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Giorgia Meloni, presidente del Consiglio

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GIORGIA Meloni continua a dire no al Mes. «Noi dobbiamo stare alla posizione che la maggioranza ha già espresso, e cioè che non si può affrontare il tema di uno strumento se non si conosce il quadro. Il problema del Mes e che tra le altre cose richiama ai vecchi vincoli del Patto di Stabilità», dice la Meloni al termine della due giorni del Consiglio europeo a Bruxelles, ribadendo una posizione che per il governo italiano è ormai diventato un tabù.

Sul punto, il contrasto con altri Paesi come la Germania è netto. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz è chiaro: «Consiglio che la riforma del Mes diventi effettiva. È una riforma positiva, anche per i Paesi che potrebbero trovarsi in una situazione di difficoltà economica. Ci rende più forti. È una buona riforma e suggerisco a tutti di approvarla», ribadisce a margine della riunione dei capi di governo. Gli fa eco il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe: «Anche se la Meloni decide di non usare il Mes, forse altri paesi potrebbero decidere di volerlo usare. Se il trattato non viene ratificato, nessuno avrà accesso ai finanziamenti in caso di futura crisi».

Per Meloni il no al Mes è uno strumento per il negoziato sul nuovo Patto di stabilità che, anche secondo la presidente della Bce, Christine Lagarde, deve arrivare a una rapida riforma. Inoltre, sottolineando il ruolo d’impulso dell’Italia, la premier riporta l’orientamento del Consiglio europeo di chiudere le nuove regole sulla governance economica entro fine anno.

MELONI DAL MES AL FRONTE ISRAELE

Sul fronte della crisi mediorientale, Meloni si considera soddisfatta: «Ho trovato un confronto molto serio, molto maturo. L’Unione europea chiaramente ha ribadito le stesse priorità dell’Italia: fare del nostro meglio per evitare una escalation del conflitto, lavorare sul fronte umanitario e lavorare su una soluzione strutturale di lungo periodo che va immaginata ora per la crisi tra Israele e Palestina, bisogna essere concreti sulla soluzione di due popoli e due Stati». La premier italiana apprezza anche la convergenza dei Paesi membri sulle risorse per il dossier migranti, considerato prioritario: «Bisogna lavorare sui confini esterni e negli accordi con i Paesi di transito. Nuove risorse vanno messe in questo capitolo» e tutti i Paesi Ue sono d’accordo. Inoltre, dice Meloni, «nelle conclusioni del Consiglio entra anche la lettera inviata dalla presidente von der Leyen che è frutto di una strategia promossa dall’Italia». Infine, la conferma del sostegno all’Ucraina: «A maggior ragione, ora, bisogna continuare a non abbassare la guardia sul nostro sostegno all’Ucraina» ribadisce la premier.

LINEA BLINKEN SUL MEDIO ORIENTE

In cima alla lista dei numerosi temi all’ordine del giorno del Consiglio europeo c’è la crisi in Medio Oriente. I Paesi Ue raggiungono l’accordo sulla necessità di chiedere «pause per esigenze umanitarie» per consentire l’arrivo degli aiuti nella Striscia di Gaza. La scelta allinea di fatto la Ue alla richiesta del segretario di Stato americano Antony Blinken – il primo a utilizzare tale formula – e si discosta dalla richiesta del segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che aveva parlato di «un cessate il fuoco umanitario immediato». Il capo del governo spagnolo, Pedro Sanchez – che riveste anche il ruolo di presidente di turno del Consiglio dell’Unione – porta a casa come merito della Spagna l’inserimento nelle conclusioni della richiesta di una Conferenza di pace per il Medio Oriente. In ogni caso, ricorda il presidente francese Emmanuel Macron, i Paesi europei «hanno trovato convergenza sul diritto di Israele a difendersi nel limite del diritto umanitario internazionale».

Lo stesso Macron si offre per realizzare una coalizione di Paesi contro i terroristi del Daesh: «Israele non deve combattere da solo il terrorismo di Hamas». Bisogna però evitare «un’operazione massiccia, che mette in pericolo i civili», preferendo «operazioni mirate, che si basano sulla condivisione di informazioni e sulla cooperazione operativa tra i migliori eserciti».

SOVRANISTI PERICOLOSI

Sul tavolo pure il dossier Ucraina. «La Ue continuerà a fornire all’Ucraina e alla sua popolazione un forte sostegno finanziario, economico, umanitario, militare e diplomatico per tutto il tempo necessario», si legge nelle conclusioni. In più, i Paesi membri sono pronti a nuove sanzioni contro Mosca. Ma la novità più rilevante è l’ipotesi di utilizzare i profitti generati dai beni russi congelati per la ricostruzione dell’Ucraina. Dei circa 300 miliardi di dollari di riserve estere russe congelate dai Paesi che hanno partecipato alle sanzioni all’inizio della guerra, la maggior parte – oltre 200 miliardi di euro – si trova nella Unione europea. Quando i titoli russi raggiungono la scadenza e vengono reinvestiti dagli intermediari finanziari, generano un profitto.

La Ue ventila l’idea di tassare tali profitti a beneficio dell’Ucraina, ma restano dubbi che l’operazione possa turbare i mercati finanziari e indebolire la posizione dell’euro come valuta di riserva. Pertanto, Ursula von der Leyen ha chiesto un mandato per presentare proposte legali operative. Sulla crisi ucraina, però, gli Stati membri devono sopportare e gestire la spina del fianco dei Paesi sovranisti. Tocca a Macron condannare il recente incontro, con stretta di mano, fra il premier ungherese Viktor Orban e il presidente russo Vladimir Putin: «Nella situazione in cui siamo con la Russia, non dovremmo utilizzare questi contatti bilaterali per negoziare cose che possano indebolire la nostra unità sull’Ucraina».


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