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Giancarlo Giorgetti

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La legge di stabilità parte con una penalità di 12 miliardi; saranno necessari per il contenimento del nostro debito pubblico


Il ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, il giorno prima della presentazione del Documento di Economia e Finanze in Consiglio dei Ministri, parlando del Piano di Ripresa e Resilienza ha dichiarato: “Questo obbligo di finire tutto entro il giugno 2026 non va esattamente nel segno dell’efficacia degli interventi. Lo dico in modo tranquillo e sereno, ma auspico una riflessione su questo perché è giusto lo sprone a fare presto, ma bisogna anche fare bene. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rimane un’occasione nelle sue modalità di attuazione imperdibile per l’Italia ma avrebbe bisogno di più di un ripensamento.

Tra shock inflattivi e guerre abbiamo perso anni per ragioni che prescindono dalle responsabilità di Governi e Paesi e non possiamo ignorarlo”. Ho voluto riportare subito questa dichiarazione perché è la prima voce ufficiale di un importante rappresentante del Governo in merito al rispetto di una scadenza temporale che, finora, era rimasta un vincolo obbligato; un vincolo, come più volte ribadito dal presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che non si tocca.

Ma il ministro Giorgetti preferisce non essere più vittima di un vincolo temporale e soprattutto è ormai cosciente della limitata soglia finanziaria che si riuscirà a spendere per quella data e, dovendo rompere un vero tabù, il ha anche preferito denunciare la folle montagna burocratica partorita intorno allo stesso Piano, infatti sempre il ministro Giorgetti, ha precisato: “L’attenzione ossessiva sulle procedure di rendicontazione non può far dimenticare gli stessi risultati” d’altra parte “le transizioni digitale e ecologica impongono l’intervento della mano pubblica accanto ai capitali privati”.

Tutti coloro che hanno compreso questa denuncia del ministro sia a scala nazionale che comunitaria si sono quindi convinti che senza una iniezione di efficienza procedurale la intera Unione Europea, e quindi non solo il nostro Paese, rischia di perdere una occasione fondamentale per la crescita a scala mondiale. Quindi, il ministro Giorgetti ha lanciato con queste sue trasparenti dichiarazioni quattro distinti allarmi, quattro distinte criticità che penso siano più interessanti dello stesso Documento dei Economia e Finanza che, necessariamente, non poteva che essere un “freddo documento dello stato dell’arte della nostra situazione economica”.

Cerchiamo allora di soffermarci sulle quattro criticità:
• La prima criticità è legata alla apprezzabile ammissione (forse la chiamerei confessione) sulla impossibilità di rispettare la scadenza temporale del 2026. Ricordo che è la prima volta che un ministro della attuale compagine di Governo, tra l’altro un ministro determinante, fa presente che è praticamente impossibile completare per quella scadenza un processo pianificatorio che in realtà forse abbiamo sottovalutato sia nella sua articolazione progettuale che in quella finanziaria. E, sempre Giorgetti, ha precisato che non ha senso aspettare il 2026 per ammetterlo.
• L’ammissione di aver riposto una attenzione ossessiva sulle procedure di rendicontazione; anche questo costituisce una denuncia forte ed a mio avviso lo stesso Giorgetti senza dirlo ha ricordato i due anni persi durante il Governo Conte 2 e Draghi in cui si sono rincorsi organismi e sedi preposte alla verifica ed al controllo delle varie proposte; tutte realtà che poi abbiamo avuto modo di scoprire, essendo lontane da una governance unica, non hanno praticamente verificato e controllato nulla. In due anni, in realtà, abbiamo dato vita, da irresponsabili, ad una montagna burocratica.
• Il riconoscere che il PNRR è, a tutti gli effetti, una occasione imperdibile e quindi non può il nostro Paese (Giorgetti non lo dice ma penso emerga quasi automaticamente dalle sue dichiarazioni) togliere alcune opere e cercare di trasferire sul bilancio ordinario una serie di interventi che invece dovremmo assicurare con il volano finanziario messo a disposizione la Unione Europea.
• L’interessante ammissione che le transizioni digitale ed ecologica impongono l’intervento della mano pubblica accanto ai capitali privati. Appare evidente la volontà del ministro a cercare forme di Partenariato Pubblico Privato ed al tempo stesso nel momento in cui si cerca tale modalità avere il coraggio di ammettere la completa assenza, in tutto il PNRR, di forme apprezzabili e misurabili di coinvolgimento concreto di capitali privati, di coinvolgimento di management privato.

Prepariamoci quindi a raccontare, al nuovo Parlamento europeo e alla Commissione, le motivazioni con cui supportare una possibile rivisitazione della scadenza del 2026 ed in una simile operazione evitiamo di utilizzare l’evento pandemico del Covid o le guerre come causa dello sfasamento dei tempi e della naturale crescita delle fasi pre progettuali e realizzative.
Cioè evitiamo di motivare in questo modo lo sfasamento dei tempi inizialmente programmati ed invece, con la stessa onestà mentale del ministro Giorgetti, ammettiamo che i primi dieci mesi di attività realizzativa del PNRR, sì quelli del Governo Conte sono stati praticamente mesi persi ricercando, come più volte ho avuto modo di denunciare, governance dovunque e comunque e producendo strumenti programmatici privi della minima concretezza procedurale; mentre gli altri diciannove mesi, quelli del Governo Draghi, sono serviti solo a tentare, senza riuscirci, la costruzione di una governance unica presso la Presidenza del Consiglio e a portare a compimento la parte di alcune riforme; difendendo essenzialmente la logica del rispetto di quanto richiesto nelle scadenze comunitarie in modo da poter disporre delle varie rate finanziarie del PNRR dimenticando, invece, che la forza dell’intero atto programmatico era e rimane la reale capacità della conclusione degli iter procedurali e della spesa.

In realtà, scusate se insisto, ma penso che ammettendo gli errori e le incapacità sia di un Movimento al Governo privo di storia istituzionale sia di un Governo di unità nazionale quindi privo di una incisività decisionale, forse riusciremo ad ottenere un risultato positivo che altrimenti rischia di vedere il nostro Paese responsabile di un fallimento nell’attuazione di una operazione imperdibile.
Concludo ricordando che per la prima volta nella storia del Paese sono state più utili e chiare le anticipazioni prima del Consiglio dei Ministri e le dichiarazioni rilasciate dopo in conferenza stampa dal ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti che l’intero Documento di Economia e Finanza (DEF); sono state utili anche perché ha ricordato che, se necessario, ci saranno ulteriori tagli di spesa e che un obiettivo chiave è replicare il taglio del cuneo fiscale nel 2025. Sì anche in questo abbiamo avuto modo di leggere la unica misurabile anticipazione della Legge di Stabilità 2025; una Legge di Stabilità che come ho più volte ricordato parte già con una penalità di 12 miliardi di euro per il contenimento del debito pubblico.


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