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Un progetto del ponte sullo Stretto di Messina

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TRABALLA il Ponte sullo Stretto di Messina sotto i colpi di una battaglia elettorale lunghissima, quella per le europee di giugno. Il campo ora è quello di una legge di Bilancio a corto di risorse, poco più di una ventina di miliardi, per due terzi in deficit. Taglio del cuneo fiscale, l’avvio della riforma fiscale – con l’accorpamento dei primi due scaglioni Irpef con un’aliquota al 23% per i redditi fino a 28mila euro – il rinnovo dei contratti, la famiglia e la sanità sono le priorità indicate dalla premier Meloni e dal titolare del Mef Giorgetti, di fronte alle quali i margini tracciati nella Nadef appaiono già strettissimi.

E non c’è posto per le bandierine elettorali. La premier lo ha detto chiaramente durante la riunione del Cdm: «Il nostro scopo non deve essere quello di inseguire il consenso, ma raggiungere risultati concreti». Parlava a nuora perché suocera intendesse. E ad opinon comune la suocera risponde al nome di Matteo Salvini che la campagna elettorale l’ha già lanciata da quel dì dentro (perimetro del centrodestra incluso) e fuori dai confini, dove il campo è quello dell’emergenza migratoria. Intanto, se in casa dovrà incassare il no al condono e il rinvio di quota 41, la bandiera del Ponte sullo Stretto di Messina non è disposto ad ammainarla. «L’impegno di aprire i cantieri veri sulle due sponde entro l’estate del 2024 siamo assolutamente in grado di mantenerlo», va ribadendo, convinto che il finanziamento in manovra «ci sarà»: «L’obiettivo – ha affermato – è che il primo treno attraversi il collegamento stabile non fra Messina e Villa San Giovanni ma fra Palermo, Reggio, Roma, Milano, Berlino e Stoccolma, nel 2032».

Il ministro Giorgetti, durante la conferenza stampa sulla Nadef appena varata in Cdm, si era limitato a parlare di «un primo stanziamento» nel 2024 «connesso all’effettivo allestimento del cantiere» a carico del fondo opere infrastrutturali. Una sicurezza quella ostentata dal vicepremier che non poggia certo sul sostegno degli alleati di governo. Le parole del capogruppo di FdI alla Camera, Tommaso Foti, la dicono lunga sulla posizione della premier: al limite, ha sostenuto nella manovra potrà esserci una posta di bilancio che riguarda un programma pluriennale», ma è difficile che «il prossimo anno saremo già agli appalti», «allo stato mi sembra che non abbiamo un progetto esecutivo, e prudenzialmente posso pensare che possa esserci nel 2024».

Per Forza Italia, il vicepremier Antonio Tajani, ha fatto appello al realismo di fronte a una coperta corta, pur sostenendo che l’impegno sul Ponte di Messina va rispettato, tanto più che era stato proprio Silvio Berlusconi premier a ritirarlo fuori dai cassetti. Si farà quel che si potrà e quando si potrà, insomma. Da presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, esponente di Fratelli d’Italia, l’impresa del Ponte l’ha fortemente sostenuta. Da ministro della Protezione Civile deve adeguarsi al contesto: «Dopo avere atteso 140 anni sono convinto che un anno più, un anno meno non cambia la sorte di questa grande infrastruttura. L’importante – ha detto – è che si parta col piede giusto».

Ieri la Lega ha serrato le fila intorno al suo segretario che è tornato a parlare di «progetto ambizioso», che vede schierato «una squadra di tecnici, di geologi, ingegneri, architetti assolutamente di livello mondiale» e «che ha l’obiettivo di unire l’Italia all’Europa». «Non è solo un Ponte tra Messina e Villa San Giovanni – ha detto intervenendo in videoconferenza alla due giorni del Geologi italiani, a Longarone, a 60 anni dal disastro del Vajont -, ma è un corridoio europeo da Palermo a Reggio, a Roma, a Milano, a Berlino, al Nord Europa, che porterà lavoro a tutta Italia, sicuramente nelle due Regioni, Sicilia e Calabria, più affamate di lavoro, speranza, di connessioni». «Penso che l’Italia dopo 52 anni di dibattito, discussioni, approfondimento, analisi e tavole, meriti nell’estate 2024, nonostante polemiche, dubbi e scetticismi che, per carità dopo 50 anni di opera mai partita posso anche capire, però io sono un testone», ha avvertito.

In prima linea il sottosegretario all’Economia, Federico Freni, che ha rassicurato sulle risorse e sul progetto esecutivo: «I soldi per il Ponte ci sono, il ponte partirà nel 2024, aggiungo che è la prima volta in Italia che si ha la progettazione esecutiva pronta prima degli stanziamenti a bilancio perché, con una mossa molto intelligente, il ministro Salvini ha recuperato la progettazione esecutiva già approvata precedentemente alla quale è stata apportata solo qualche minima modifica, con ciò consentendo di risparmiare almeno due anni sulla costruzione del ponte». «Il Ponte – ha spiegato Freni – si costruisce con quelli che sono le famose tabelle investimenti e la legge della contabilità ci vieta di usare i soldi che useremmo per gli investimenti per finanziare la spesa corrente. Vuol dire che i soldi che metteremo sul ponte, e confermo che ce li metteremo, non li potremmo usare per altro che per investimenti. Vuol dire che i soldi possono essere usati solo per investimenti e il ponte ovviamente è un investimento per sua natura e quindi prende i soldi da una tabella del bilancio dello Stato diversa».

Sembra un assist a primo acchito, ma è un sfida quella che il partito di Matteo Renzi ha lanciato al leader leghista. «Il Ponte sullo Stretto va fatto, è un’opera fondamentale per l’Italia e per l’Europa, noi siamo favorevoli e non cerchiamo alibi», ha affermato la coordinatrice nazionale di Italia, Viva Raffaella Paita, cogliendo l’occasione per attaccare l’ex alleato, il leader di Azione. «Le argomentazioni pretestuose come quella usata da Calenda nascondono la solita demagogia di chi non conosce bene le questioni infrastrutturali – ha spiegato Paita – perché è chiaro che le risorse per il Ponte, che è sia ferroviario che stradale, ci vogliono, così come è giusto realizzare le strade e l’alta velocità in Sicilia e Calabria e la Salerno-Reggio. Il punto è che servono entrambe le cose, e noi sfidiamo il governo e Salvini a realizzare l’una e l’altra cosa. Dire no al Ponte con queste argomentazioni – ha rimarcato la senatrice di Italia Viva – significa fare un favore a Salvini».

Dal canto suo il gruppo Asv ha presentato alla Camera una proposta di legge – primo firmatario Angelo Bonelli, deputato e co-portavoce di Europa verde – per istituire un Parco nazionale nel mare dello Stretto di Messina e sulle due coste prospicienti della Sicilia e della Calabria, un’area già oggi protetta da misure di carattere nazionale e regionale.


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