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Giorgia Meloni

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Si è bruciato sui mercati con un colpo di sole di mezza estate il secondo miracolo economico italiano, ma su quel capitale si può costruire un Paese diverso da quello di prima fanalino di coda in Europa. L’Italia di domani non può essere il Paese delle rendite dei tassisti come di tutte le corporazioni cariche di privilegi e esenzioni fiscali da tagliare subito. Serve il consenso della crescita, di un orizzonte lungo e di una visione di Paese priva di incongruenze in Europa.

Il problema di Giorgia Meloni oggi è essenzialmente uno. Quello di dimostrare che ha in mano la situazione economica non con argomenti da comizio, ma con argomenti solidi in un contesto internazionale complicato di venti contrari che rendono difficile la navigazione della barca italiana zavorrata di debiti come nessun’altra in Europa.

La rendita che le ha lasciato Draghi in termini di fiducia interna e di credibilità internazionale è stata mangiata con un colpo di sole di mezza estate, ma la forza della nostra economia che si è rivelata per 14 trimestri consecutivi la più forte in Europa dopo trent’anni da fanalino di coda (vedi articolo di Fabrizio Galimberti) è un capitale prezioso da non sottovalutare.

Può fare la differenza per ripristinare la corretta percezione del Paese da parte degli investitori, annullare l’effetto deleterio dell’iniziativa maldestra agostana della tassa sugli extraprofitti bancari, assumere una rotta solida di alleanze politiche in Europa nel solco della sua storia di Paese Fondatore e una politica economica che riprenda il bandolo della crescita del secondo miracolo economico italiano dal Dopoguerra a oggi (12,3 punti cumulati di crescita nel 2021-2022).

Mettere la testa sotto la sabbia come gli struzzi e nascondersi o addirittura negare che esiste un improvviso reale problema italiano sui mercati, non un nuovo 2011 che era un problema dell’euro che rischiava di portare Italia e Spagna al default, e che questo problema incide sulla spesa per interessi con i rendimenti al 5% sul BTp decennale restringendo ulteriormente i margini della crescita e della sostenibilità del debito, può essere il peccato capitale di chi ci governa.

Se lo si compie, non si può sopravvivere alla guida del Paese. Bisogna invece prendere atto del problema e, avendo i numeri di partenza buoni per fronteggiarlo e quelli nuovi da costruire con precise scelte di politica economica e massima condivisione possibile da sistema Paese, bisogna dimostrare di avere una capacità organizzativa-esecutiva e una visione coerente che la precede e la inquadra.

Questa visione può essere soltanto quella di proseguire sul solco tracciato da Draghi e continuare a costruire un Paese diverso da quello di prima fanalino di coda in Europa. Perché l’Italia di domani non può più essere il Paese delle corporazioni che tengono tutto bloccato perché ognuno si è fatto il suo nido e non lo molla. Questo vale per la giungla delle corporazioni ministeriali e territoriali e la giungla di privilegi, esenzioni fiscali e condizioni di favore varie che si autoalimentano in un circuito perverso.

Che, a sua volta, frena la crescita, ci toglie quell’orizzonte lungo che il Portogallo si è saputo dare e i mercati premiano con un punto e mezzo di tassi in meno dei nostri, brucia la fiducia dei consumatori, aumenta il numero degli imprenditori che portano i soldi fuori dall’Italia rispetto ai tantissimi che investono e accumulano surplus commerciali in ogni angolo del mondo lottando contro tutto e contro tutti.

La vicenda dei taxi, da questo punto di vista, è solo un esempio, ma vale molto perché diventa agli occhi del mondo, rappresentato dal turismo internazionale, addirittura emblematica. Al punto che non è vero affatto come alcuni sostengono che in sé è una piccola cosa o almeno appare come tale, perché è invece la più emblematica dimostrazione che l’Italia è un Paese dove è possibile che una micro corporazione per tutelare i suoi presunti interessi in quanto sono miopi e autolesionisti, pretende di tenere in scacco un intero Paese e ci riesce pure.

Con argomenti, peraltro, risibili, che riguardano sempre altri, del tipo: pensate a fare funzionare le metropolitane e i sistemi di trasporto pubblico. Ignorando contro ogni evidenza che in città come Milano dove le metropolitane non si contano neppure più per quante sono e per come funzionano bene, non esistesse lo stesso identico problema di taxi di Roma e Napoli, solo per fare due esempi, a dimostrazione che il problema è solo quello della liberalizzazione del servizio e della necessità di adottare regole comuni e trasparenti.

Quello dei taxi e delle concessioni ai balneari non è un problemino da poco perché è, ad esempio, uno di quelli su cui è caduto il governo Draghi per assenza di volontà politica. Proprio questo episodio da solo dimostra la fantasia di chi parla di governi tecnici, a cui nessuno ha mai pensato, perché misura dove sono finite quasi tutte queste esperienze che all’inizio riescono a fare qualcosa e poi sono costrette a fermarsi.

Soprattutto dimostrano che sono questi i punti dove la politica deve assumersi le sue responsabilità sapendo tutti che solo la politica può prendere queste decisioni e fare grandi riforme. Giorgia Meloni non ha più bisogno del consenso delle piccole minoranze delle corporazioni perché questo è il consenso che serve ai piccoli partiti. Ha bisogno del consenso che serve ai grandi partiti di governo che è quello della crescita, di un orizzonte lungo e di una visione di Paese che non alimenta incongruenze in Europa.


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