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Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella

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IL LAVORO prima di tutto, dice Sergio Mattarella. «Celebriamo il valore della giornata del 1° maggio con necessario anticipo, nel cuore del distretto della Meccatronica, a Reggio Emilia. Dopo l’anno scorso, a Udine, anticipiamo questa volta la celebrazione della Festa del Lavoro in un luogo di lavoro che guarda all’innovazione. Una realtà che ribadisce il valore costituzionale del lavoro e sottolinea, al contempo, come esso si confermi il motore della crescita e della coesione sociale della Repubblica». Tutto questo perché è sul lavoro che si misura la dignità del Paese e perché è sul lavoro si basano i progetti di ogni individuo. «Il lavoro è indice di dignità perché è strettamente collegato al progetto di vita di ogni persona. E, allora, mentre si riaffaccia la tentazione di arrendersi all’idea che possa esistere il lavoro povero, la cui remunerazione non permette di condurre una esistenza decente, è necessario affermare con forza, invece, il carattere del lavoro come primo, elementare, modo costruttivo di redistribuzione del reddito prodotto». E ancora: « La precarietà come sistema stride con le finalità di crescita e di sviluppo».

Un passaggio dell’intervento del Capo dello Stato è poi riservato al Pnrr che definisce una «ineguagliabile opportunità» per il Paese e che serva a «ridurre e colmare ritardi strutturali, sostenere strategie di crescita e favorire, con l’innovazione, più diffuse opportunità». Insomma, il monito dell’inquilino del Quirinale è rivolto a tutti gli italiani, ma è evidente che sia rivolto prima di tutto a tutte le forze politiche. Non a caso, un altro passaggio sembra essere riservato a chi oggi fra le forze politiche di maggioranza propugna il modello dell’autonomia differenziata: «L’unità del Paese significa unità sostanziale sul piano delle opportunità di lavoro. Significa impegno per rimuovere le disuguaglianze territoriali. Presidiare e promuovere l’unità nazionale significa anche questo».

In questo contesto la giornata politica è scandita dalle parole di Giancarlo Giorgetti a margine dell’Ecofin di Stoccolma. Il titolare di via XX Settembre fa il punto sullo stato dell’arte dell’Italia. Prima di tutto, il Pnrr. Ecco, Giorgetti non ha dubbi: «La terza rata arriverà: è questione di ore, ma io penso che la situazione sia definita. Dalle informazioni che ho io la situazione è definita e quindi siamo assolutamente ottimisti». E ancora, sempre Giorgetti risponde a chi sostiene che sarebbe stato opportuno accedere solo ai sussidi, e non ai prestiti: «Se ho la possibilità di prendere dei prestiti in questo momento all’1% magari rivedendo, scambiando, dando priorità ai progetti, li prendo. Se devo prendere quelli al 5% da buon padre di famiglia e da buon ministro delle Finanze ci penso due volte». Giorgetti interviene anche sul Mes, essendo l’Italia l’unica a non aver dato il via libera alla ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Da Bruxelles tuonano così: «State bloccando, ora firmate». E il ministro replica in questo modo: «Il Mes è una parte, non la sola, rispetto a diverse situazioni che sono ancora in discussione su cui anche noi abbiamo le nostre richieste, ad esempio l’Unione bancaria». E rispetto alla posizione di chi chiede che prima l’Italia faccia la ratifica e poi si proceda a trattare su altro, la mette così: «Bisogna cominciare a discutere di tutto».

Sia come sia, oggi sarà il giorno del confronto tra le sigle sindacali e il governo a Palazzo Chigi che porterà al consiglio dei ministri simbolico del 1 maggio, dove l’esecutivo darà il via al libera al nuovo decreto lavoro che fra le altre cose smantellerà il Reddito di cittadinanza. Critiche dalle opposizioni. La segreteria del Pd, Elly Schlein, attacca: «Il Governo porterà in Consiglio dei ministri, proprio il 1 maggio, un decreto che è una provocazione perché nasconde l’aumento della precarietà e dei contratti a termine. Così tagliano le gambe al nostro Paese, costringendo ragazzi e ragazze ad andare altrove a portare le loro competenze: ed è l’esatto contrario del modello straordinario che Ivrea ha insegnato a questo Paese».


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