stralciare dal Pnrr, perché ad alto tasso di rischio, con il conseguente disimpegno di 15,9 miliardi che dovrebbero confluire sul capitolo Repower Eu portandone la dote a oltre 19 miliardi. Si punta, infatti, a dirottare sugli investimenti e le riforme del nuovo capitolo (si veda la tabella in pagina) 6 miliardi di interventi per i Comuni, 3,3 miliardi destinati alla rigenerazione urbana e altri 2,5 miliardi per i piani urbani integrati, 1,3 miliardi destinati alle misure contro il rischio di alluvione e idrogeologico, 1 miliardo per la voce idrogeno in settori hard-to-abate, 728 milioni per servizi e infrastrutture di comunità, 675 milioni per gli impianti innovativi (incluso offshore), 300 milioni per la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie e 110 milioni per il verde urbano ed extraurbano. Un’operazione che non ha mancato di destare proteste, con i Comuni “titolari” di 13 sui 16 miliardi in questione, in prima linea. Il ministro Fitto ha più volte assicurato che le misure non verranno cancellate, ma finanziate attraverso le risorse del Fondo coesione e sviluppo, della coesione cofinanziata, o del Fondo complementari. Sta di fatto che in alcuni casi – come, ad esempio, per le misure per la gestione del rischio idrogeologico – sotto questa voce ci sono progetti datati, del 2010, del 2014, del 2016 inseriti nel Pnrr su cui finora gli enti locali proponenti non hanno mai investito nulla.

Ci sono poi tante piccole opere, altrettanto datate, che difficilmente potrebbero superare il test di Bruxelles, rischiando quindi di fare la fine dello stadio di Firenze dichiarato inammissibile, uno degli scogli su cui si è arenata la terza rata. Secondo i piani del governo i fondi contribuiranno a finanziare le tre linee di investimento del Repower Eu. La prima, dedicata alle “Reti”, assorbe circa 2,3 miliardi e prevede, tra gli altri, investimenti nelle smart grids (900 milioni), interventi sulla resilienza climatica delle reti (92 milioni) e sulle grandi connessioni: dal Tyrrhenian link (500 milioni) al collegamento Sardegna-Corsica-Italia (200 milioni), dall’interconnessione elettrica transfrontaliera (60 milioni) alla linea adriatica, Sulmona/gasdotto Sestino-Minerbio (375 milioni). La linea “Transizione verde e l’efficientamento energetico” vale oltre 14 miliardi, tra agevolazioni per famiglie e imprese – di questi 4 sono destinati all’ecobonus per i privati e altrettanti alla transizione 5.0 delle imprese “strategici” anche ai fini degli obiettivi (e delle coperture) che il governo intende perseguire con la manovra – progetti per l’efficientamento energetico degli immobili pubblici (3,6 miliardi), per la produzione di biocarburanti (300 milioni). Vi rientrano poi i 320 milioni per la cosiddetta Sabatini green, 400 milioni per la sostenibilità di agroalimentare, zootecnia e pesca, altri 400 milioni per l’elettrificazione delle banchine portuali, 140 milioni alla ricerca e sviluppo sull’idrogeno e 90 milioni alle hydrogen valleys.

L’ultima linea di investimento, circa 2 miliardi, è dedicata alle “Filiere” strategiche per le net zero technologies. Altri 50 milioni serviranno invece all’approvvigionamento delle materie prime critiche.


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