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I Navigli super affollati all’ora dell’aperitivo

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Dicono sia una sorta di gesto automatico, un istinto atavico, un riflesso incondizionato: appena si riapre un Naviglio, nel milanese medio scatta un’insopprimibile voglia di aperitivo e di assembramento. E quando succede c’è sempre un sindaco che s’incazza. Beppe Sala, per esempio. «Quando c’è da ringraziare i milanesi per il loro comportamento virtuoso io sono sempre il primo a farlo e mi piace anche. Poi però ci sono i momenti in cui c’è da incazzarsi e questo è uno di quelli: le immagini di ieri dei Navigli sono vergognose». Il primo cittadino di Milano, nel suo quotidiano video su Facebook, è assai tranchant nel commentare le immagini dei gruppi di allegri concittadini che, l’altra sera si riuniva sui Navigli, di cui la maggior parte anche senza mascherina. Dispositivo che in Lombardia è obbligatorio e, in assenza di quello, servirebbe comunque una foulard per il viso e il naso, tutte coperture che le persone filmate ieri con lo spritz in mano tendenzialmente non avevano.

Sala è uno che non parla a vanvera: «È anche un po’ per me deprimente dover rispiegare qual è la situazione e nel mio lavoro è una di quelle cose che si fanno. E quindi ve lo ridico. Noi siamo in crisi non solo dal punto di vista sanitario e abbiamo visto quanto ha toccato questa città la pandemia. Ma siamo anche in una profondissima crisi socioeconomica». 

E qui sta la contraddizione. Milano, il motore della locomotiva, ha bisogno di riaccendersi, di tornare al lavoro; ma non di usare quest’esigenza come scusa per violare le norme e il buon senso: «riaprire non è un vezzo, non è una voglia, è una necessità e io sto e starò sempre dalla parte di quelle famiglie che fanno fatica arrivare a fine mese. Sto dalla parte di quelli che vanno a lavorare non a divertirsi per portare a casa per le loro famiglie quanto necessario, non permetterò che quattro scalmanati senza mascherina, uno vicino all’altro, mettano in discussione tutto ciò», continua Sala. Il quale, però, contestualmente coltiva una sana ossessione per il distanziamento sociale e i protocolli anti Coronavirus.  La cui trasgressione il sindaco, sui social esprime in modo chiarissimo:  «essendo io un politico non da metafore ma da atti: o le cose cambiano oggi e non domani, perché questo non è un penultimatum, ma un ultimatum, o io domani prenderò provvedimenti: chiudo i Navigli».

Quindi ecco l’incubo dei bar richiusi, dei dehors deserti, dei locali sfollati proprio ora che si vedeva la luce dal fondo del tunnel. Milano è una metropoli diligente e rispettosa. Conta 1,4 mln di abitanti e 1700 km di strade. Per Sala non si può permettere «che l’un per cento metta in difficoltà il 99 per cento. Vediamo domani mattina com’è la situazione». E, fondamentalmente, al di là della modalità rude, l’uomo ha ragione da vendere.

Eppure, per Milano, i Navigli con la loro atmosfera cosmopolitica da Village newyorkese sono da sempre una sorta di zona franca sociale, dove le regole si attenuano e gli istinti all’ assembramento prevalgono all’ora dell’aperitivo. Non è un caso se proprio, qui, accanto alle rive riconquistate della Darsena, si riaccenda il dibattito sulla gente «con la mascherina abbassata come se fosse una moda», commenta il governatore lombardo Attilio Fontana.  E il fatto stuzzica anche una querelle – come dire? – culturalmente antropologica sulla rivalità nord/sud, per esempio. Scrive il napoletano Antonello Caporale sul Fatto Quotidiano: “È  Milano che assomiglia a  Napoli? Oppure, in questo drammatico e un po’ fantastico  lockdown, anche gli stereotipi  hanno avuto la peggio? Perché era Napoli la società caciarona,  indisciplinata, illegale. A Napoli finanche la prossemica, il modo di parlare, il tono della voce, il rito del contatto come comunicazione confligge col  distanziamento, la solitudine, la chiusura di noi in noi stessi. E invece la foto milanese sui Navigli sostituisce, nella classifica dello stereotipo, quella perfetta, che doveva essere solo napoletana: un vicolo del  quartiere Sanità».

E non ha torto nemmeno lui. E intanto la prefettura snocciola le cifre:  la curva del Covid19 sembra aver intrapreso, finalmente, la strada della discesa: ancora 609 contagi, ma calano drasticamente le terapie intensive (-80) e i ricoverati non gravi (-146). I decessi sono 94: un numero alto, è vero, ma in netto calo rispetto ai dati di ieri. Per vedere l’effetto-Navigli ci vorranno i prossimi, soliti 14 giorni. Sperèm, dicono da queste parti…


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