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Una scena tratta dalla miniserie Sky Vermicino, una tragedia italiana

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«Alfredo non lo sa ma noi gli dobbiamo la nostra salvezza», dice Anna Foglietta nel toccante monologo per Stories (Sky Tg24) in vista dell’uscita di Alfredino – una storia italiana, la miniserie in quattro puntate in onda stasera e lunedì prossimo su Sky Cinema (e in streaming su Now), dedicata all’incidente di Vermicino (Frascati, Roma), nella quale Foglietta interpreta Franca, la coraggiosa e indomita, madre di Alfredo Rampi, bimbo di sei anni risucchiato e morto in un pozzo artesiano dopo tre giorni di agonia.

Una vicenda che rivelò la sconvolgente immagine di un’Italia impreparata di fronte a emergenze non calcolate ma che contribuì, questo ricorda l’attrice, a trasformare quel drammatico gap tecnologico e organizzativo in eccellenza, portando alla nascita della Protezione civile.

Più del terremoto dell’Irpinia (quasi tremila vittime) avvenuto poco meno di un anno prima, il 23 novembre del 1980. Lo spiega, fra gli altri, Franco Di Mare in Vermicino, l’Italia nel pozzo lo speciale di Frontiere andato in onda domenica 13 giugno su Rai 3 e ora disponibile su Rai Play.

Una carrellata di protagonisti di quella tragedia, a partire da Walter Veltroni, autore del libro “L’inizio del buio”, due storie di solitudine e morte, fra cui spicca quella di Alfredino.

Nel documentario l’ex segretario del Pd si chiede cosa sarebbe accaduto se l’incidente di Vermicino fosse capitato oggi, con il «tribunale dei social» perennemente riunito. Già, perché quel dramma svelò anche il lato morboso, ossessivo, dell’Italia appena uscita dagli anni di piombo.

Un’Italia che non lesinò critiche al vetriolo ai soccorritori e persino a Franca Rampi, accusata di non essere sufficientemente contrita, di essere stata colta nell’atto di mangiare un gelato sotto la canicola di metà giugno e, addirittura, di essere tornata a casa per cambiarsi d’abito.

E un’Italia accorsa a sbirciare nei dintorni del pozzo, lì dove il confine tra solidarietà e perversa curiosità si fece molto labile. Chi non ebbe la possibilità di recarsi fisicamente a Vermicino seguì la diretta di 18 ore, a cavallo fra Rai1 e Rai2, primo, grande, squallido reality della storia che incollò alla tv 28 milioni di italiani.

Tutto era cominciato con la notizia di un bimbo caduto in un pozzo alle porte di Roma che si pensava potesse essere rapidamente salvato. Le telecamere, dunque, arrivarono con l’obiettivo di riprendere l’abbraccio del piccolo con i genitori e giù elogi ai soccorritori. Non andò così.

A far scattare l’allarme fu Ferdinando Rampi, papà di Alfredino che poco prima aveva consentito al figlio di rientrare da solo, passando attraverso i campi, nella casa di famiglia di Vermicino. Erano le 20 del 10 giugno 1981, poco dopo si scoprì che il piccolo era intrappolato in un pozzo artesiano situato in un terreno adiacente.

In una prima fase si tentò di calare prima una fune semplice e, in seguito, un’altra dotata di una tavoletta di legno orizzontale cui Alfredino potesse aggrapparsi per essere tirato su. Questa finì però per incastrarsi all’interno del tunnel, rendendo vani i successivi tentativi degli speleologi. Alle prime ore del mattino dell’11 giugno fu operato un cambio di strategia: sarebbe stato scavato un tunnel parallelo per raggiungere gli oltre 30 metri a cui si trovava il piccolo e realizzata una galleria secondaria perpendicolare per raggiungerlo. Per arrivarci fu necessario oltre un giorno di perforazione e diverse trivelle a causa dello strato di roccia granitica incontrata dal macchinario.

Ma le vibrazioni non fecero altro che far scivolare Alfredino ancora più in profondità, sino a 60 metri. L’ultima fase fu rappresentata dal tentativo di alcuni volontari, fra cui il sardo Angelo Licheri e l’abruzzese Donato Caruso, che riuscirono a raggiungere il bambino, senza però avere successo nel recupero. La morte di Alfredino fu dichiarata nel pomeriggio del 13 giugno. Il corpo venne congelato calando nel pozzo azoto liquido e recuperato solo il successivo 11 luglio.

La vicenda ebbe un’eco internazionale. Il regista Mel Damski evoca la tragedia in Una bambina da salvare (1989), mentre Matt Groening vi fa riferimento nella puntata Radio Bart dei Simpson. Alfredino – una storia italiana, ovviamente, ripercorre quella maratona di morte in modo fedele.

Difficilissima l’interpretazione di Franca Rampi. «Il ricordo che tutti hanno è di una donna che ha mantenuto dignità e pragmatismo nel suo momento più tragico – ha spiegato Anna Foglietta protagonista del film in due puntate prodotto da Lotus di Marco Belardi – e in maniera non convenzionale. Venne giudicata perché non soffriva nel modo in cui l’iconografia della madre imponeva di fare ma reagiva, voleva essere utile, a disposizione dei soccorritori. Ha avuto rari attimi di fragilità».

Per raccontare la storia di Alfredino il regista Marco Pontecorvo ha scelto un cast d’eccezione, oltre a Foglietta ci sono Luca Angeletti (Ferdinando Rampi, papà del bambino), Vinicio Marchioni (nei panni del pompiere Nando Broglio) e Massimo Dapporto, che sarà Sandro Pertini, il Presidente giunto a ridosso del pozzo di Vermicino per dare coraggio al povero Alfredino.

Sceneggiato da Barbara Petronio, completano il cast Francesco Acquaroli, Beniamino Marcone, Giacomo Ferrara, Valentina Romani, Daniele La Leggia e Riccardo De Filippis. Il film in due puntate – disponibile anche on demand, è stato supervisionato e gode del patrocinio di Rita Di Iorio, Presidente del Centro Alfredo Rampi.


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