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IL TESTO sull’autonomia differenziata, lo “Spacca Italia”, è praticamente da riscrivere, o quasi. Sono 557 gli emendamenti presentati e, a differenza di quanto era stato preannunciato, anche la maggioranza ha depositato dei correttivi. Ieri alle 14 sono scaduti i termini, l’ufficio della commissione Affari costituzionali del Senato ha completato la raccolta dei documenti inviati dai singoli gruppi parlamentari e, secondo quanto emerge dalla griglia, sono 32 gli emendamenti presentati dalle forze di maggioranza: 23 di Fratelli d’Italia, 7 di Forza Italia, 2 della Lega e altri 2 di Noi Moderati. Il record è del Movimento 5 Stelle che ha depositato 204 emendamenti, segue il Pd con 189. Il gruppo Misto ne ha invece presentati 99, il gruppo Azione-Italia Viva 22 e il gruppo Per le Autonomie 9.

“Con 7 emendamenti e 2 odg il nostro intento è quello di evitare diseguaglianze”, ha ammesso il senatore di Forza Italia, Mario Occhiuto. “Il disegno di legge – ha aggiunto – è migliorabile. Nel meccanismo di riforma ci deve essere la necessità a ripartire le risorse anche a favore di regioni più svantaggiate. Con questi emendamenti, in particolare, abbiamo cercato di garantire le aree più svantaggiate del Sud. Con gli odg chiediamo l’impegno del governo nel percorso di attuazione della riforma ad affrontare le ulteriori problematiche che restano fuori dalla riforma come sanità e trasporto pubblico”.

Il ministro Roberto Calderoli, il “padre” dell’impianto legislativo, cerca di gettare acqua sul fuoco ma appare evidente la diversa visione rispetto agli alleati di governo sull’autonomia differenziata: “Il disegno di legge di attuazione dell’autonomia differenziata – sostiene – compie un ulteriore passo avanti nel suo percorso parlamentare. Ora che sono scaduti i termini per la presentazione degli emendamenti, la commissione Affari costituzionali del Senato inizierà l’esame delle proposte e potrà votare eventuali modifiche al testo del governo. Sono arrivati emendamenti da gruppi sia di opposizione che di maggioranza, inclusa la Lega. Ennesima prova di predisposizione al dialogo su questo provvedimento, con l’obiettivo di migliorare la riforma dove può essere utile. Siamo disponibili a lavorare su un testo che certamente può essere perfezionato. Ciò che conta – aggiunge – è proseguire in questa direzione con serietà e impegno, operando nell’interesse dei cittadini senza voler creare confusione o fare terrorismo psicologico. Siamo fermamente convinti che l’autonomia potrà essere la risposta che il Paese aspetta da tempo, per colmare quei divari che il centralismo ha creato e sempre mantenuto. L’Italia può e deve cambiare direzione nel segno di responsabilità, trasparenza e buona amministrazione”.

Il M5S è stato il più “prolifico” di emendamenti e cerca di giocare di ostruzionismo: “Risulta francamente incredibile – commenta la capogruppo dei pentastellati in commissione Affari costituzionali al Senato Alessandra Maiorino – il silenzio di Giorgia Meloni a fronte degli allarmi continui sulla proposta Calderoli sulle autonomie regionali. Come può una presidente del Consiglio che fa della retorica nazionalista il proprio mantra ignorare bellamente gli allarmi che arrivano da organismi di assoluta competenza ed indipendenza come l’ufficio parlamentare di bilancio, ma anche Bankitalia e Svimez? Ma soprattutto: a oltre 48 ore di distanza dalle dimissioni di ben quattro componenti del Comitato sui Lep non ha ancora proferito alcuna parola. Ebbene sarebbe il caso invece che lo facesse al più presto, anche venendo in commissione affari costituzionali per esporre con chiarezza e trasparenza la linea del governo su questo passaggio fondamentale per il Paese”.

Intanto, continuano ad arrivare bocciature al progetto di “secessione” della Lega, ieri anche il segretario della Uil, Pierpaolo Bombardieri, a margine del convegno sul riordino delle autonomie locali organizzato dalla Uil-Fpl, ha evidenziato che c’è il rischio concreto di “aumentare le diseguaglianze”. Il piano leghista “rischia – dice – di accentare le distanze e le diseguaglianze che, invece, devono essere ridotte e ridimensionate”. “Per poter gestire il Pnrr a livello territoriale – ha poi aggiunto – nelle amministrazioni locali è necessario fare assunzioni ed assicurare retribuzioni adeguate”. Il Pd promette, invece, battaglia fuori e dentro la commissione, mobilitando le piazze. “Non c’è nessuna attività ostruzionistica – chiarisce Andrea Giorgis, capogruppo del Partito democratico in commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama, commentando i 189 emendamenti presentati dai Dem – ogni emendamento ha un valore di merito. Questa legge va riscritta. La maggioranza non può sottrarsi alle osservazioni di Confindustria, Anci, Upi e dell’Ufficio parlamentare di Bilancio”.

Gli emendamenti, spiega Giorgis, sono divisi in quattro pacchetti. “Nel primo pacchetto – prosegue – sono trattate le questioni relative alle materie oggetto di devoluzione. Il Pd punta così a definire le materie che non possono essere devolute. Tra queste, le norme generali sull’istruzione, le grandi reti di trasporto, la distribuzione dell’energia, la tutela e sicurezza del lavoro. Per il senatore, queste ed altre materie «non possono essere devolute alla competenza esclusiva della singola Regione”. Nel secondo pacchetto, si vuole evidenziare il “protagonismo del Parlamento”, che per i Dem deve avere “un ruolo nella definizione dei Lep, nella definizione dei contenuti di fondo dell’intesa e nel recepimento dell’intesa stessa”. Nel terzo pacchetto, si parla di reversibilità della devoluzione. “Se la regione si dimostra incapace di gestire quella funzione lo stato può riacquisirla, altrimenti i cittadini stessi ci rimetterebbero”, spiega Giorgis. Nel quarto ed ultimo pacchetto si tratta il tema delle risorse. “Bisogna che – conclude il senatore Pd – prima di qualsiasi trattativa con la regione, si garantisca a tutti i cittadini, ovunque essi vivano, l’accesso ai livelli essenziali delle prestazioni”.


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