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Giorgia Meloni, presidente del Consiglio

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«SUL Mes la posizione del governo è sempre la stessa» dice Giorgia Meloni rispondendo a Giuseppe De Bellis, direttore di Skytg24. L’occasione è il ventesimo compleanno della tv satellitare. Ed è da questo confronto che l’inquilina di Palazzo Chigi vuole inviare un messaggio forte sulla riforma del Fondo salva Stati. L’Italia è l’unico Paese a non aver dato il via libera alla ratifica del Mes ma questo non turba la serenità della premier Meloni.

«Io non ho cambiato idea sul tema del Mes – dice la Meloni – ma, al di là di quello che si pensi nel merito dello strumento, penso che chi oggi propone di aprire questo dibattito non faccia un favore all’Italia in ogni caso, che si sia favorevoli o contrari. Banalmente – spiega la Meloni – perché non ha senso discutere uno strumento come il Mes se non si conosce qual è la cornice all’interno della quale quello strumento si inserisce».

MIGRANTI E UCRAINA

E ancora: lo scontro con la magistratura sui migranti? «Per quello che mi riguarda non c’è nessun fronte aperto con la magistratura, mi preoccupa la difesa corporativa… Se una sentenza è incomprensibile, è incomprensibile. Ho un unico fronte aperto sull’immigrazione: è il fronte con i trafficanti di esseri umani». E il sostegno dell’Italia all’Ucraina? «Rimane immutato, banalmente perché la decisione che il governo ha preso dall’inizio del suo mandato, e che l’Italia per la verità aveva già preso prima, è una scelta di convinzione, non è una scelta dettata da altri parametri».

Tira le somme, Meloni, su quello che è stato e. soprattutto. su quello che sarà. È l’ora, dunque, di un bilancio dopo 365 giorni. Per dire: rispetto al primo anno di governo ammette di aver commesso una serie di errori, perché «chi fa sbaglia, chi non fa non sbaglia». Punta il dito sulla comunicazione e su alcune uscite, forse da evitare. «Avrei potuto essere più presente, magari delle volte bisogna rispondere di meno alle provocazioni, che sono fatte apposta per farti perdere tempo, però sono piccole cose. Sulla strategia va valutato a valle, ma escludo di non avere fatto errori, non sarei umana». Non si nasconde l’inquilina di Palazzo Chigi, che desidera mettere in chiaro un concetto: «Devo dire che non mi sento isolata, mi sembra che sia molto più isolata una sinistra europea che continua a ritenere di poter affrontare questa materia in modo ideologico facendo di fatto un lavoro che non aiuta nessuno».

C’è soddisfazione da parte di Palazzo Chigi per l’accordo raggiunto in ambito europeo. «A livello europeo mi pare che si siano fatti, in termini di lettura, passi avanti molto importanti. Ho l’impressione che l’Italia in passato non avesse posto la questione con determinazione. Vengo dal vertice dei Paesi del Sud Europa e da una visita della presidente della Commissione europea von der Leyen a Lampedusa».

IL PIANO MATTEI

Da qui la necessità di far sapere all’esterno che non si sente isolata. Anzi. Che il lavoro di diplomazia associato a una serie di interventi dritti sul tema ha portato i suoi frutti. E l’atteggiamento del tunisino Saied che sembra essersi sfilato dall’accordo siglato con la Ue? «Non dice niente di molto diverso da quello che anche l’Italia sostiene, cioè che il rapporto con i Paesi africani deve cambiare perché noi abbiamo avuto con questi Paesi un approccio paternalistico, un po’ come se ci sentissimo superiori, che non è il modo giusto per affrontare queste materie. Con queste nazioni si deve lavorare con rispetto, da pari a pari, con un approccio che è quello di un partenariato strategico».

Non a caso garantisce che molto presto verrà presentato il piano Mattei, fiore all’occhiello dell’Esecutivo Meloni: «Faremo una bozza del Piano, la condivideremo con i Paesi africani, la porteremo in Parlamento. Chiaramente l’Italia non può affrontare da sola la questione africana e quindi lo facciamo anche per spingere l’Europa e condividere con l’Europa questa strategia. In Europa mi pare che stia passando sempre di più questa necessità, anche con i nostri partner d’oltreoceano, si capisce oggi l’importanza del continente, ma bisogna cambiare l’approccio».

Quanto alla situazione economica del Paese e al Patto di stabilità Ue, Meloni la mette così: «Gli investimenti che facciamo col Pnrr domani porteranno un beneficio, ma oggi sono un investimento, sono un costo. Quindi non mi si può, non voglio dire far pagare, ma non si può non considerare lo sforzo che si sta facendo, perché sono strategie che abbiamo fatto insieme». Poi, certo, non può non essere oggetto di una discussione l’indiscrezione filtrata nei giorni scorsi di un governo tecnico simil Draghi. Tutto questo perché lo spread continua a ballare e il debito pubblico monstre potrebbe spaventare gli investitori. Ecco, Meloni non ci sta a far passare questa narrazione. Ragion per cui respinge al mittente la narrazione del ritorno dei tecnici per salvare il Paese.

MELONI: «GOVERNO TECNICO? DIVERTENTE»

«Questo dibattito sul governo tecnico è molto divertente – dice la premier – Me li immagino mentre di notte loro sognano e fanno la lista dei loro ministri tecnici per governare di nuovo l’Italia avendo perso le elezioni. Tranquillizziamoli e aiutiamoli ad attraversare questa fase difficile della loro vita, facciano pure. Intanto, noi governiamo». Premessa cui segue un attacco nei confronti della sinistra, colpevole – secondo Meloni – di agitare lo spettro del ritorno dei tecnici: «I soliti noti, sono tutti quelli che hanno beneficiato di una politica debole. E che oggi, con una politica forte che non si fa dettare la linea, possono perdere terreno sotto i piedi. Dopodiché, la sinistra che è allergica alla democrazia ha cominciato ad attaccare persino Elly Schlein, non gli va bene neanche il segretario loro se è eletto, faranno il “segretario tecnico”».


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